Per violenti la legge intendeva quei giochi che fanno vivere ai giocatori situazioni in cui si uccide, si mutila, si smembra o si assale sessualmente un’immagine di essere umano, in un modo offensivo, deviante o morboso e in assenza di qualsivoglia valore letterario, artistico, politico o scientifico. La pena prevista per i venditori era di 1000 dollari.
Le motivazioni della decisione della Corte Suprema sono diverse. Una è che le rappresentazioni della violenza non sono soggette a regolazione governativa. D’altra parte, osservano i giudici, anche le favole dei fratelli Grimm sono feroci e violente, ma nessuno ha mai pensato di proibirle.
Inoltre, come osserva uno dei giudici, non vi sono dubbi che uno stato abbia il legittimo dovere di proteggere i bambini, ma questo non deve comportare la limitazione delle idee alle quali i bambini possono essere esposti.
In ogni caso, secondo molti ricercatori non è stato mai dimostrato che i videogiochi violenti provochino danni psicologici o neurologici nei bambini, né che li rendano più aggressivi e più portati a far del male ad altri.
Il senatore firmatario della legge californiana ha commentato che “la Corte Suprema, ancora una volta, ha anteposto gli interessi delle aziende a quelli dei nostri figli”. Da notare che ogni anno negli USA vengono venduti videogiochi per uso domestico per oltre 10 miliardi di dollari.