Queste le parole di Stendhal di ritorno da un viaggio da Napoli nel 1817: lo scrittore francese rimase colpito dalla città partenopea: misteriosa, affascinante, intrigante, passionale, caotica e piena di cultura e storia.
Anche oggi, visitando Napoli, si provano le stesse sensazioni che ci descrive Stendhal, e si resta colpiti dallo splendore e dalla meraviglia di un luogo che trasmette serenità e spensieratezza. In ogni angolo della città, inoltre, si notano simboli e tracce di civiltà diverse che, nel corso dei secoli, si sono susseguite nel capoluogo campano.
Oltre all'indiscussa bellezza della città che si può ammirare in superficie, c'è un altro lato di Napoli che sta emergendo negli ultimi anni altrettanto bella e spettacolare: è il sottosuolo napoletano.
A qualche metro di profondità infatti, si snodano una serie di cunicoli, catacombe e ambienti ipogei che narrano la storia millenaria di Napoli.
L'esistenza di Napoli sotterranea è legata alla conformazione morfologica e geologica del territorio partenopeo, composto da roccia tufacea, che ha caratteristiche di leggerezza, friabilità e stabilità del tutto particolari.
Nel sottosuolo della città vi si trovano soprattutto innumerevoli ambienti ed architetture classiche, greche e romane.
I primi manufatti degli scavi sotterranei risalgono a circa 5.000 anni fa, quasi alla fine dell'era preistorica.
Successivamente, nel III secolo a.C., i Greci aprirono le prime cave sotterranee per ricavare i blocchi di tufo necessari alle mura e ai templi della loro Neapolis e scavarono numerosi ambienti per creare una serie di ipogei funerari.
Lo sviluppo imponente del reticolo dei sotterranei iniziò però in epoca romana: i romani infatti, soprattutto in epoca augustea, dotarono la città di gallerie viarie ( grotta di Cocceio e grotta di Seiano) e soprattutto di una rete di acquedotti complessa, alimentata da condotti sotterranei provenienti dalle sorgenti del Serino, a 70 km di distanza dal centro di Napoli. Altri rami dell'acquedotto di età augustea arrivarono fino a Miseno, per alimentare la Piscina Mirabilis, che fu la riserva d'acqua della flotta romana.
Larghi quel poco che permetteva il passaggio di un uomo, i cunicoli dell'acquedotto si diramano spesso in tutte le direzioni, con lo scopo di alimentare fontane ed abitazioni situate in diverse aree della città superiore.
A tratti, sulle pareti, si notano ancora tracce dell'intonaco idraulico, utilizzato dagli ingegneri dell'antichità per impermeabilizzare le gallerie.
Agli inizi del XVI secolo il vecchio acquedotto e le moltissime cisterne pluviali non riuscivano più a soddisfare il bisogno d'acqua della città che si era estesa a macchia d'olio e fu così che il facoltoso nobile napoletano Cesare Carmignano costruì un nuovo acquedotto.
Fu solo agli inizi del XX secolo che si smise di scavare nel sottosuolo per l'approvvigionamento idrico e si abbandonò una rete di cunicoli e cisterne di oltre 2.000.000 m², diffusa per tutta la città.
Successivamente, abbandonando l'originario utilizzo, i sotterranei furono utilizzati anche come rifugi antiaerei per proteggersi dai disastrosi bombardamenti che colpirono la città.
Le cavità furono illuminate e sistemate per accogliere decine e decine di persone che al suono della sirena si affrettavano a scendere per le scale nel sottosuolo.
Resti di arredi, graffiti e vari oggetti in ottimo stato di conservazione testimoniano ancora oggi la grande paura dei bombardamenti e i numerosi periodi della giornata vissuti nei rifugi, facendo riemergere uno spaccato di vita importante e altrettanto tragico della storia cittadina. È visibile uno di questi rifugi in via Sant'Anna di Palazzo, a Chiaia.
Al giorno d'oggi vi sono diversi percorsi per poter accedere alla rete di ambienti sotterranei, la quale non è ancora completamente conosciuta, in cui si alternano tra cisterne e cave, cunicoli e pozzi, resti del periodo greco-romano e catacombe. Ancora oggi gli speleologi continuano a studiare ed ispezionare le cavità e i cunicoli che riaffiorano in occasione di sprofondamenti o crolli ed inserirle nel cosiddetto censimento delle cavità cittadine.
