10 agosto
Tallin mi fa una impressione diversa al ritorno forse per la enorme quantità di gente, qui per le tratte nordiche delle crociere, forse perché torniamo da Helsinki. E’ una città bellissima, sì, con un centro storico incredibilmente affascinante che paga però il fatto di essere così piccolo e non abitato da persone vere. Prediamo un tram allora e ci dirigiamo verso il Kumo, Museo di Arte Contemporanea, immerso in un parco verdissimo con case basse e persone vere. E’ una zona bella ed interessantissima, un’ulteriore faccia di una città a metà tra la Russia, l’Europa medievale e la Finlandia.
Sulla strada del ritorno costeggiamo vecchie fabbriche rimesse a nuovo, un distretto creativo con ristoranti, locali e negozi. La sera imbocchiamo un stradina che costeggia i bastioni della città vecchia, ricoperta di antiche lapide funerarie. Riesco di nuovo a sintonizzarmi con Tallin, un buon saluto prima di scendere ancora più a sud.
11 agosto
12 agosto
Piove forte su Riga e il nostro ultimo giorno scorre lentissimo anche per la stanchezza che inizia a farsi sentire. Per oggi va bene così tra il duomo, il museo nazionale e quello dell’oppressione e qualche negozietto. La giornata scorre lenta a vedere la pioggia cadere dietro i vetri di un ostello piacevole da vivere per qualche momento sui divani e sulle poltrone sacco. E scorre lenta anche per la sveglia presto del giorno dopo quando scenderemo ancora, ancora più giù. Vilnius: città di arrivo, città di partenza. Specularmente.
13 agosto
Vilnius. Dieci giorni dopo è un po’ Abano Terme, piena di italiani con pantaloni corti colorati e maglione sulle spalle. Vilnius dieci giorni dopo è probabilmente la città del baltico con la più alta concentrazione di matrimoni in un solo pomeriggio. Vilnius dieci giorni dopo è calda stranamente. Tagliamo il centro in due per salire sulla collina di Uzupis, la repubblica della felicità come recita la costituzione affissa sul muro, a metà tra Christiania e Montmartre, in realtà e molto più semplicemente un quartiere diviso in due: da un lato case belle e di ex fricchettoni probabilmente, dall’altro case di legno, cadenti, fabbriche chiuse con le finestre murate che arrivano fino all’autostrada; il tutto a ridosso di parco sereno e tranquillo, con l’accademia di belle arti alla quale si accede solo superando un ponte, un fiume da percorrere in canoa, ragazzi che ballano, fidanzati che si baciano.
Cena in un localino che ci era piaciuto il primo giorno, chiacchieriamo tranquilli mangiando formaggio speziato prima dell’arrivo dell’essensimo gruppo di ragazze che festeggia l’addio al nubilato dell’amica vendendo baci e preservativi e di lituani ubriachi e urlanti.
Piove fortissimo di notte mentre prima di addormentarmi ripenso ai chilometri fatti alle cose viste, agli odori, ai colori e alle parole.
14 agosto
Restiamo sempre un po’ in silenzio quando stiamo andando via da un posto per ritornare in Italia. Più di dieci giorni eppure sembra un mese, eppure sembra ieri: banale, banalissimo sentire mentre ripercorriamo la brevissima strada verso l’aeroporto. E poi ci sono io che ho provato a parlare un po’ di russo, che ho letto le scritte in cirillico e questa volta non tutte le parole mi sono morte dentro, piccolo premio per gli sforzi fatti in due anni. Ci sono la pioggia fredda e il vento di Helsinki, le facce e le espressioni che cambiano da una città all’altra. E poi ci siamo noi ancora più in alto, ancora più ad est che continuamente ci mettiamo alla prova, che perfettamente coincidenti guardiamo nelle stessa direzione, che sia un fregio da notare, una sfumatura del cielo, una persona che cammina. Una decisione da prendere anche quando non si tratta solo di viaggiare.
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