Andare per paesi, alla ricerca di paesaggi e delle cose più semplici, delle storie e delle persone che si danno il tempo di raccontarsi, di quelle cose che spesso ci passano vicine e a volte per la fretta dei tempi moderni ci sfuggono. Queste sono sfumature che si possono ritrovare in questo ultimo itinerario delle Marche e del Fermano. Punto di partenza: un piccolo paese fra le colline ed un B&B che ha qualcosa di diverso.
La Casa dei Nonni è a Monteleone di Fermo e non è un semplice B&B. Si tratta, come dice il nome, della "casa" dei "nonni", un casolare che una nonna ha voluto restaurare. Suo figlio con la moglie esaudiscono un desiderio che purtroppo lei non ha potuto vedere realizzato. Una storia semplice, ricca come questa terra, di cui le persone che la vivono e i loro ospiti sono ora i personaggi. Qui c'è la voglia di raccontarsi, di accogliere, scambiare idee e capire chi sarà il prossimo gradito ospite. Qui i bambini aspettano altri bambini per giocare, e gli adulti altri adulti per aprire le porte di casa loro e del territorio.
Da questa casa poi gli occhi possono spaziare verso un paesaggio infinito e, di notte, immergersi nel buio e contare le stelle fino ad addormentarsi in una fantastica tenda dal tetto trasparente. Da qui nascono delle storie, vere e inventate sempre nuove. Perché ogni notte è diversa e ogni notte il cielo si rinnova.
Il paese di Monteleone di Fermo possiede uno dei paesaggi campestri più armoniosi che io abbia mai visto. La strada che conduce al suo borgo è di una bellezza unica, in una policromia così ben assortita da non permettere di immaginare un assortimento migliore di colori e forme. Nel suo territorio, fra chiese, piazzette, gente cordiale e girasoli, si possono trovare dei vulcanelli di fango, dei calanchi e una casa con una insegna dipinta. La scritta recita: la casa del pittore. Qui, ogni anno, pittori da tutto il mondo si ritrovano per dipingere il magnifico paesaggio che circonda questo paese.
Camminando verso il centro di Monteleone si scorge la Chiesa della Madonna della Misericordia (o "del Crocefisso"). È una chiesa che la tradizione racconta sia stata eretta in una sola notte per proteggere la popolazione dalla peste. Al suo interno la chiesa conserva tre pregevoli affreschi (per accedere alla chiesa occorre prenotare una visita al numero 0734773521).
Una passeggiata panoramica in macchina conduce a due borghi dal nome simile, Monsanpietro Morico e Sant'Elpidio Morico, un paese di 700 abitanti e la sua frazione con meno di 100. L'idea che mi sono fatta è quella di due fratelli gemelli, di quelli che i genitori amano vestire allo stesso modo costringendo chi non li conosce bene a cogliere i minimi particolari per distinguerli. In entrambi i paesi si passeggia e si arriva ammirando un paesaggio delicato e armonioso, entrambi hanno scorci su orti e cortili curati, entrambi riflettono la luce della pietra dorata al sole, entrambi hanno chiese che raccontano un passato pontificio.
Qui ho conosciuto una piccola giovane realtà economica locale dal sapore genuino. Una coppia, due lauree, una vita in città e dei lavori "comuni" alle spalle, e il loro bambino che corre in bici. Tre sorrisi che accolgono i visitatori: Paolo, Elisa, Ernesto. Questa famiglia crede nel territorio in cui vive e in una forma di economia fondata sul rispetto per la terra. Produce e vende miele ( Il Miele dell'Indaco) e lavanda, e da quest'ultima estrae oli essenziali e acqua aromatica. Inoltre sensibilizza agricoltori e il mercato locale su forme di coltivazioni sostenibili e commercio equo.
Risaliti in macchina si raggiunge Montelparo, delizioso paese circondato dalla sempre diversa campagna del fermano. La sua forma, arroccata e armonica su un colle, è già un piacevole biglietto da visita per gli occhi di chi vi arriva. Il centro storico, che è formato dalle mura e dai torrioni del vecchio castello, custodisce piccoli tesori e la vita di provincia, tranquilla e condivisa.