Uno dei percorsi di Napoli sotterranea è particolarmente adatto per gli appassionati di archeologia e della cultura greco-romana: scendendo da Piazza San Gaetano infatti, c'è la possibilità di effettuare un'interessante visita all' acquedotto e al teatro greco-romano. In particolare, attraverso questo percorso è possibile ammirare il teatro di Nerone, oggi inglobato da un'abitazione moderna che conserva ancora qualche traccia delle strutture portanti (archi, volte). Il sito è precisamente ubicato nella zona compresa tra via Anticaglia a nord, via San Paolo a ovest e vico Giganti a est.
Una parte del teatro in particolare, costituisce l'ultima tappa del percorso riguardante la Napoli sotterranea mentre altri frammenti sono liberamente visibili lungo i decumani.
Risalente all'età romana, nel I secolo a.C., il teatro è sorto al posto di un preesistente edificio greco del IV secolo a.C., anch'esso probabilmente destinato alla rappresentazione teatrale.
Le fonti provengono da e dai suoi , ma in particolar modo dal De vita Caesarum di : quest'ultimo racconta che Nerone debuttò proprio a Napoli con una sua ode e nonostante scoppiò un violento terremoto, che l'imperatore valutò come gli apprezzamenti degli dèi, continuò a cantare e costrinse la popolazione a rimanere.
La caduta dell'Impero romano sancisce la caduta anche degli spettacoli teatrali in genere e la struttura viene abbandonata, complice anche un'alluvione tra il V e il VI secolo.
Il periodo medievale aumenta l'oblio della struttura, adoperata come piccola necropoli o discarica e per finire, tra il XV e il XVII secolo è stato sopraffatto dalla costruzione di vari edifici sorti sulla cavea nonché sventrato dal vico Cinquesanti.
Gli ambienti interni furono adoperati come stalle, cantine, depositi e botteghe fino a poco tempo fa.
Le prime scoperte avvennero nel 1859 per lo scavo di una fognatura; un primo scavo archeologico avvenne alla fine del XIX secolo nel giardino dello stabile su cui insiste il teatro. Il primo piano di recupero risale al 1939 durante il Ventennio (importante perché prevedeva la demolizione di tutti gli stabili che insistevano sul teatro), ma solo dal 1997 il teatro è stato in parte disvelato, con l'intervento da parte del Comune che tra il 2003 e il 2007 ha ordinato importanti lavori di recupero che hanno permesso l'affioramento della parte ovest della media cavea dal giardino interno.
L'accesso alla parte normalmente visitabile del teatro è possibile tramite una botola in un basso di vico Cinquesanti che conduce al lato est del teatro: il proprietario aveva ricavato l'accesso agli ambienti sotterranei, che aveva adoperato come cantina, tramite una botola che era situata sotto il letto. Aveva inoltre escogitato un meccanismo che permetteva la scomparsa del letto, che scorreva lungo dei binari, in una nicchia del muro. La scoperta di frammenti murari in opus latericium portò successivamente all'esproprio del basso e alla nuova destinazione d'uso.
La parte di vico Cinquesanti corrisponde al proskenion e al paredon. Dopo essere usciti da questa zona in vicoletto Giganti, una traversina di vico Cinquesanti, si rientra in via Anticaglia dove si può accedere all'intradosso della summa cavea, cioè l'anello superiore delle gradinate.
La cavea, che possedeva tra i 5000 e i 6000 posti circa, mostra in alcuni tratti ancora i marmi di rivestimento delle gradinate.
10,00-11,00-12,00-13,00 - 14,00-15,00-16,00 - 17,00-18,00 Orari partenze escursioni:
Escursioni in italiano:
(giovedì ore 21,00 solo su prenotazione raggiungendo un minimo di 5 persone)
Escursioni in inglese:
10,00-12,00-14,00-16,00-18,00
(giovedì ore 21,00 solo prenotazione raggiungendo un minimo di 5 persone)
Per gruppi inferiori a 10 persone non è necessaria la prenotazione.
Escursioni in altre lingue, gruppi o escursioni fuori dagli orari di apertura solo su prenotazione.
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