VIAGGIO NELLA "CITTA' BIANCA" - 4a puntata

Creato il 17 marzo 2013 da Pasudest

Continua il viaggio di Riccardo De Mutiis nella storia recente di Belgrado, dall’epoca della Jugoslavia del Maresciallo Tito ai giorni nostri: un viaggio alla scoperta della “città bianca” nelle cui strade vibra il “srpsko srce”, il cuore serbo. In questa quarta puntata il racconto prosegue nella capitale serba di oggi, attraverso le trasformazioni subite in questo ultimo decennio, dai nomi delle strade ai nuovi luoghi di ritrovo, dall'arrivo dei brand internazionali all'attenzione al look delle nuove generazioni: segni che indicano, dopo la lunga stagione del nazionalismo e del rifiuto di ciò che veniva dall’estero, l'apertura della città al mondo con tutte le contraddizioni che a ciò si accompagnano.

Belgrado: un'immagine di Knez Mihailova

Secondo Le Corbusier “di tutte le capitali situate in una posizione splendida, Belgrado è la più brutta”. L’affermazione dell’architetto svizzero è troppo drastica, ma ha un fondo di verità. In effetti la posizione geografica della capitale serba è invidiabile: il nucleo originario della città venne realizzato su una collina ai cui piedi la Sava affluisce nel Danubio e da cui, in particolare dalla fortezza di Kalemegdan, si gode il panorama di una pianura che si estende a perdita d’occhio. Non sono altrettanto apprezzabili, purtroppo, né l impianto urbanistico, né lo stile architettonico della città. Infatti alla impostazione urbanistica degli Ottomani si sovrappose quella dei Karadjordjevic ed a questa quella di stampo comunista del periodo titino: alla disorganicità derivante dalla sovrapposizione di tali idee urbanistiche profondamente diverse l’una dall'altra si aggiunsero, nel momento in cui la città si estese oltre la Sava ed il Danubio, i problemi di una rete viaria che si intasava spesso e volentieri in prossimità dei pochi ponti che collegavano il centro con Zemun, Novi Beograd e le altre nuove zone costruite oltre i fiumi. Ma se la struttura urbanistica di Belgrado non è entusiasmante, è altrettanto vero che il viaggiatore che arriva nella capitale balcanica è colpito dall’atmosfera tutta particolare che vi si vive: nelle strade di Belgrado vibra l’anima del popolo serbo, batte il “srpsko srce”, il cuore serbo. La città ha sempre vissuto con grande partecipazione le vicende nazionali, senza mai appiattirsi sui mantra dettati dal potere costituito, ma tenendo invece spesso un atteggiamento critico e disincantato nei confronti dei vari regimi che dal dopoguerra ad oggi si sono avvicendati alla guida del paese. In questo scritto il rapporto tra la città di Belgrado e la politica prima jugoslava e poi serba viene analizzato con riferimento diversi periodi storici, dal dopoguerra fino alla morte del Maresciallo Tito, dal periodo del regime di Slobodan Milosevic alla sua caduta, fino ai nostri giorni.
Riccardo De Mutiis [*]
La Belgrado di oggi / 1
Al viaggiatore che arrivi per la prima volta a Belgrado in questi giorni la città non appare molto diversa  dalle altre capitali dell’Europa orientale che da qualche decennio si sono decisamente trasformate, entrando nei circuiti  economici internazionali: grandi centri commerciali, presenza diffusa di banche straniere, punti vendita dei brand che fanno della diffusione a livello mondiale il loro obiettivo primario,  soggezione delle generazioni più giovani alle tendenze, soprattutto in tema di look, dettate dai paesi occidentali. Insomma, dopo la lunga stagione del nazionalismo, e dunque dell’ostracismo nei confronti dell’estero, Belgrado e la Serbia sembrano avviate sulla strada dell’apertura internazionale. E’ un'impressione, questa, che trova conferma anche sotto il profilo culturale: in quella che forse è la più antica libreria belgradese, “Akademija”, sulla Mihajlova, si trovano tante pubblicazioni di autori esteri, ma anche di autori serbi che hanno per oggetto argomenti o personaggi stranieri, cosa impensabile fino a qualche anno fa. E’ stata sdoganato, dopo circa un decennio, il libro in cui Carla Del Ponte parla delle indagini da lei svolte quale procuratrice del Tribunale penale per l’ex Jugoslavia ["La caccia. Io e i criminali di guerra" pubblicato in Italia da Feltrinelli, n.d.r] e che l’avevano resa, per il fatto di aver perseguito molte personalità serbe, particolarmente invisa a Belgrado ed in tutta la Serbia: “Gospodja tuziteljka” ("Signora procuratrice"), è il titolo serbo del libro. Altro best seller, stavolta italiano, molto presente nelle librerie serbe è “Ja sam  bog”, ovvero “Io sono Dio” di Giorgio Faletti, mentre, per passare alle pubblicazioni serbe aventi ad oggetto argomenti stranieri, può essere interessante, sempre da un prospettiva italiana, segnalare il libro su Berlusconi scritto da Adrijana Mirkovic, montenegrina di Bar trapiantata a Belgrado, intitolato “Uspeh i moc”, cioè “Il successo ed il potere”.

