VICOLI CIECHI #matteorenzi #beppegrillo #leggeelettorale

Creato il 18 giugno 2014 da Albertomax @albertomassazza

Ricordate l’irresistibile Guzzanti-Rutelli che dichiarava che l’Italia non era né di destra, né di sinistra, ma di Berlusconi? Allo stesso modo, parafrasandolo, si può tranquillamente dire che il Pd non è né di destra, né di sinistra, ma di Renzi. E questo non perché il premier tenga a libro paga la dirigenza del partito, ma perchè rappresenta l’unica carta vincente. Il segretario ha un consenso granitico all’interno del Pd, poco importa quanto sincero e quanto opportunista, e soprattutto ha fatto breccia nell’immaginario dell’elettorato. Non c’è bisogno di essere renziani per ammetterlo: è un dato di fatto. Nonostante lo strapotere del consenso renziano, la sinistra ha avuto diverse occasioni per evitare di essere relegata alla marginalità, da quando l’ex sindaco è diventato segretario, ma puntualmente si è infilata in un vicolo cieco, pensando di poter far leva su una contrapposizione di principio nei confronti del supposto autoritarismo renziano; autoritarismo, e se vogliamo arroganza, che, nella misura in cui esistono realmente, non bisogna mai dimenticare che si basano, oltreché sul consenso, sulle speranze di cambiamento che gravano sul futuro politico del premier. Lecito e opportuno voler migliorare le riforme in senso partecipativo; personalmente, in linea di massima, sono d’accordo sull’eleggibilità dei senatori,sul collegio uninominale, sull’abbassamento della soglia di sbarramento e anche su una soglia di maggioranza più vicina al 40 che non al 35%. Ma pensare di poter ottenere qualcosa esercitando un arbitrario diritto di veto, oltreché inutile, è autolesionista. Con l’abilità mediatica che si ritrova, è un gioco da ragazzi per Renzi far passare i dissidenti per gli uomini della palude, per giunta incapaci di procedere compatti, con qualche voce solista e i furono giovani turchi accusati addirittura di collaborazionismo.

Fortuna che ci si è messo Grillo a volersi ficcare in un vicolo cieco, pensando di poter stanare Renzi sul piano politico, per giunta sulle riforme, suo terreno di casa. Nonostante Livorno, lo shock del ridimensionamento alle Europee non è stato ancora assorbito e non potrà certo essere un bluff sulle riforme ad arginare l’emorragia di consenso e a rilanciare il Movimento. Perchè un bluff? Perchè non ci si può sedere a un tavolo sulla base di una proposta di legge elettorale che garantisce l’ingovernabilità, tralasciando il folclorismo della nomination per i deputati cattivi, pensando di poterne uscire, di fronte al prevedibile rifiuto degli interlocutori, come quelli che fanno le buone proposte che non vengono accettate dalla politica di professione. Almeno, non lo si può fare con uno scaltro e smaliziato come Renzi che non avrà difficoltà a smascherare il bluff, erodendo un altro po’ del consenso più moderato dei 5stelle, mentre agli occhi dei pasdaran grillini l’ex comico inizierà ad apparire come il traditore. L’operazione del leader pentastellato, piuttosto, potrebbe favorire un rilancio della sinistra, sempre che da quelle parti la finiscano con operazioni che, per l’opinione pubblica, hanno un sapore squisitamente mediatico, destinate ad essere ridicolizzate dal talento comunicativo del premier. Per migliorare il pacchetto di riforme renziano, occorre una sinistra Pd coesa e organizzata; altrimenti, o ci si adegua, non al pensiero unico, ma alla maggioranza del partito, o si approda ad altri lidi.



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