Arrivo in città: taxi dappertutto. Entrando in città notiamo un insolito affollamento di taxi che percorrono un po’ tutte le strade. Di auto private in circolazione c’è solo la nostra. Cerchiamo di sciogliere l’indovinello: la notte tra il sabato e la domenica gli islandesi, come le altre popolazioni nordiche, amano uscire e ubriacarsi. Dati i severi controlli della polizia, nessuno tranne i taxisti osano mettersi al volante. Bravi.
Finestre senza persiane né tende. Eccoci finalmente “a casa”. Siamo nel quartiere elegante, quello delle ambasciate, ma anche la “nostra” è una costruzione a due piani ricoperta di lamiera blu e grigia. Questa notte bianca per noi è passata in bianco: siamo esausti e ancora prima di disfare le valigie vogliamo dormire un po’, prima di metterci alla scoperta di Reykjavík. Non ci aspettavamo le persiane, ma almeno delle tende un po’ oscuranti, ma pare che gli islandesi non ne facciano uso: il loro inverno è troppo lungo e crudele per far loro escludere la luce estiva che dura ventiquattro ore. Ci abitueremo.