viaggio in Giordania, settimo giorno, il Mar Morto

Creato il 08 agosto 2011 da Aureliocupelli
Ripartiamo da Amman, e mentre Wael, la guida giordana, che riprende la sua narrazione, io con la fantasia cerco di immaginarmi i castelli del deserto giordano visitati dalla comitiva metre il nostro gruppo era in Israele.
Ieri sera, e stamani a colazione, Antonia mi ha raccontato dell’atmosfera dei caravan serragli, e mentre l’autobus lasca la città io chiudo gli occhi per cercare di vederli.
Intanto Wael ci parla di un popolo giordano che vive in una situazione di libertà vigilata.
La presenza di molti uomini che indossano ancora il Kaftano, la lunga tunica nera, è sintomo di un cambiamento dei costumi ancora lento. Mostra soprattutto che l'incapacità di adattarsi è un problema generazionale.
Ci parla del ruolo importante, e non secondario, che la regina Ragia sta svolgendo in questa fase di sviluppo del popolo giordano. Del suo impegno per l’emancipazione della condizione della donna nella società del paese, con la creazione di cooperative femminili nei piccoli centri, dove vengono realizzati prodotti artigianali per il mercato di Amman, in sostituzione della pastorizia che sta scomparendo.

Scendendo dall’altopiano di Amman, la strada entra in un “lussureggiante” wadi, una stretta e lunga valle a sud della città, che verdeggia di olivi e fichi.


Arriviamo ad Iraq al-Amir, dove troviamo, vicino ad alcune abitazioni di agricoltori, tra piccoli orti e giovani piante di fico, un’impressionante edificio, unico nel suo genere, risalente ai primi decenni del II secolo d.C.
A quel tempo, Tobia, l’Ammonita, governatore della provincia orientale del Mar Morto, in questa valle ricca d’acqua aveva una tenuta di campagna, con cavalli, cammelli, cani e schiavi.





Originariamente alto due piani e costituito da pietre megalitiche del peso di 15-25 tonnellate ciascuna, il monumento denota un chiaro influsso ellenistico.



L'acqua, raccolta da una diga ancora visibile a sud-ovest, passava all'interno del palazzo per raffreddarne le stanze, e poi, dalla bocca dei leoni scolpiti lungo le pareti, fuoriusciva nel fossato, e da qui incanalata per irrigare i campi.



Prima di arrivare la Mar Morto costeggiamo la valle del Giordano. Wael ci spiega che i prodotti a marchio Jaffa vengono coltivati anche nelle fattorie giordane, così ci smonta anche la storia del boicottaggio contro i pompelmi che doveva servire a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della condizione palestinese. Di fatto, il boicottaggio l’aggraverebbe…

In questi campi di sabbia biancastra stanno preparando il terreno con l’aratro a dischi, stendono le pacciamature e si semina per i raccolti tardo-autunnali ed invernali.


Sulla guida di VisitJordan trovo scritto che sulle rive del Mar Morto possiamo goderci ogni raggio di sole senza il timore di scottarsi. grazie al fatto di essere ad oltre 400 metri sotto il livello del mare, l’atmosfera presenta strati d’aria saturi di ossigeno che agiscono da filtro UV naturale. Ma Wael ci avverte subito che appena usciti dall’acqua dobbiamo farci la doccia, altrimenti il sale che si asciuga sulla pelle fa da effetto lente.
Non so allora quale è stato il problema, ma io, già al momento di risalire sul pulman mi sono visto rosso in ogni parte del corpo.




