E' abbastanza facile proporre una certa verosimiglianza tra l'atmosfera tipica di uno stadio tutto esaurito mentre si gioca una partita di vitale importanza (magari quella che regala il titolo di campioni d'Italia) e un'aula di Parlamento italiano (quasi) tutto preso a fare da scontata claque con il battimani frenetico e nevrotico all'ingresso del capo di un governo oramai in lenta ma inesorabile agonia. Ed è altrettanto facile sposare la linea editoriale che si evince oggi leggendo l'imperdibile pezzo firmato in prima pagina su Repubblica dal sarcastico Curzio Maltese (http://www.repubblica.it/politica/2010/08/06/news/maltese-6101201/) che alla fin fine ribadisce quello che oramai sta diventando il refrain di questo inizio di terzo millennio: quello di liberarsi al più presto (e definitivamente) del nano e delle sue ballerine di contorno. Non vorrei sembrare autocelebrativo o peggio ancora adulatore di me stesso ma queste cose (riferite al nano) le sto scrivendo da illo tempore, praticamente quasi dall'inizio di questa mia duplice avventura nella blogosfera: per essere ancor più autoreferenziale basti pensare che il 70% (circa) dei 1.333 post che ho scritto (dalla fine del 2005 ad oggi) su questo blog e su l'Antipatico sono dedicati interamente a Silvio Berlusconi e alla sua cricca, passando per annessi e connessi del tipo D'Addario e Noemi e via cantando. Sto correndo il serio rischio di vedermi appiccicare il non proprio esaltante appellativo di biografo non autorizzato (e detestato) del monarca di Arcore. Ma tornando a cose più serie vorrei ribadire lo sconcerto e il senso di vergogna che personalmente ho provato l'altro ieri pomeriggio mentre seguivo la diretta televisiva sulla mozione di sfiducia (respinta faticosamente) proposta da IdV e Pd per il sottosegretario alla Giustizia (con evidenti problemi di giustizia) Giacomino Caliendo. Quell'atmosfera becera e al tempo stesso disgustante, di cui si era totalmente impregnata l'aula di Montecitorio nel momento supremo dell'arrivo del nano accolto dai cori da stadio, mi ha fatto davvero male; la mia mente tornava involontariamente indietro di qualche lustro e faceva fatica a comparare quegli scranni lucidi e pieni di storia che un tempo avevano visto poggiarvisi le preziose terga di un De Gasperi piuttosto che di un Togliatti, di un Aldo Moro piuttosto che di un Sandro Pertini o Nilde Jotti, beh, se devo dirla tutta, vederla occupata da rozzi teatranti della politica come quelli che facevano la ola al Pifferaio di Arcore (per non parlare di quelli che appena due anni fa ingurgitavano fette di mortadella innaffiando il tutto con dello scadente spumante) o come quegli altri scesi dalle montagne con il fazzoletto verde al grido di Bossi Bossi, ha provocato in me lo stesso effetto di una purga presa in dose eccessiva e che alla fine lascia letteralmente tramortiti. Sapere che l'Italia, il mio paese, il mio tricolore, è rappresentato da loschi figuri con precedenti penali e con la predisposizione alla corruzione, da giovani sgallettate inguainate in mise degne più di uno studio televisivo che di un luogo prettamente istituzionale, mi fa letteralmente venire il voltastomaco e mi fa montare una rabbia mista a frustrazione che ogni giorno passato ancora sotto l'era del nano di Arcore equivale a mille giorni trascorsi in una cella ai tempi di Pinochet. Ma il senso di rabbia e di frustrazione (forse) ben presto troverà il suo giusto termine, la sua naturale fine: non sarà magari quest'anno, non sarà nemmeno il prossimo ma, vivaddio, arriverà finalmente quel giorno in cui potrò scrivere a lettere cubitali su questo (e l'altro) blog: "ERA ORA! BERLUSCONI FUORI DAI COGLIONI!" E magari in quell'occasione una bella ola la farò insieme a quelle persone che ancora oggi stanno soffrendo, magari in silenzio, a causa della metastasi berlusconiana. Basta solo aspettare.
