Videolettera aperta per l’opinione pubblica

Da Saporireclusi

A scrivere, Giuseppe e Carmelo, due dei tanti detenuti che “sono causa” e incrementano la drammatica situazione di sovraffollamento delle carceri italiane.

Vergogna!! E’ la parola a cui abbiamo deciso dare il nostro significato.E’ quanto proviamo, pensando a Noi. Perché ora siamo finalmente e perfettamente consapevoli di quanto commesso. Degli errori e danni arrecati in primis a chi le ha subite e di conseguenza alla società, lo stato e le nostre amate famiglie, che per noi desideravano la normalità, fatta di impegno nello studio di una vita serena e un lavoro onesto.

Dispiaciuti e offesi con noi stessi, per aver male utilizzato quel poco di intelligenza donataci dal buon Dio.

Voi Opinione Pubblica vi chiederete il perché di queste affermazioni. Semplice! Perché ci siamo posti una precisa domanda e dati una risposta: Può un “carcerato” riuscire a cambiare il suo errato modo di pensare, di agire, vivere, insomma modificare in maniera sincera e significativa il suo aver sbagliato?

Per noi la risposta è: assolutamente SI!!

Una vera rinascita, che può attuarsi solo però dopo aver analizzato consapevolmente la propria esistenza e scavando con coraggio nel più profondo del proprio io.

Presupposto indispensabile di questo percorso è l’onestà verso se stessi coniugata alla disponibilità a individuare gli errori commessi, il motivo è la totale assunzione delle proprie responsabilità. Quindi da un evento fortemente drammatico come il carcere è scaturita in Noi avendo sbagliato, si può viverli come riferimenti fondamentali della nostra esistenza.

Siamo giunti a capire che l’uomo non ha solo bisogno di soldi, auto, beni di consumo, ma soprattutto di conoscenza, di verità, di giusta giustizia, di amore e incontri e confronti per crescere in umanità. Solo così si può costruire “l’uomo nuovo” veramente degno di questo nome. Il male consiste infatti, non tanto nel non cadere, ma nel sapersi rialzare.

Ritrovare la forza del dominio di se per strapparsi al male è una grande vittoria, una conquista determinante che consente finalmente di essere in pace con se stessi e con gli altri.

Ma per creare “uomini nuovi” non basta solo la nostra vergogna, serve che l’opinione pubblica superi l’emarginazione totale e prolungata verso noi carcerati.

Preoccuparsi meno di sprecare denaro per costruire nuove carceri perché la chiave non è simbolo di sicurezza, è adoperarsi di più nel formare nuovi operatori, educatori e di aggiornare gli attuali, già capaci e adatti a collaborare per la ricostruzione di personalità più umane e per la loro risocializzazione.

Non aver paura di introdurre i cittadini nelle comunità di colpevoli e di concedergli di ritornare gradualmente nella comunità umana, con obblighi non venatori, ma educativi e costruttivi. Tutta la comunità deve partecipare a questo lavoro di bonifica incominciando a recuperare certi valori indispensabili per prevenire e arginare la delinquenza. E’ indispensabile rinnovare il codice penale, con nuove leggi che tutelino e siano garanti dei diritti costituzionali. In Italia vige ancora il codice penale fascista approvato il 19 ottobre 1930.

Dostoevsky scriveva: ” Il livello di civiltà di un paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri”

Nei fratelli Karamazov un ulteriore profondo pensiero citava: “Se c’è qualcosa, anche al nostro tempo che preserva la società è correggere il delinquente stesso, facendone un altro uomo. E’ ancora sempre e unicamente la legge di Cristo, che si esprime nel riconoscimento della propria coscienza solo dopo aver riconosciuto la propria colpa come figlio della famiglia di Cristo, egli riconoscerà la sua colpa anche al cospetto della stessa società.”

E anche la religione è da considerare uno tra gli elementi del trattamento rieducativo del detenuto.

La parola “carcere” evoca castigo, punizione vendetta sociale, rifiuto ed emarginazione.

E’ l’azione legale che estirpa alla radice la pianta cattiva, per non infestare quelle buone. Purtroppo non è così!

Non sempre i cattivi hanno avuto la capacità di scegliere da che parte poter stare.

Perciò non è con leggi esclusivamente repressive o con l’inasprimento delle pene, che si combatte la delinquenza, bensì con il garantire una politica sociale più rispondente ai bisogni veri della gente, che contenga quei presupposti capaci di scoraggiare la delinquenza e di combattere le cause, perché nessuno è immune e tutti possono finire in prigione.

Giuseppe Gremo e Carmelo La Rosa



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