Violenza sulle donne. Donne invisibili.
Mercificazione del corpo femminile.
“Le donne che amano se stesse sono un pericolo per l’ordine sociale”
Naomi Wolf
Naomi Wolf è una sociologa americana laureata all’università di Yale. Nel 1990, poco dopo la laurea, stupì il mondo con un best seller internazionale, “The Beauty Myth”, Il Mito della Bellezza. Nel libro sostiene che nella cultura occidentale la forma più efficace di controllo sociale sulla donna avvenga attraverso la creazione del mito della bellezza. Questo mito costringe la donna ad investire tanto tempo, denaro ed energie nella ricerca della bellezza, tanto da non lasciarle la forza di competere, sul lavoro e in altri campi, con l’uomo.
http://en.wikipedia.org/wiki/Naomi_Wolf
In questo lavoro mi ero prefissa di portare l’attenzione sui messaggi sociali contro la mercificazione del corpo femminile; volevo indagare sul grado di consapevolezza dell’abuso del corpo delle donne, messo in atto dai media, da parte delle istituzioni di potere, siano esse pubbliche o private. Volevo inoltre evidenziare le eventuali strategie da queste utilizzate per sensibilizzare l’opinione pubblica verso questo problema. Purtroppo, non ho trovato, da parte degli organismi di potere, alcuna campagna di sensibilizzazione degna di nota; ciò porta a pensare che questo svilimento del corpo femminile e conseguente degrado intellettuale, siano divenuti un modo di essere ormai talmente radicato nella quotidianità da apparire comportamento naturale, inconsapevole e quindi tanto più dannoso. Al contrario, nel web, attraverso i blog e su Facebook, il dibattito è molto acceso; vi sono, infatti, numerosi interventi ed iniziative al riguardo. Tutte le campagne che ho analizzato, tutte le iniziative portate avanti, sono frutto del lavoro di gruppi di donne instancabili che cercano disperatamente di svegliare le nostre coscienze; si tratta di campagne che, a volte, vogliono scioccare con la loro crudezza, per coinvolgere emotivamente uomini ed istituzioni verso un futuro di parità di generi che sia reale e non soltanto sbandierato. Ho evidenziato un unico difetto, non imputabile certamente alle autrici dei blog: il mondo di Internet è accessibile solamente ad una percentuale minima di utenti e la visibilità di alcune problematiche ne risulta fortemente penalizzata. Ho lavorato, perciò, evidenziando alcune di queste campagne, molte delle quali forniscono dati e spiegazioni molto esaustive del problema; i filmati sono lunghi, i documentari pure; io penso che questa sia stata proprio una scelta comunicativa in quanto spesso un breve spot non è sufficiente ad attirare l’attenzione verso quello che dai più non è vissuto come un problema.
Vorrei introdurre l’analisi sull’argomento portando all’attenzione l’illuminante articolo di Antonella Randazzo, autrice del libro “Dittature: la storia occulta” per www.disinformazione.com in cui l’autrice evidenzia come i media occidentali denuncino i comportamenti discriminanti contro la donna presenti nella cultura islamica. Al contrario, nel suo articolo, ci dimostra come anche la cultura occidentale sia da porre sullo stesso livello per quanto riguarda la violenza contro le donne. I nostri soldati occidentali, infatti, adottano un comportamento d’inaudita violenza contro le donne di quei Paesi che occupano, o meglio, che “aiutano”. Nel suo articolo parla di schiavitù, di sfruttamento sessuale o lavorativo, in Africa, Asia e Medio Oriente. Si tratta di truppe occidentali o mercenarie al soldo delle corporation o delle banche che creano gravi contesti di distruzione e miseria. Accusa la globalizzazione di aver impoverito molti Paesi, causando la tratta e la riduzione in schiavitù delle donne, adescate con promesse di posti di lavoro. Nel mondo ricco la donna subisce anche un altro genere di discriminazione e di violenza, subdola e strisciante, per questo pericolosissima. “La cultura islamica nasconde la donna e la isola socialmente, mentre la cultura occidentale la denigra facendola apparire una merce, un oggetto sessuale. Entrambe culture maschili e maschiliste che temono gli aspetti femminili dell’essere umano, come l’intuito, la crescita emotiva e la creatività “.
Foto sedere e donna velata
Secondo l’autrice viene messo in atto, da parte dei media occidentali, un martellamento mediatico che ha lo scopo di far sentire le donne fisicamente inadeguate proponendo nelle pubblicità solo donne perfette; la conseguenza di ciò è una proliferazione in tv di proposte di interventi di chirurgia plastica correttiva, di diete ecc. Sempre secondo la Randazzo, sarebbero 3milioni le persone che in Italia soffrono di anoressia o bulimia di cui il 95% donne. “ In Italia proliferano i concorsi di bellezza,……Gli spettacoli televisivi che ci mostrano donne poco vestite, che vengono utilizzate per la loro avvenenza. Da anni siamo abituati all’esistenza di programmi in cui sono presenti una o più figure femminili che si offrono alla vista ma non hanno alcun ruolo né competenze professionali……sono diventate sempre più lontane dalle donne reali…..”
