Foto di Paola Deandrea
NOVARA – Calda e afosa sera di inizio estate… Anzi, a ben guardare, l’estate tecnicamente comincerà fra due settimane, ma il clima pazzo a cui ormai siamo abituati ha deciso di giocare d’anticipo e offrirci un assaggio già adesso, sabato 7 giugno, in occasione del concerto di musica classica dell’India settentrionale organizzato dall’Associazione Ri-nascita. Dopo tutto, l’alta temperatura non può che essere d’aiuto per calarsi nelle calde e affascinanti atmosfere tipiche di quel Paese a noi tanto lontano.
Ci accompagnano in questo viaggio fatto di suoni, sensazioni, colori ed emozioni due appassionati e giovani musicisti che si esibiscono insieme dal 2010, Kamod Raj Palampuri – nato a Manali nel 1979, cresciuto in una famiglia di musicisti e scrittori, ha studiato canto classico, tabla, harmonium, sitar e dholak, si è diplomato all’Università di Musica Classica Indiana Antica “Pracheen Kala Kendra” a Chandigarth e vive in Italia da sei anni – e Riccardo Di Gianni – nato a Torino nel 1980, chitarrista diplomato con un repertorio che spazia dal jazz alla musica elettronica, compositore, produttore e sound designer, dal 2006 studia sitar sia in Italia sia in India e si esibisce con questo strumento dal 2008.
Foto di Paola Deandrea
L’ambiente intimo e raccolto dell’appartamento, decorato per l’occasione con candele, tappeti, stoffe e cuscini colorati e orientaleggianti, diventa perfetta cornice per questo particolare concerto dal titolo “Raga” – I colori dell’anima. I Raga sono le più antiche e raffinate forme musicali dell’India: alcuni sono nati con l’induismo, altri invece sono più recenti e non tutti sono dedicati alle divinità. Sono definiti “i colori dell’anima” perché sono costituiti da «una combinazione di note e movimenti legati a particolari emozioni e stati d’animo. Compito dei Raga è creare un’atmosfera spirituale, mistica o romantica. Il musicista suona con l’intento di dare una sensazione di pace e serenità all’ascoltatore o di agevolarlo in una propria ricerca interiore. Le melodie sono accompagnate dai Taal, complesse ritmiche su cui i musicisti improvvisano, seguendo le regole del Raga».
Foto di Stefano Nai
Kamod alle tabla e Riccardo al sitar iniziano il concerto con il Raga del mattino, un lungo brano di devozione verso Shiva, dio impetuoso. «I Raga vengono sempre introdotti da una parte di improvvisazione, poi comincia il il brano vero e proprio» ci spiega Riccardo. Per chi non ha mai assistito ad una esibizione di musica classica indiana questo primo approccio sarà forse un po’ spiazzante e di presa non immediata, ma man mano nel corso della serata, già a partire dal brano di chiusura della prima parte, il Raga della felicità, la sintonia fra artisti e pubblico cresce fino a raggiungere una simbiosi quasi perfetta nella seconda parte, quando si vivono i momenti più intensi con il Raga della notte, introdotto dal canto in hindi arcaico interpretato da Kamod (alle prese con un altro strumento, il surmandal) ed eseguito a luci soffuse in un’atmosfera magica e densa di suggestioni, e, in conclusione, con il Raga romantico. «Il canto in India è considerato un vero e proprio strumento», precisa Kamod.
Foto di Paola Deandrea
La curiosità dell’uditorio per le melodie insolite, gli strumenti particolari ed i gesti rituali dei musicisti è palpabile e viene saziata dalle spiegazioni che i due forniscono fra un brano e l’altro oppure su richiesta durante l’intervallo e dopo il concerto, quando si mescolano al pubblico – come vuole la consuetudine degli appuntamenti di Ri-nascita.
«Il sitar, che va accordato prima di eseguire ogni pezzo, viene suonato con un movimento verticale. La cassa armonica è composta da una zucca tagliata a metà, mentre per il resto lo strumento è fatto di legno. Ha venti corde suddivise su due piani, delle quali tredici si trovano sotto ed essendo le meno usate si dice che vibrino per simpatia. Quella più utilizzata è invece la prima corda in alto», spiega Riccardo prima di lasciare la parola a Kamod, che ci illustra le tabla: «Le tabla originariamente costituivano uno strumento solo, poi furono separate in due parti: quella più grossa produce un suono grave, quella più piccola un suono acuto. La prima è formata da rame e pelle di capra e all’interno è vuota, mentre la seconda è di legno di mango e pelle di capra ed è molto pesante perché dentro è quasi del tutto piena».
Foto di Stefano Nai
Il concerto purtroppo termina, ma il calore magico creatosi durante la serata rimane e ci accompagna nel ritorno verso casa insieme al cielo stellato e ad una luna grande e luminosa.
Clarissa Egle Mambrini