Videogiochi – 30 anni fa la grande crisi

Creato il 08 ottobre 2013 da Molipier @pier78
Macbeth vedi altri articoli 08 ottobre 2013 18:45

Sono uno di quelli che, quando pensa agli anni ’90, dice ancora “ah si, mi ricordo…erano 10 anni fa più o meno“. Eppure il tempo è volato e siamo arrivati al 30° anniversario della grande crisi che investì il mondo dei videogiochi, allora dominato da compagnie principalmente americane ed europee, e che mise a repentaglio l’esistenza stessa del passatempo che oggi è famoso in tutto il mondo.

La grande crisi dei videogiochi – Atari ed il mercato americano

Era il 1983 quando si verificò un improvviso crollo del mercato dei videogiochi: in quel periodo era dominante la console Atari 2600 (prima console della storia ad aver avuto larga diffusione con circa 30 milioni di unità vendute) ed il mercato americano era il più evoluto, centro mondiale dello sviluppo dell’intrattenimento videoludico.

La scossa arrivò a seguito di scelte commerciali sbagliate e soprattutto per l’enorme quantità di prodotti di pessima qualità che vennere introdotta durante il periodo di massima co-esistenza di console: erano infatti presenti ben 12 sistemi di intrattenimento oltre al già citato Atari 2600 (per citarne alcuni: Colecovision, Magnavox Odyssey2, Mattel Intellivision) ed era quindi presente un’eccessiva frammentazione del mercato.

Oltre a questo, a seguito del boom dei videogiochi degli anni immediatamente precedenti, si buttarono sul mercato considerato in espansione e con alte probabilità di guadagno un gran numero di case produttrici sia di software che di hardware con poca esperienza. Il risultato fu disastroso per l’industria delle console, con l’invasione di un’ondata di giochi di bassissima qualità che dirottarono gran parte della clientela verso l’emergente mercato degli home computer (primo fra tutti il modello Commodore 64).

Agli albori dell’era informatica sembrava una scelta molto più sensata utilizzare un home computer piuttosto che una console di bassa qualità, dato che oltre ai giochi superiori sia di grafica che di sonoro era possibile utilizzare anche programmi di scrittura e di contabilità utili per la famiglia: questo duello impari si risolse con una guerra di prezzi selvaggia che creò situazioni imbarazzanti, ad esempio il prezzo dei giochi per console che ebbe un vero e proprio crollo (si parla di 4,95 dollari per un gioco nuovo) rendendo di fatto inutile investire ulteriormente su questo settore di intrattenimento.

La sepoltura dei videogiochi

La crisi culminò nel Settembre 1983 con un evento rimasto famoso nella storia dei videogiochi: Atari, ritrovatasi con circa 4 milioni di cartucce invendute di giochi come E. T. The Extraterrestrial (considerato uno dei peggiori giochi della storia) più un numero imprecisato di altri prodotti (si parla di centinaia di migliaia) prese una decisione drastica per svuotare i magazzini da tutta quella produzione assolutamente invendibile.

Durante varie nottate tra il 10 Settembre ed il 20 Settembre 1983 vari rimorchi ed autoarticolati provenienti dal magazzino Atari di El Paso, al confine con il Messico, scaricarono enormi quantità di materiale nella discarica di Alamogordo sopra alla quale venne poi colato del calcestruzzo (evento rarissimo all’epoca).

Molto si è speculato su questo evento, al punto di renderlo quasi una leggenda urbana tesa ad innalzare la drammaticità del periodo che viveva l’industria videoludica. Atari negò fermamente l’azione di cui abbiamo parlato, ma molte notizie contrastanti con le versioni “ufficiali” trapelarono da vari dipendenti della compagnia negli anni seguenti.

Conseguenze: lo spostamento del baricentro

La crisi creò un vuoto totale di evoluzione del mercato videoludico per alcuni anni, dando spazio all’epoca d’oro dei videogiochi arcade (con conseguente boom economico delle sale giochi, che si moltiplicarono in quel periodo). Una delle principali variazioni a lungo termine fu lo spostamento del dominio del mercato che passò saldamente nelle mani del Giappone, egemonia che mantenne fino alla prima metà degli anni 2000.

Imparando dagli errori del passato Nintendo e SEGA iniziarono una dura, seppur rispettosa, competizione per il dominio del risorto mercato delle console casalinghe: Nintendo adottò una misura di controllo dei giochi provenienti da sviluppatori esterni, limitandone il numero e consegnando nelle mani degli sviluppatori stessi tutti i rischi economici derivanti dalla creazione di prodotti scadenti, in modo da garantire l’uscita di videogiochi di alta qualità.

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