Il Mar Morto è un lago situato tra Israele e la Giordania. Chiamato anticamente Asfaltide, il mar Morto si trova nella depressione più profonda della Terra.
L'acqua è troppo salata e questo non consente alcuna forma di vita fatta eccezione per un gruppo di batteri che vivono ad una certa profondità, scoperti poche decine di anni fa.
È un mare chiuso che ha come immissari le acque del fiume Giordano, del fiume Arnon e di altri corsi d'acqua di minore importanza, senza avere però alcun emissario.
La sua salinità aumenta con la profondità. La superficie è la parte meno salata, diluita dalle acque del Giordano che trovano difficoltà a scendere negli strati più bassi. Scendendo a 40 m di profondità, la salinità diventa di 300 g per ogni chilogrammo di acqua, circa 10 volte quella degli oceani. Verso i 100 m di profondità la salinità aumenta a 332 g per ogni chilogrammo di acqua, saturandosi, ed il sale precipita e si accumula sul fondo del mare.
Le acque del Mar Morto vengono usate per la produzione di cloruro di potassio sia da società israeliane che giordane. Vengono anche estratti bromo e magnesio, di cui il mare è ricco. L'estrazione viene fatta partendo dalle saline, che abbiamo visto nell’estremità sud del mar Morto.
L'acqua del Mar Morto, con densità di 1,24 kg/L, permette a chiunque di galleggiare pur stando fermi, mentre rende alquanto difficile la pratica del nuoto, in quanto si emerge troppo dall'acqua.





L’acqua è piuttosto calda, senza apparente differenza con la temperatura esterna. La sua consistenza appare oleosa, ma è comunque limpida. Si vede chiaramente il fondo anche con qualche metro di profondità. Affondare è impossibile, neppure stando immobili ed alzando in alto le braccia. Anzi, c’è da fare attenzione. La forte spinta dell’acqua verso l’alto, tende a far ribaltare in posizione orizzontale il corpo.
Nuotare non è semplice, serve mantenersi il più possibile, alternando ovviamente, una posizione verticale dell’asse delle spalle. Se l’acqua entra in bocca è un disastro. Uno sgradevolissimo sapore di salamoia brucia le papille.
Per fortuna non mi sono bagnato gli occhi, chissà fastidio!
I più temerari hanno provato la cura con il fango raccolto sulla spiaggia, ricco di catrame minerale.




Lungo il rientro ad Aqaba, Wael cita la storia di Sodoma e Gomorra, e della loro possibile collocazione proprio sulle montagne attorno al Mar Morto. Lo fa per presentarci la successiva sosta lungo la strada che costeggia dall’alto il Mar Morto, per vedere la statua di sale in cui era stata trasformata la moglie di Lot che, disubbidendo, si era voltata a vedere la distruzione di Sodoma e Gomorra.




Riprendendo la strada per Aqaba, mi sposto ai primi posti e converso con Wael Omar, gli chiedo alcune cose sulla vita reale di chi abita nel deserto.



La strada scorre, il paesaggio è mutevole ma sempre arido e roccioso.
Di tanto in tanto attraversiamo dei piccoli villaggi.





Parliamo un po’, poi, dopo uno scambio di parole con l’autista, quando il Wadi Araba che stiamo risalendo si allarga in una landa sabbiosa, ci fermiamo.
Scendiamo e ci addentriamo nelle dune modellate dal vento.


Il vento preleva granelli di sabbia dal lato posteriore della duna e, facendoli saltare oltre la cresta, li trasporta in aria per un tratto fino a depositarsi al suolo, sul lato anteriore della duna stessa o in un punto più avanzato rispetto alla duna, a seconda della velocità dei venti dominanti. In quest'ultimo caso il punto di caduta è la base su cui si formerà la duna successiva. Ogni duna viene quindi progressivamente "smantellata" dal vento, un granello di sabbia alla volta, e "ricostruita" più avanti.
Una nuova duna continua a crescere fino a quando, non più protetta dalle dune circostanti, la quantità di sabbia che le viene tolta dal vento supera quella apportata.






Proprio un forte e teso soffio ci accoglie sulle dune,i capelli ondeggiamo come fili d’erba,mentre i nostri piedi rompono le tramedelle increspature modellate dal vento.





Mentre ammiro queste forme,il vento mi batte sugli occhi,con poderose folate d’aria e di polvere.




Al ristorante dell'albergo, ultima cena a buffet, e nelle teglie stasera troviamo riso con pollo.


Nel suq di Aqaba, giordani ad ingannare il caldo davanti alla tv, guardando giocare il Barcellona.




Mentre noi spendiamo gli ultimi dinari nei negozi di spezie.
Con il negoziante che, nonostante tutto il nostro impegno nel trattare su quantitativi e prezzi, ci fa comperare tutto quello che ci propone.




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