Viaggio nei Balcani (3) Spalato e Dubrovnik

Creato il 13 giugno 2013 da Patrickc

Da Bologna a Sarajevo, prendendola larga. In Croazia: Spalato a Dubrovnik. (capitolo 3)

A Split, la macchina del tempo ottiene effetti strepitosi e l’effetto sul visitatore può essere sconvolgente. La sola contemplazione delle rovine lo porta ad attraversare in un solo istante molte epoche diverse. Questo effetto straordinario, che non si percepisce da nessun’altra parte, è il fascino specifico di Split (Guida Routard, Croazia 2004)

Spalato (Split)

Se Šibenik è stata una scoperta, non posso dire che su Spalato le aspettative fossero basse. Ma è riuscita a travolgerle comunque. L’impatto non è dei migliori: pullman, traghetti e navi da crociera continuamente in arrivo sbarcano orde di turisti. E nonostante questo la città ha una sua dolcezza, è capace di accogliere e non fa torto a nessuno. Non so come sia in altissima stagione, ma la città vecchia, un quadrato di 200 metri per lato, riesce incredibilmente ad assorbire tutti.

La torre della cattedrale, uno dei simboli della città
Puoi salirci, ma le sue scale di ferro
sospese nel vuoto mi hanno dato i brividi

E’ una fortuna. Non credo esistano altri luoghi come la città vecchia di Spalato, nemmeno quell’incredibile gioiello che è Dubrovnik, perfetta e splendente. Spalato no, una città costruita dentro un antico palazzo romano del 304 d.c. è un caos che a prima vista può sembrare difficile da decifrare. La fida guida Routard, in una delle pagine migliori della sua storia, annuncia un incontro che per alcuni viaggiatori può essere “sconvolgente”. Per me lo è stato. Dagli abitanti di Salona – che qui si trasferirono per sfuggire alle incursioni di Avari e Slavi – in poi, chi ha abitato Spalato vecchia  ha saputo trasformare e dare nuova vita alle rovine, assorbendole, riutilizzandole, ma con un rispetto commovente. E così abbiamo un tempio di Giove trasformato in battistero, ci sono colonne romane che spuntano dentro a una banca o a un ristorante o sostengono un palazzo veneziano di oltre mille anni più recente. Accanto, lo sguardo impassibile di sfingi che erano già antiche al tempo dei romani. Quando cammini per le vie del ‘ghetto’ di Spalato (così lo chiamano gli abitanti) non passeggi però per un museo. Ti muovi in un luogo dove puoi leggere il tortuoso percorso compiuto dalla storia, ma che brulica di vita e di energia e nemmeno si accontenta di vivere di rendita. Le case sono abitate – i residenti sono 3.000 – e i negozi non si accontentano di vendere paccottiglia, i bar sono arredati con gusto: le costruzioni romane sono state conservate perché vive, e pazienza se questo significa una sovrabbondanza di tavolini sopra le antiche pietre. Spalato vive da 1.600 anni in questo equilibrio, e vivrà ancora a lungo.

Ma Spalato, oltre a un’ebbrezza sconcertante, è capace anche di regalare piccoli momenti di quotidiana perfezione. Ricordo la bella conversazione con il custode dell’antica sinagoga (fatti avanti e suona alla porta, anche se non c’è nessuna indicazione per i visitatori), un ex giornalista con una gran voglia di parlare italiano, uno spiccato senso dell’umorismo e una passione sconfinata per quello che fa. E poi, ancora, ricordo uno slivovitz bevuto nel peristilio illuminato solo dalle candele, davanti al caffè Luxor. O ancora la vista sul mare dalla camera di uno splendido bed & breakfast incastonato nelle mura.

Spalato è stata così intensa e travolgente che praticamente non ho fatto foto. E l’unico momento in cui avrei potuto, sulla torre della cattedrale, le gambe mi tremavano troppo per scattare (è sconsigliata a chi teme l’altezza).

Ma tanta bellezza porta con sé anche inevitabili problemi: oltre alla folla, i prezzi piuttosto alti.