Questo tipo d’informazione è molto esaustiva e partecipativa ma, purtroppo, molto elitaria e rivolta ad un pubblico che ha già sviluppato un’attenzione al problema.
La pubblicità come teatro.
“I testi pubblicitari forniscono una sorta indice di raccontabilità della collettività a cui si rivolgono. La pubblicità rivela desideri, paure, tabù, miti e valori di una società che cambia velocemente. Diviene quasi un’autorappresentazione della società stessa”.
G.Gadotti, R. Bernocchi, “La Pubblicità Sociale”
Partendo da questa prospettiva visuale possiamo provare ad analizzare gli spot pubblicitari, sia quelli commerciali sia quelli sociali i quali, per veicolare i loro messaggi, utilizzano le donne e tendono ad evidenziare il corpo femminile con scopo mercificatorio.
Il nostro Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, certamente non ha con le donne un rapporto paritario ma, al contrario, contribuisce a veicolare un’immagine della donna italiana di bambolina consenziente, di oggetto di trastullo, come di una decorazione su una torta. Possibilmente commestibile; e ciò è tanto più grave trattandosi di un personaggio pubblico alla guida di un Paese.
Inserire video gaffe Berlu
Queste immagini parlano da sole e sono anch’esse riportate nei blog, che contrastano fortemente questo tipo di comportamento; mostrarli in maniera critica ha lo scopo di ottenere che essi non vengano osservati con occhi resi indifferenti dall’abitudine. Purtroppo, molti di questi video possono essere recepiti autonomamente su You Tube, al di fuori del contesto critico dei blog per cui tutti gli spunti per una loro nuova interpretazione cadranno nel vuoto.
Euronews, in un servizio di qualche giorno fa, metteva in evidenza il fatto che in Italia vi sia stata, in questi ultimi 20 anni, una particolare accelerazione dell’oggettivazione della donna, ridotta ad una immagine puramente ornamentale, ad apparire un corpo bello e non pensante.
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Anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sentito la necessità d’intervenire contro la mercificazione del corpo femminile in occasione del discorso tenuto al Quirinale per la Giornata Internazionale della Donna, l’8 Marzo. “Credo che per raggiungere una parità sostanziale sia necessario incidere essenzialmente sulla cultura diffusa: sulla concezione del ruolo della donna, sugli squilibri persistenti e capillari nelle relazioni tra i generi, su un’immagine consumistica che la riduce da soggetto ad oggetto…”
Introdurre link del discorso
E’ bene sottolineare, ancora una volta, che le reazioni alla pubblicità mercificatoria non seguono i canali consueti della pubblicità televisiva che utilizza spot e cartelloni da affissione. Tutto ciò non è previsto. Le Istituzioni di potere non hanno interesse a che la situazione cambi. Questa protesta è riservata ad altre vie di comunicazione che sono varie e complesse, rappresentate da inchieste giornalistiche come quella di Euronews, da alcuni programmi televisivi come “Otto e mezzo” o “Le invasioni barbariche” o per mezzo di documentari veri e propri come “ Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo.
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Nel maggio 2009 Lorella Zanardo ha messo in rete un documentario che aveva lo scopo di aumentare il livello di consapevolezza sull’utilizzo del corpo delle donne nella Tv italiana. Questa iniziativa ha rappresentato l’inizio di un cambiamento e un impulso che ha portato le donne a riguadagnare centralità nelle scelte e a provare a misurare la forza che esse hanno nel tessuto sociale e culturale del nostro Paese. Questo documentario porta le nuove generazioni ad uscire dagli stereotipi costruiti dai media intorno al corpo delle donne mettendo a fuoco gli strumenti che permettono di guardare la Tv con una nuova consapevolezza. Dichiara la Zanardo: “ Spegnere la Tv oggi non serve, il vero atto innovativo è guardarla. Insieme a chi normalmente la guarda”.
Per quanto riguarda i blog, ve ne propongo alcuni che ho trovato molto attivi ed attenti a cogliere ogni sfumatura del problema. Le campagne che vengono intraprese rappresentano veramente una nuova porta da aprire per le donne e contribuiscono in maniera notevole a creare consapevolezza e a dare informazione. Lo scopo finale è quello di condurre tutte le donne ad una vera presa di coscienza del fatto che si è, al di là dell’apparire.
Un esempio è rappresentato dal blog. http://vitadastreghe.blogspot.com/ in cui, tra le altre numerose iniziative, viene riportata una critica, fatta attraverso una mailbombing, da Francesca Sanza di Donne Pensanti (inserire link), portata avanti in maniera molto convincente e condivisibile, ad una campagna attraverso un cartellone pubblicitario presente in alcune città italiane, utilizzato dalla società Digigraphica.net (inserire link) per promuovere i propri servizi di stampa.