Un gelato in riva al Danubio

La “città bianca” appare omologata alle altre metropoli continentali non solo a chi la visita per la prima volta, ma anche a chi vi era stato e vi ritorna, per la prima volta, nel nuovo millennio. Per rendersene conto è sufficiente fare un giro in centro: l’internazionalizzazione della capitale si coglie dalla chiusura di tante attività commerciali tipicamente serbe, che avevano una tradizione pluridecennale ed a cui i belgradesi erano particolarmente affezionati, e dal sorgere, al loro posto, di esercizi che fanno della diffusione internazionale il carattere distintivo. E’ emblematico, al riguardo, il caso di uno dei caffè a cui i belgradesi erano più legati, il Ruski car, situato sulla Mihajlova in corrispondenza dell’accesso a Trg Republika [piazza Repubblica, n.d.r.]. Il locale, il cui ambiente, di qui il nome, era caratterizzato da una serie di ritratti dei più importanti zar della Russia, in cui anche i camerieri vestivano alla russa,  ha chiuso proprio l’anno scorso per essere sostituito da un ristorante della holding statunitense Vapiano, che opera in tutto il mondo con la formula del franchising, proponendo cibo italiano. Ma, più in generale, molti ristoranti e caffè che si trovano in centro e che offrivano i piatti tipici della cucina serba e il tradizionale caffè turco sono stati sostituiti da esercizi che propongono un menu internazionale. Il noto Snezana, che si incontra sulla Mihajlova nei pressi dell'ingresso al parco della fortezza Kalemegdan, ha conservato il nome serbo ma ha stravolto il suo menu in cui non si trovano più cevapcici, pleskavica e sarma, ma invece pizza e pasta.
E’ vero che resiste, su Terazje, un locale apprezzato non solo dalla élite belgradese, ma anche dagli ospiti internazionali di un certo calibro: lo storico Hotel Moskva, costruito più di un secolo fa, dove si gustano le migliori torte della città ed in cui fino a qualche anno fa non era difficile incontrare il corrispondente della sede Rai di Belgrado, Ennio Remondino. Ma è anche vero che il management dell’hotel ha dovuto in qualche modo adeguare, rinnovandoli, non solo ambiente e menu, ma anche il personale, passando dagli austeri camerieri in costume tipico serbo a giovanissime konobarice (cameriere) vestite alla moda. Negli ultimi anni, poi, l’abitudine dei belgradesi, soprattutto nei mesi caldi, a vivere i momenti di svago e di relax sui fiumi si è particolarmente accentuata e si è passati, nel giro di pochi anni, da una presenza sporadica di attività sul Danubio e sulla Sava, limitata ai tipici splavovi (i bar-terrazze sull’acqua), ad una occupazione del lungo fiume molto più intensa ed organizzata: è stato creato il porto fluviale, con annessi ristoranti e bar (c’è addirittura una palestra), sono nati  molti ristoranti e locali notturni, soprattutto sul Danubio, e l’isola Ada ciganlija, sulla Sava, è attualmente caratterizzata dalla presenza di stabilimenti balneari con tanto di ombrelloni e sdraio.
[4. continua]

[*] Riccardo De Mutiis, esperto di relazioni internazionali, conoscitore della realtà balcanica anche per aver partecipato a diverse missioni patrocinate da istituzioni internazionali. Passaggio a Sud Est ha già pubblicato diversi suoi pezzi: per ritrovarli clicca qui.   

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