Saliti sulla cima del paese si apre Piazza Bramante e in questa si staglia una chiesa dalla facciata sobria ed elegante. È la Chiesa di San Michele Arcangelo la cui fondazione risale al XIII secolo. Una chiesa con dentro una chiesa. Al di là dell'intonaco, la passione e l'intuito del parroco del paese ha scoperto fini affreschi che devono essere ancora portati per la maggior parte in superficie. Sotto la navata principale, una cripta poco luminosa e intima. Dove era la navata sinistra, oggi c'è un museo insolito e ben curato: gli antichi mestieri ambulanti.
Proseguendo, nella campagna di Monterinaldo, sorge l'area archeologica "La Cuma", in uno scenario campestre di girasoli e case ben curate. Per quanto informati dell'esistenza di questo sito, arrivarci suscita comunque meraviglia. I ritrovamenti, avvenuti alla fine degli anni Cinquanta, sono solo una parte della grande area edificata. Le colonne e i fini capitelli sono maestosi. Si ritiene sia stato un luogo di culto molto importante, ancora quasi tutto da interpretare.
Ortezzano e il suo centro offrono belle vedute sulla Valle dell'Aso, ricca di frutteti e coltivazioni. Suggestivo e piacevole é camminare senza meta fra le sue strade, le chiese, i portoni e la torre ghibellina, magari sul far della sera, e poi scendere fuori dal paese e mangiare un'ottima pizza verace napoletana nella pluripremiata pizzeria Mamma Rosa. Tradizione e scelte a volte apparentemente azzardate danno vita a pizze belle da vedere e ottime da gustare. Una loro specialità: la pizza al nero di seppia, su cui il sapore del pesce e quello della base si uniscono esaltandosi.
Si prosegue da Ortezzano a Monterubbiano, nel suo splendido centro, piccolo, silenzioso e ricco di chiese e antichi palazzi. Il ghetto ebraico è un dedalo di stradine in cui perdersi a caccia di particolari e vicoli che aprono sulle colline. Nella calma del paese si possono cogliere quelle piccole sfumature umane, come i rumori di posate che apparecchiano le tavole, i saluti fra la gente chiusa in casa per il caldo, mentre le sedie al bordo degli usci aspettano la frescura e il convivio paesano al far della sera. Poi il teatro, perché le Marche sono ricche di teatri. Qui c'è un piccolo gioiello: inaugurato nel 1875 dedicato al pittore Pagani di scuola raffaellita, è perfettamente mantenuto, attivo e visitabile (per informazioni: 0734257396).
Il cimitero monumentale e una chiesa rurale in stato di abbandono chiudono il paese di Monterubbiano e ora la direzione è Moresco, altro piccolo paese che attende sulla cima di una delle collina della Val d'Aso. Il cartello che accoglie i visitatori sembra quasi peccare di superbia: "Uno dei borghi più belli d'Italia". In realtà è proprio così.
Con circa 600 abitanti Moresco racconta la realtà della provincia marchigiana. Una piazza squadrata dove poter mangiare alla locanda e gente del paese che raccoglie un po' di frescura salutandosi, come ogni giorno da quando è nata. I tempi dilatati e i colori dei mattoni e dei coppi. La torre ettagonale e quella dell'orologio sovrastano il paese e ne disegnano il profilo, fuori dal centro una piccola chiesa campestre che quasi si affaccia sul mare. Se si vogliono poi acquistare degli ottimi prodotti o magari fare una merenda in ambiente campestre, sull'aia, ci si può recare presso l'Azienda Agricola Rossi, limitrofa al centro storico. Qui fra le colline e l'allevamento a vista d'occhio, le Marche parlano anche attraverso il cibo genuino.
Concludo con un'immagine e le sensazioni che mi ha suscitato una chiesa diroccata, perché non solo il bello oggettivo è fonte di armonia. Non ho trovato il suo nome segnalato, è abbandonata. I suoi muri sono immersi nei colori della campagna che supera i suoi confini. Il cielo è il suo soffitto, l'erba infestante il suo pavimento, i campi di girasoli limitrofi i suoi affreschi. Guardandola viene da immaginarla come è stata, ma è affascinante anche osservare come la natura di queste colline si sia messa in dialogo con essa, abbracciandola e facendola diventare altro. Con delicatezza si prende cura delle sue ferite, restando comunque bella, anche se in un modo diverso da un tempo.
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