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L’immagine è svilente, il testo enormemente volgare con il suo carico di doppi sensi. Ancora più interessante, se così si può dire, è la risposta risentita e profondamente di genere del Signor Gabriele R., della soc. Digigraphica, che dimostra, al di là di ogni dubbio, di come il sentire comune sia ancora lontano dal liberarsi da certi modi di pensare inculcati forzatamente da una cultura oggettivizzante e consumistica, in particolar modo nei confronti delle donne. In buona sostanza, secondo il signor Gabriele, dovremmo prendercela principalmente con le donne che accettano di esporsi.
Vita da Streghe ha promosso anche la campagna “Io non ci sto agli stereotipi” che si propone di “ abbattere le gabbie degli stereotipi di genere presenti sui media per favorire la diffusione di una cultura e di una mentalità paritaria”
Inserire foto campagna
E stata inoltre diffusa, anche attraverso una Facebook Action, una lettera aperta ai mezzi d’informazione italiani, con un invito alla firma da parte di tutte le donne, per chiedere coerenza nelle scelte editoriali alle testate che difendono la dignità della donna.
Inserire foto Voyerismo? No grazie
Un’altra associazione che si occupa a tutto tondo delle problematiche legate alla condizione femminile è quella di Donne pensanti (inserire link). Ho voluto inserire questo video perché lo ritengo molto significativo in quanto offre una panoramica delle pubblicità che, continuamente ed assiduamente, tutti noi vediamo in tv in qualunque fascia oraria, anche in quelle cosidette protette. Che tipo d’immagine della donna si trasmette alle generazioni più indifese? Quale modello di società ugualitaria? Queste sono le domande che sorgono spontanee dopo la visione di questo collage di spot di varie e conosciutissime marche soprattutto di abbigliamento, molte delle quali sono un vanto del made in Itaily.
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Un’altra iniziativa molto centrata è quella rappresentata dai “Controcalendari”. Si tratta di calendari che mettono al centro donne che non possiedono solamente doti fisiche ma anche, e soprattutto, intellettuali. Uno di questi è il calendario dell’ ALI (Associazione Librari Italiani), “Le fate sapienti 9”. All’interno 12 scrittrici e donne di cultura, una per ogni mese. Si tratta di un’iniziativa molto ben pubblicizzata nel sito, con mappe ed elenco delle librerie dove comprare i calendari.
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Anche l’UDI (Unione Donne in Italia), oltre al calendario, ha istituito il Premio Immagini Amiche avviata l’8 Marzo 2010. Questo premio ha lo scopo di contrastare la tendenza della pubblicità e dei programmi televisivi ad abusare dell’immagine delle donne, utilizzata solamente per i suoi richiami sessuali.
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Lo scopo è educativo, nella speranza che vi sia spazio per un’altra cultura che restituisca alla donna un ruolo completo ed appagante. E’ promosso dall’UDI sede nazionale con la partecipazione dell’Ufficio Informazione del Parlamento europeo per l’Italia. Il Premio ha il patrocinio della Ministra per le Pari Opportunità Mara Carfagna e si ispira alla risoluzione del Parlamento Europeo votata il 3 settembre 2008 sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini. Lo scopo è quello di valorizzare una comunicazione per immagini che raggiunga efficacia senza utilizzare in maniera svilente ed offensiva il corpo femminile. La premiazione è avvenuta l’8 marzo 2001 ed è significativo il fatto per la categoria pubblicità stampa, nessun lavoro tra quelli pervenuti abbia meritato un premio.
Infine, sono fatti di cronaca recente le numerose manifestazioni che in questi ultimi mesi hanno infiammato le piazze italiane. Migliaia di donne, indipendentemente dal colore politico, sono scese nelle piazze di varie città italiane con lo slogan “Se non ora quando” a dire no all’oggettivazione della donna, a protestare contro una certa classe di potere, che trova la sua massima espressione nel Presidente del Consiglio, che pone la donna in una condizione d’immagine estremamente distruttiva e di forte degrado intellettuale, riproponendo tutti i vecchi stereotipi sulle donne e rendendo vane tutte le conquiste fatte finora riguardo la parità dei generi.
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Potremmo leggere queste manifestazioni, ancora una volta, come una rappresentazione teatrale che si svolge in un palcoscenico in cui si avvicendano i due principali protagonisti: le vittime che, finalmente, si ribellano attraverso una manifestazione corale facendo sentire nuovamente la loro voce; ciò significherebbe che stanno nuovamente prendendo coscienza di sé e che con forza pretendono di essere artefici consapevoli della loro vita, dimostrando di essere diverse dai clichè che una certa parte delle istituzioni di potere vorrebbe loro saldare addosso; nello stesso palcoscenico, si avvicendano gli altri protagonisti, i carnefici, rappresentati da tutti coloro i quali hanno criticato ferocemente le manifestazioni nelle piazze bollandole come reazionarie, sostenendo che le donne volessero solamente sovvertire l’ordine pubblico. Penso che questo dissenso e la visibilità dell’evento che esso ha provocato abbia giocato a favore delle donne, facendo crescere le adesioni al movimento e permettendo una maggiore visibilità e presa di coscienza del problema, anche da parte di molte donne che ne erano rimaste ai margini.