E' abbastanza facile proporre una certa verosimiglianza tra l'atmosfera tipica di uno stadio tutto esaurito mentre si gioca una partita di vitale importanza (magari quella che regala il titolo di campioni d'Italia) e un'aula di Parlamento italiano (quasi) tutto preso a fare da scontata claque con il battimani frenetico e nevrotico all'ingresso del capo di un governo oramai in lenta ma inesorabile agonia. Ed è altrettanto facile sposare la linea editoriale che si evince oggi leggendo l'imperdibile pezzo firmato in prima pagina su Repubblica dal sarcastico Curzio Maltese (http://www.repubblica.it/politica/2010/08/06/news/maltese-6101201/) che alla fin fine ribadisce quello che oramai sta diventando il refrain di questo inizio di terzo millennio: quello di liberarsi al più presto (e definitivamente) del nano e delle sue ballerine di contorno. Non vorrei sembrare autocelebrativo o peggio ancora adulatore di me stesso ma queste cose (riferite al nano) le sto scrivendo da illo tempore, praticamente quasi dall'inizio di questa mia duplice avventura nella blogosfera: per essere ancor più autoreferenziale basti pensare che il 70% (circa) dei 1.333 post che ho scritto (dalla fine del 2005 ad oggi) su questo blog e su l'Antipatico sono dedicati interamente a Silvio Berlusconi e alla sua cricca, passando per annessi e connessi del tipo D'Addario e Noemi e via cantando. Sto correndo il serio rischio di vedermi appiccicare il non proprio esaltante appellativo di biografo non autorizzato (e detestato) del monarca di Arcore. Ma tornando a cose più serie vorrei ribadire lo sconcerto e il senso di vergogna che personalmente ho provato l'altro ieri pomeriggio mentre seguivo la diretta televisiva sulla mozione di sfiducia (respinta faticosamente) proposta da IdV e Pd per il sottosegretario alla Giustizia (con evidenti problemi di giustizia) Giacomino Caliendo. Quell'atmosfera becera e al tempo stesso disgustante, di cui si era totalmente impregnata l'aula di Montecitorio nel momento supremo dell'arrivo del nano accolto dai cori da stadio, mi ha fatto davvero male; la mia mente tornava involontariamente indietro di qualche lustro e faceva fatica a comparare quegli scranni lucidi e pieni di storia che un tempo avevano visto poggiarvisi le preziose terga di un De Gasperi piuttosto che di un Togliatti, di un Aldo Moro piuttosto che di un Sandro Pertini o Nilde Jotti, beh, se devo dirla tutta, vederla occupata da rozzi teatranti della politica come quelli che facevano la ola al Pifferaio di Arcore (per non parlare di quelli che appena due anni fa ingurgitavano fette di mortadella innaffiando il tutto con dello scadente spumante) o come quegli altri scesi dalle montagne con il fazzoletto verde al grido di Bossi Bossi, ha provocato in me lo stesso effetto di una purga presa in dose eccessiva e che alla fine lascia letteralmente tramortiti. Sapere che l'Italia, il mio paese, il mio tricolore, è rappresentato da loschi figuri con precedenti penali e con la predisposizione alla corruzione, da giovani sgallettate inguainate in mise degne più di uno studio televisivo che di un luogo prettamente istituzionale, mi fa letteralmente venire il voltastomaco e mi fa montare una rabbia mista a frustrazione che ogni giorno passato ancora sotto l'era del nano di Arcore equivale a mille giorni trascorsi in una cella ai tempi di Pinochet. Ma il senso di rabbia e di frustrazione (forse) ben presto troverà il suo giusto termine, la sua naturale fine: non sarà magari quest'anno, non sarà nemmeno il prossimo ma, vivaddio, arriverà finalmente quel giorno in cui potrò scrivere a lettere cubitali su questo (e l'altro) blog: "ERA ORA! BERLUSCONI FUORI DAI COGLIONI!" E magari in quell'occasione una bella ola la farò insieme a quelle persone che ancora oggi stanno soffrendo, magari in silenzio, a causa della metastasi berlusconiana. Basta solo aspettare.
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