Ecco cosa scrivevamo degli operai Rockwool su L’Espresso: «Cerchi i minatori?» chiede Tore Corriga, leader della protesta della Rockwool. «Eccoci qui». Sono infatti tutti ex minatori gli operai che producevano lana di roccia, un materiale isolante. «Hai presente lo zucchero filato nella ruota?», continua, «noi facevamo lo stesso ma col basalto». Tore ha 50 anni, tutti spesi ad Iglesias a lavorare duro. Lui e i suoi 60 colleghi avevano preso un premio di produzione dietro l’altro, ma nell’aprile 2009 un’email li informa che la Rockwool intende chiudere entro 70 giorni. Iniziano tre lunghi anni di lotta: «Ma chi li ha mai fatti tre anni di protesta così?» si chiede Tore. Prima 14 mesi in presidio ai cancelli, poi occupano il ponte sulla strada statale, e lo riempiono di striscioni e bandiere. Nell’estate 2010 danno vita al festival musicale ROCK(wool), per coinvolgere la cittadinanza, con l’inverno portano un bus abbandonato davanti la miniera e lo trasformano nella loro base. La vita nel “Rockbus” diventa un secondo lavoro. Gli operai fanno i turni con Nunzio, Fabio, Matteo e Franco.
Ignazio, che nonostante tutto indossa la maglietta Lacoste e sfoggia il “ciuffo brizzolato alla Richard Gere”, Maurizio che fa il caffè buono, il cane Whiskey che gironzola, una piccola tv per vedere le partite. L’ironia sempre, per scongiurare la disperazione: «Per la Uil abbiamo un solo messaggio: vaffanculo». Sopra tutto c’è la lotta estenuante con la Regione per rientrare nei corsi di riqualificazione del “piano bonifiche”. Sopra tutti c’è Tore, che tiene viva la protesta e il fiato sul collo agli assessori. Gli altri lo chiamano “Il Cé”, perché è un rivoluzionario, e anche perché nel bus c’é sempre, scherza qualcuno. Solo un mese fa, l’11 dicembre, gli operai di mille presidi hanno occupato per 11 giorni la galleria della miniera, al buio, perché anche i giovani operai venissero riqualificati. «La nostra è una lotta di tutti, e se si vince si vince tutti» racconta Tore. Alla fine hanno vinto, quelli della Rockwool, e già a febbraio potrebbero tornare a lavorare. Il bus è ancora lì, tutto dipinto, vero e proprio museo della resistenza in mezzo ai veleni del Sulcis.
di Michele Azzu | @micheleazzu
Foto di Sandro Cherenti