Lavorare su un blog non è mai facile. Particolarmente per me, temo. Il più delle volte mi ritrovo davanti alla tastiera con la mente vuota come uno stadio di lunedì mattina. Potrei scrivere il mio parere su ciò che avviene. Che temo sarebbe interessante come ascoltare il vicino di casa che si lamenta di qualcuno del condominio a fianco che lascia sempre l'immondizia fuori dai bidoni. O che non pulisce gli escrementi del proprio cane. È un periodo che fatico a leggere i quotidiani. Li acquisto, certo, per un'abitudine che ho preso quando avevo sedici o diciassette anni. Ma non li leggo. In genere non vado oltre la prima pagina. Potrei intervistare qualcuno, come fa il buon Nick con il suo ottimo blog, Nocturnia. Noooo, é troppo divertente leggere ciò che scrive Nick, senza faticare in proprio. Potrei recensire libri, certo, peccato che lo faccia già per LN-LibriNuovi. Qui recensisco talvolta libri ma con una seria mancanza di serietà. Potrei inserire fotografie. Ma lo posso fare con FB, che almeno qualcuno le guarda. E poi le fotografie hanno senso se raccontano un percorso intellettuale, altrimenti sono mortalmente noiose come una seratina a settembre con gli amici che in agosto sono stati a Sharm-el-Sheick e «Hanno fatto milioni di fotografie». Gulp. Sempre che non siate Lartigue. O Jodice. O Salgado. Ma non lo siete. E quindi è noia.[*] L'unica cosa seria che ho voglia di fare in questo periodo è scrivere un sismogramma alla mia personale scrittura. Probabile ve ne importi meno di nulla, ma non ho obiettivi da raggiungere con il mio blog. Lo uso come sfogatoio o come sgabuzzino dei pensieri. Giusto perché chiunque in casa quando attacco il discorso su ciò che sto scrivendo in questo periodo scopre improvvisamente di avere di molto meglio da fare. Non dite che non vi ho avvertito.
Viene anche il momento della divisione in capitoli. È un elemento curioso, questo della divisione in capitoli, che molto considerano un elemento centrale della scrittura di un romanzo. Esiste anche qualcuno - e non posso nascondere la mia invidia - che riesce a predefinire una scaletta ordinata scrivendo: «Capitolo 1. Il protagonista viene licenziato; Capitolo 2. Il protagonista viene sfrattato e la sua ragazza lo lascia... e così fino al Capitolo 23: Il protagonista si suicida ovvero il protagonista scopre di essere stato preso in giro dall'autore e lo cerca per accopparlo.» Io aggiungo il numero dei capitoli soltanto dopo. Non ho bisogno di aggrapparmi alla struttura per capitoli per capire di essermi impiantato. O impallato. O bloccato senza speranza. Le mie storie divise in capitoli prima di essere finite sono irrimediabilmente bloccate. «Va bene, ma del romanzo non parli? Non ne racconti almeno un pezzetto?» No. Ho già spiegato di che cosa parla. Di più non dirò. Se racconto una cosa prima di averla finita poi non ho più voglia di terminarne la scrittura. Anche se ne racconto solo una parte, un episodio un personaggio. E ho molta considerazione per il buon Paolo Cavazza che riesce a raccontare un racconto anche prima di finirlo. Chapeau. Arrivederci alla prossima. Quando avrò finito la prima stesura e potrò parlare d'altro. Forse.
[*] Ciononostante ho deciso di usare le mie foto per illustrare questo inutile post. Peggio di così...