Videogiochi violenti e comportamenti violenti: quale legame?

Da Quipsicologia @Quipsicologia

La recente strage nella scuola elementare di Newtown, nel Connecticut, commessa da Adam Lanza, appassionato videogiocatore di Call of duty, ha riacceso il dibattito sul legame tra videogiochi violenti e comportamenti violenti. L’orrore e lo sgomento per un fatto che si fa fatica a spiegare stanno creando negli Stati Uniti una ennesima caccia alle streghe, perché per molti è assodato che, se avviene una sparatoria, è colpa dei videogiochi.

Così, a Southington, altra cittadina del Connecticut, un gruppo di organizzazioni riunitesi sotto il nome di SouthingtonSOS sta attuando un progetto di recupero dei videogiochi violenti, videogiochi che sabato prossimo, il 12 gennaio, verranno distrutti sulla pubblica piazza.

Eppure, non è provato che i videogiochi violenti siano la causa diretta di comportamenti violenti. Le varie analisi condotte da istituzioni governative e non, in Europa e in Australia, sono giunte tutte a questa conclusione.

I videogiochi violenti ti rendono violento

Quello sul legame tra videogiochi violenti e comportamenti violenti è un dibattito che dura da decenni e che non accenna a mitigarsi. Di fatto, all’interno della comunità scientifica internazionale, sono due i punti di vista rispetto agli effetti dei videogiochi violenti sul comportamento.

Da un lato ci sono studiosi come lo psicologo statunitense Craig Anderson che ritengono che i videogiochi violenti causino violenza, perché insegnerebbero ai giocatori come essere violenti e ne rinforzerebbero le tendenze aggressive.

In modo meno estremo, diversi studi descrivono il rapporto tra videogiochi e comportamenti violenti in maniera più frastagliata. In particolare, una persona che gioca a videogiochi violenti avrebbe una probabilità di sviluppare comportamenti violenti più alta di chi non ci gioca se:

  • è di sesso maschile;
  • ha un disturbo di personalità, ad esempio un disturbo della condotta;
  • ha un disturbo da deficit di attenzione;
  • ha patito esperienze traumatiche;
  • ha una bassa autostima.

In presenza di questi fattori, i videogiochi violenti potrebbero spingere a comportamenti violenti.

Detto altrimenti, quando si amalgamano con una personalità preesistente che era già problematica, i videogiochi violenti potrebbero contribuire a rendere la persona che li gioca più aggressiva di quanto non sia già di suo, più propensa a pensare che gli altri abbiano intenzioni ostili nei suoi confronti e meno capace di empatia e di sensibilità verso chi soffre: in generale, i videogiochi violenti amplierebbero la tendenza alla deumanizzazione, cioè a percepire gli altri più come oggetti inanimati e insensibili che come esseri umani vivi.

Nessun legame tra videogiochi violenti e comportamenti violenti

Dall’altro lato studiosi come Christopher Ferguson, altro psicologo statunitense, ritengono che l’effetto che i videogiochi violenti possono avere sul comportamento sia nullo o addirittura positivo. Questo perché i videogiochi permetterebbero di sperimentare l’aggressività in un contesto virtuale, senza nessuna conseguenza sul piano della realtà.

Gli studi che non hanno trovato una connessione tra videogiochi violenti e comportamento violento sono numerosi tanto quanto quelli che hanno invece suggerito tale connessione. In quest’altra prospettiva, i fattori che spingerebbero a un comportamento violento sarebbero:

  • l’influenza dei coetanei che delinquono;
  • genitori e figure adulte di riferimento che esercitano violenza psicologica;
  • tratti antisociali di personalità;
  • depressione.

Il comportamento violento deriverebbe dunque non dai videogiochi violenti, ma da fattori personali e da fattori relazionali.

L’illusione di capire

Violenza e aggressività sono fenomeni complessi. Spiegarli ipotizzando che la causa diretta siano i videogiochi è alquanto riduttivo: è un’ipotesi che non ha basi scientifiche salde e che cozza contro l’evidenza che la stragrande maggioranza delle persone appassionate di videogiochi violenti non commette omicidi ed è capace di distinguere tra il mondo di un videogioco e la realtà.

Sostenere che i videogiochi violenti causino di per se stessi comportamenti violenti è un’ipotesi che però dà l’illusione di avere trovato il bandolo della matassa, la soluzione che eviterà stragi nelle scuole o altrove. E chi la pensa in questo modo continuerà a ignorare che tra chi ha commesso stragi – certo, con le eccezioni ad esempio di Lanza a Newtown o di Breivik a Oslo – la passione per i videogiochi violenti è di solito bassa. Continuerà a ignorare che il MOMA di New York ha deciso di includere, a partire dal marzo di quest’anno, videogiochi come Snake, Donkey Kong e Portal nella collezione permanente di Architettura e Design, ritenendoli una forma d’arte.

Per approfondire

Australian Government  - Attorney General’s Department (2010). Literature review on the impact of playing violent video games on aggression.

Swedish Media Council (2011). Violent computer games and aggression – an overview of the research 2000-2011.

 

Photo Credit: morgueFile

Rosalia Giammetta, psicologa e psicoterapeuta, è responsabile dell’area prevenzione dei comportamenti a rischio in adolescenza per l’associazione PreSaM onlus. Nell’ambito dell’educazione alla salute e della peer education, ha condotto numerose attività di formazione e ha pubblicato il volume L’adolescenza come risorsa. Per saperne di più, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli.

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