Il peristilio del palazzo di Dicoleziano
Colonne romane, colonne egizie, palazzi rinascimentali
E tanta vita che non si ferma da 1600 anni

Villa Kastel Split, vista mare

Verso sud: la strada da Spalato a Dubrovnik

Da Spalato l’autostrada continua a sud verso Dubrovnik. I cartelli indicano Knin, l’enclave serba dove iniziò la follia della guerra degli anni ’90 e pensieri cupi distraggono dal panorama arido e maestoso. Si prosegue a sud, con fiducia, ma i cartelli verdi che indicano l’antica Ragusa a 200 chilometri di distanza sono mendaci: ci vogliono tre ore. L’autostrada prosegue per soli 89 chilometri e si ferma prima di Ploče. Da lì inizia una strada bella, ma lenta e tortuosa. Ma il tempo per il tragitto si allunga anche perché attraversi due dogane (solite formalità già spiegate) in corrispondenza del minuscolo lembo di costa bosniaco a Neum, dove improvvisamente il paesaggio si riempie di cemento ovunque. Poi si prosegue per l’ultimo tratto, in cui il traffico aumenta sensibilmente.

Presto l’autostrada dovrebbe allungarsi di una decina di chilometri, ma quando sarà completata  per l’intero tragitto fino a Dubrovnik non si sa. Ci vorranno molti anni.


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Dubrovnik

I tetti di Dubrovnik
(Foto di Patrick Colgan)

Nonostante i tanti avvertimenti che prefiguravano una città fredda, turistica e svenduta, veniamo accolti con grazia da un sorriso e da due calici di vino rosso agli Apartments Mirta che fanno esattamente al caso nostro, sia per il prezzo contenuto che per la comodità. Accanto alla bella casa, che domina la città vecchia e il mare dall’alto c’è un parcheggio pubblico. L’ideale per lasciare l’auto, appoggiare le valigie e scendere 10 minuti di scalini per tuffarsi nella città. E’ uno splendido benvenuto per due viaggiatori stanchi.

Se Spalato è un caos emozionante, dove in mezzo alla vita si avverte la polvere del tempo, l’antica Ragusa è la perfezione di un luogo talmente bello da sembrare un set cinematografico, o un luogo dei sogni, sospeso in una bolla. Gli edifici e le strade sono però scolpiti nella pietra bianca di Brac e  non ritagliati nel cartone. La folla scalfisce appena il fascino di questa antica, libera città marinara che ha sempre mantenuto la sua indipendenza. Fascino che si ritrova tutto in alcuni angoli inspiegabilmente deserti, dove la vita sembra tornare a un’ancestrale lentezza. O la sera, passeggiando nei ripidi vicoli a monte dello Stradun.   E’ una città da apprezzare esteticamente. Anche qui, come a Spalato, la gente vive. Ma è un posto troppo turistico e frequentato per poterlo vivere davvero, anche rimanendo molti giorni. Accontentati di apprezzarne la bellezza, che è grande. Il velo di stupore viene squarciato solo dalle ferite dell’assurdo bombardamento degli anni ’90 che ci sono, ma si vedono appena. Bisogna cercarle.

Faccio fatica a scrivere di un posto così noto e così bello. E’ una città che ti porta a chiederti: “Come vivrei qui?”. Mi limito a un momento che farò più fatica a dimenticare. Il modo migliore per ammirare la città è facendo il giro delle poderose mura, magari al mattino quando la luce è ancora obliqua. C’è una lunga fila (che si può saltare con la Dubrovnik card)e il giro è lungo, faticoso e assolato. Si vede anche gente in difficoltà, chi ha qualche anno in più. Ma ne vale la pena: il panorama è indimenticabile, lo sguardo e il pensiero si perdono.

Per cena la quantità di ristoranti è immensa. Scegliamo quello dall’aspetto più popolare e più economico. Kamenice (ostrica) si affaccia su una bella piazza in centro e offre un menù scarno e semplice. Frittura, riso al nero di seppia e gamberi in salsa di pomodoro. E naturalmente deliziose ostriche. E’ l’ultima cartolina di Dubrovnik prima di ripartire.

La vista dalle mura di Dubrovnik (foto di Patrick Colgan)

I tetti di Dubrovnik (foto di Patrick Colgan)

Per i vicoli di Dubrovnik

Placa (Stradun), la via principale di Dubrovnik vecchia

Gli altri capitoli:

1-Viaggio nei Balcani, libri e documentari


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