Vincitori e finalisti del Contest di poesia e prosa “La Stagione dei Papaveri”

Creato il 18 ottobre 2014 da Alessiamocci

Si è conclusa il 2 luglio a mezzanotte la possibilità di partecipare al Contest Letterario di poesia e prosa gratuito “La Stagione dei Papaveri” promosso da noi di Oubliette Magazine e dall’autrice Delia L. Sant.

Una competizione a suon di parole e versi che ha visto 105 partecipanti nelle due sezioni poesia e racconto breve. La giuria (Alessia Mocci, Delia L. Sant, Rebecca Mais, Irene Gianeselli, Cristina Biolcati, Maila Daniela Tritto, Katia Debora Melis) ha decretato i 14 finalisti, resi noti qualche giorno fa sul canale facebook di Oubliette Magazine.

Oggi, vi presentiamo i quattro vincitori  del contest che riceveranno a casa una copia del romanzo di Delia L. Sant, edito per la casa editrice Rupe Mutevole Edizioni per la collana editoriale “Trasfigurazioni” in collaborazione con Oubliette Magazine.

Tutte le opere partecipanti possono essere lette cliccando QUI.

FINALISTI

Sezione A, racconto breve

Domizia Moramarco con “Ancora non riesco a dimenticare l’ultimo papavero rimasto in quel campo di grano”

Loriana Lucciarini con “Speranza di arcobaleno”

Angelo Cosentino con “Mio nonno”

Valerio Nasetti con “L’onda e il mare”

Marco Bertoli “Ignoto”

Andrea Pieto con “Davanti al gatto”

Alberto Castrini con “Speranza”

Sezione B, poesia

Gianfranco Corona con “Papaveri al sole”

Danilo Breschi con “Se Itaca è un ritorno”

Gemma Peitre con “Presagi”

Francesca Ghiribelli con “Oro Rosso”

Tania Scavolini con “Petali rossi sparsi”

Sandra Ludovici con “Donna”

Filippo Salvatore Ganci con “Settembre”

VINCITORI

Domizia Moramarco con “Ancora non riesco a dimenticare l’ultimo papavero rimasto in quel campo di grano”

Marisol aveva appena diciotto anni e vagava di sera per la città. Mi aveva raccontato che da piccola un parente aveva abusato di lei e da allora, ogni volta che qualcuno si metteva sul suo corpo, lei chiudeva gli occhi e immaginava di trovarsi in un campo di grano, fra papaveri rossi mossi dal vento. Poi, quando tutto era finito, si ritrovava fra le mani frammenti di petali di quei fiori. Mi piaceva credere a questa piccola magia e mi sembrava di sentirlo il velluto dei papaveri scivolarle sulla pelle delle mani mentre imprimevano all’interno delle pieghe sfumature di un intenso scarlatto. Quelle tracce di colore racchiudevano tutto il suo dolore, regalandole per pochi istanti un evanescente sollievo.

E una notte il suo corpo sussultò per l’ultima volta. E sulle sue labbra si disegnarono per sempre enigmatici disegni purpurei.

Seguendo l’auto dove era rinchiuso il suo feretro, scorsi fra il bagliore del sole accecante di quella mattina d’estate, una corolla vermiglia piegata dal vento. Mi mancò il coraggio di cogliere quel fiore solitario. Se lo avessi fatto, fra le mie mani sarebbe appassito l’ultimo ricordo di Marisol.

Marco Bertoli “Ignoto”

Tante volte mi hanno chiesto perché ho chiamato Angelo il nostro primogenito…

Sono nata sotto una dittatura e adesso passeggio libera per questa piazza, mai come oggi davvero “dei miracoli”. Il sole d’inizio settembre è una calda promessa di vita nuova.
Un gruppetto di soldati in divisa verde oliva è in posa scanzonata davanti a un commilitone armato di macchina fotografica. Un sibilo infrange l’allegria della scena, spargendo brividi di morte. I militari ne riconoscono subito l’origine: si sparpagliano come passeri spaventati dalla picchiata di un gheppio. Si tuffano a terra, braccia a stringere gli elmetti.
Il fotografo mi urla suoni vuoti di significato e tuttavia chiari nell’avvertimento, ma le gambe sono ghiaccioli inerti.
Il giovane corre verso di me. Mi butta sul prato, riparandomi con il corpo ossuto.
Il morso assassino del nemico sconfitto azzanna invano erba e zolle di terriccio con un rombo che annebbia la coscienza.
Una mano sudata, eppure sicura, mi rimette in piedi. Un volto ricamato di lentiggini mi sorride. Labbra sbarazzine mi schioccano un bacio in fronte.
Un ufficiale sbraita. Il mio angelo custode raggiunge i compagni e salta sopra un camion prima che possa ringraziarlo.
Chissà come si chiama.

Sandra Ludovici con “Donna”

Donna,
dai tremori supini e dal silenzio di carne,
sbocci con braccia di mimosa.
Nella solitudine del tuo cielo,
intrecci gioie affilate e fossili del muto dolore,
mela di vita morsicata.
Rigeneri sul sogno duro,
nata tra le nubi e bagnata di luce,
purezza d’un vuoto azzurro.
Respiri umore d’erba,
allunghi le radici dell’anima nel soffio di terra.
Polverizzi incanti sospesi,
esisti nel sapore di piombo dell’amore divorato.
Succhi i ricordi dell’età,
le ferite dei giorni e delle notti,
vene d’ansia senza equilibrio.
Giri la chiave ossidata del tempo,
cerchi le memorie al portale,
un vento di tempesta tra le macerie fumanti.
Canti i cenci dello spirito,
colomba dall’incauto tubare,
profumo di primavera nutrito di speranza.
Donna,
dai tremori supini e dal silenzio di carne,
accogli l’esausto orgoglio della tua ultima festa.

Filippo Salvatore Ganci con “Settembre”

 Nello sfumare di stagione
raduna gli ultimi tepori
in graduati rossi indefiniti
a delinear orizzonti blu
di mari nervosamente tristi
come in ultimo commosso saluto
di commiato all’amore che và.

Imbevuta or l’aria
d’ odor di mosti -chiude-
nel cassetto dei ricordi
quelli di salsedine
e l’ultimo raggio di sole
illumina la vigna
spoglia del suo frutto.

È tempo di calde memorie
che accendono l’animo
da un freddo cielo bigio
al calar della sera;
un raggio di luna -illumina-
il cader di foglia d’un albero
che rivela al cuor mio
l’autunno

I vincitori saranno contattati via email per l’invio del premio.

Complimenti ai vincitori, finalisti e partecipanti!

Per pubblicare con Rupe Mutevole Edizioni invia un’e-mail (info@rupemutevole.it) alla redazione inviando il tuo inedito, se vuoi pubblicare nella collana “Trasfigurazioni” con la collaborazione di Oubliette Magazine invia ad: alessia.mocci@hotmail.it

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