Avevamo parlato con Paolo Zanardi, circa quattro mesi fa, ricordando le sue avventurose storie vissute con il maestro Remotti. Ora, apriamo la seconda puntata, inquadrandolo in primo piano con l’uscita del quarto disco dal titolo “Viaggio di ritorno” di Lapidarie Incisioni, uscito il 10 Ottobre (verrà presentato a Roma nel prossimo 12 Novembre).
Viaggio di Ritorno è la decima traccia; una traccia che ricorda il passare del tempo, lo scorrere delle ore, il confondersi della notte con il giorno. È il viaggio di ritorno di un “signore”, “ma nessuno mi vede”; è una marcia sul tramonto del lago di Castel Gandolfo, sulla stessa riva dello scatto di copertina. Qui, il sole si confonde con le ombre, l’ora in cui “le mani e le labbra si confondono tutte”, la descrizione di un bel pomeriggio verso l’abbandono della notte “l’ora di andare a morire su un letto qualunque”.
C’è molto melodramma in questo concentrato di suoni e di ritmi, spesso velati, a volte più incidenti, incroci di realtà e ricordi che comunicano un connubio di realismo e immaginazione, a cavallo tra lucidità ed ebbrezza.
La prima traccia, che evoca il riff di chitarra, l’assolo di “And I love her”, dei Beatles, mantiene un tono sensuale e una voce placida, narra tutte le gioie sottese agli avvenimenti del creato, della realtà manifesta: le cose che ci sono e che rimangono eterne, “lo splendore”, anche col passare del tempo. Romantica e tragica, amara ma anche speranzosa con dei riflessi cristologici “nel pane che tu spezzi, dentro al vino che tu bevi, nel riflesso del bicchiere”, è una canzone piena di sé.
Un altro romantico richiamo alle belle cose della Natura e del mondo, una sottile sferzata contro il maltrattamento degli animali, “anche di questo, la distruzione del creato, il peccato più grave dell’essere umano, un peccato imperdonabile...”, come scriveva su un social il cantautore pugliese, è la storia ignota di due famosi Adamo ed Eva, in cerca di un riparo dall’insormontabile tempesta in arrivo. Disponibile online il video ufficiale, girato tra murales romani ed un teatrino di ombre cinesi realizzato dallo stesso cantautore.
A ricordarci del Paolo Zanardi lirico e drammaturgo e ad inscenare piccoli teatrini metropolitani c’è “Romeo e Giulietta”, la terza traccia: una ballata di un amore letterario in versione underground. Immancabili e orecchiabilissimi, i toni orientaleggianti che si alternano nei brani.
Ma è la scrittura, a avere sempre la meglio sulle canzoni di Paolo Zanardi. E il risultato è onesto, pulito e nuovo. Un lavoro che sembrerebbe maturo; ma quando si prende troppo sul serio Zanardi, e sembra che la sua posizione sia al limite della maturità, sull’orlo di un cambiamento, è proprio lì che incontriamo le gioie più belle della sua musica. Quando Paolo Zanardi sembra aver preso una direzione e una sua linea di pensiero è pronto, dietro la porta, a smentirci, riconfermando le sue virtù cantautorali. Inserisce pillole di saggezza e di felicità “se non ti salvi tu, qui non ti salvi più”, come, ad esempio, nella canzone dedicata alla little Marylin Monroe.
“Ospedale militare” è un tragico dramma personale, che coincide con un ritmo incalzante, militare, martellante, la storia di un travestito che si interroga e chiede al genitore: “Mamma, lascia stare il dottore: qui non è certo il caso di guarire!”. La traccia più rock del disco.
L’analisi fotografica delle “Case popolari” di una borgata è il ritratto di un quartiere che sta per cenare, con le sue etnie che si combinano in commistioni improbabili, dove si odono “bestemmie in tutte le lingue del mondo”; una nenia canzonata, un ricordo di suoni arabi e una ninna nanna per la città che si spegne verso la notte, ma che pur abbraccia “tutte le case del mondo”.
Ricordi e flebili sogni di anni passati e di storie che si incrociano o di “piedi” che si “addormentano come gatti innamorati” si ritrovano nelle tracce 8 e 9: “Un altro inverno” e “Per i tuoi piedi” sono le narrazioni sentimentali di uno Zanardi al limite di un romantico diario segreto, in un continuo riconoscersi con il suo passato. “Per i tuoi piedi” è una traccia vintage, che sconfina in un sogno ad occhi aperti, in cui un trombone con sonorità retrò accompagna un canto allegro. “Sono passati i mesi e gli anni” ma i toni del giovane grande Zanardi, all’uscita di un quarto disco, sono ancora freschi e lucidi. La ninna nanna dolce, appassionata e accompagnata dal pianoforte è un “castello di sabbia/ che un bel giorno crollerà/ sopra le tue carezze”; con questa traccia si chiude il disco, con soave delicatezza, dopo un viaggio tra città, realtà, sogno, utopia e passione. Un castello rinchiuso dentro uno scrigno chiamato: buon gusto.
Paolo Zanardi. Viaggio di Ritorno
Arrangiamenti: Paolo Zanardi. Antonio Ragosta
Registrato al Gas Vintage Studio da Sante Rutigliano
Produzione: Lapidarie Incisioni e Paolo Zanardi
Progetto grafico: Livia Massaccesi
Foto di Ferdinando Montone
Written by Elisa Longo
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