Titolo: Viola
Autore: Pervinca Paccini
Editore: Autodafé
Anno: 2012
“Ci accusavano di essere violenti, ma la violenza la si respirava ovunque: nella miseria dei quartieri popolari, nella fatiscenza delle scuole, nelle fabbriche in cui non esistevano diritti. Se è vero che eravamo violenti, è pur vero che subivamo la violenza, ogni giorno.
Milano in trincea. La strategia della tensione procurava vittime e inventava colpevoli: anarchici ballerini in prigione; anarchici “suicidi” in modo grottesco. Il bandolo della matassa si è poi dipanato conducendo ai servizi segreti; un bandolo nero dal sapore di colpo di stato e di corruzione. Si moriva in questa città che viveva nelle fabbriche, nelle scuole, nei mercati, nei quartieri, in quella cultura che non vendeva fumo ma regalava utopie”.
Foto sbiadite, ritagli di giornale, ricordi sospesi, pagine da scrivere e storie interrotte.
Viola e Giulia, due sorelle legate dalla vita e divise dalla morte. Il ricordo dell’una rivive nelle paure dell’altra la cui esistenza è impressa – immobile - in una foto di trent’anni prima, quando gli ideali ancora scandivano i giorni e le passioni. Studentesse in una Milano del passato, partecipata e consapevole, con le sue vie, le osterie, le aule dell’università e le case occupate, Viola e Giulia ci raccontano – attraverso la loro diretta esperienza - un periodo storico controverso, intenso, violento e necessario nella sua drammaticità.
Poi la morte improvvisa di Viola sfuggita alla vita per circostanze rimaste ignote che, nella Milano di oggi, la sorella Giulia e - attraverso di lei - i compagni di quel passato, cercheranno di ricostruire.
La verità affiorerà lentamente, incalzante, drammatica come un’immagine che dall’oscuro abisso delle acque risale, dapprima confusa e poi nitida, alla superficie.
Il dolore di esperienze passate rivivrà - grazie anche all’aiuto di Gabriele - nel cuore e nella mente di Giulia, la quale potrà finalmente ricollocare nel giusto ordine gli eventi di quei giorni concitati.
“E allora riprendeva la vecchia foto. Gli occhi azzurri, accesi di vita, dell’una si confondevano con quelli verdi e profondi dell’altra, ingarbugliando i miei sentimenti in una confusa nostalgia”.
La scrittura di queste pagine ben si presta alla delicatezza ed alla profondità della vicenda umana narrata. Tradisce una partecipazione consapevole a quei giorni che la stessa autrice, nata e vissuta a Milano, deve aver vissuto con attenzione e curiosità. La Milano dei primi anni Settanta, così lontana da quella distratta e individualista di oggi, è rivissuta e tratteggiata – insieme ai suoi protagonisti - con straordinaria sensibilità.
“Nessun litigio avrebbe potuto qualcosa contro quel legame fatto di infanzia, di giochi e di scherzi, di dolci natalizi, di paure che spingevano a dividere nelle lunghe notti invernali lo stesso lettino, quel legame che sarebbe andato oltre tutte le offese, oltre tutte le incomprensioni. Quel legame indifferente perfino alla tristezza e alla gioia, talmente invisibile che la morte gli sarebbe passata accanto senza scorgerlo. Quel legame che sarebbe andato oltre”.
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