Virginia Woolf - Una stanza tutta per sé

Creato il 30 settembre 2011 da Thegirlwithcurioushair
Rompo il mio abituale silenzio per consigliarvi ASSOLUTAMENTE un saggio che ho appena finito di leggere in treno (yes!) e che titola: "Una stanza tutta per sé" della fantastica Virginia Woolf che, per chi non lo sapesse, è una delle mie autrici preferite se non un modello di vita (infatti era pazza e è morta suicida xD).
Al di là della mia solita sconclusionatezza questa volta prendetemi sul serio perché l'opera merita veramente, è un saggio illuminante della condizione femminile in generale e più in particolare della donna nella letteratura, Virginia Woolf ci mostra una panoramica, forse non completissima ma veramente arguta e illuminante, delle varie considerazioni maschili sulle donne, sottolineando come ci sia un'infinità di testi scritti da uomini sulle donne e nessun testo scritto da donne e che parli degli uomini.
Sono illuminanti i commenti della Woolf a alcuni stralci di vari "studiosi", anche ottocenteschi, che parlano delle donne come degli esseri non del tutto umani, e ancora più sconvolgente è vedere come nell'Inghilterra degli anni venti alle donne siano precluse cose che ora consideriamo normali e dovute come il poter o meno entrare in una biblioteca universitaria.
Sconvolgente è osservare come alcune donne combattive e coraggiose venissero emarginate, non solo dagli uomini, ma anche dalle altre donne perché accusate di occuparsi di cose di cui una donna non dovrebbe mai occuparsi (come la letteratura o la scienza).
La verità è che ora noi sputiamo su un sacco di cose scordandoci che, anche solo per avere una considerazione minima, delle donne prima di noi hanno scarificato il proprio benessere.
So di non avere le capacità per parlare di un argomento del genere, so che non lo farei come vorrei e allora vi riporto qualche stralcio di questo piccolo saggio per far si che qualcuno infinitamente migliore di me ne parli, leggete ragazze e meditate.
Su uno dei professoroni che scrivevano e sparlavano delle donne:
"Quando leggevo ciò che aveva scritto sulle donne non pensavo a quel che diceva, ma a lui. Quando una persona discute spassionatamente pensa solo alla discussione; e anche il lettore non può fare a meno di interessarsi a questa. Se avesse scritto spassionatamente sulle donne, se avesse usato prove inconfutabili per sostenere la sua tesi, e avesse dimostrato la sua indifferenza al risultato della discussione, neanche noi ci saremmo arrabbiate. Avremmo accettato l'evidenza, come si accetta il fatto che un pisello è verde e un canarino è giallo."
"Poteva darsi che quando il professore insisteva un po’ troppo enfaticamente sulla inferiorità delle donne, egli non fosse preoccupato tanto della loro inferiorità, quanto della propria superiorità. Era quella che egli proteggeva alquanto impulsivamente e con troppa enfasi, poiché essa rappresentava per lui un gioiello senza prezzo. La vita, per ambedue i sessi – e li guardai che si facevano strada a fatica lungo il marciapiede – è ardua, difficile, una lotta senza fine. Richiede un coraggio e una forza giganteschi. Più di ogni altra cosa forse, per creature dell’illusione quali noi siamo, essa richiede fiducia in se stessi. Privi di fiducia noi stessi siamo come neonati in una culla. E allora come possiamo fare a generare, nel più breve tempo possibile, questa qualità imponderabile e al tempo stesso inestimabile? Pensando che gli altri sono inferiori a noi. Sentendo di possedere qualche forma innata di superiorità – che si tratti di ricchezza o di rango sociale, di un naso dritto o del ritratto di un nonno a firma Rombey – perché non c’è fine ai patetici stratagemmi della fantasia umana. Da qui deriva, per un patriarca che è costretto a conquistare, che è costretto a governare, l’enorme importanza di sentire che moltissime persone, addirittura metà della razza umana, sono per natura inferiori a lui. Deve essere davvero una delle principali fonti del suo potere. Ma permettetemi di rivolgere la luce di questa osservazione sulla vita reale, pensavo. Può aiutare a spiegare alcuni di quegli enigmi psicologici che attirano la nostra attenzione ai margini della vita quotidiana? Basta questo a spiegare lo sbalordimento che ho provato, l’altro giorno, quando Z, l’uomo più umano e modesto che ci sia, dopo aver preso in mano un libro di Rebecca West e averne letto un passo, aveva esclamato: «Sfacciata di una femminista! Dice che gli uomini sono degli snob!». Questa esclamazione, per me sorprendente – perché mai Rebecca West avrebbe dovuto essere una femminista sfacciata per aver fatto un’affermazione probabilmente vera anche se poco lusinghiera, circa l’altro sesso? – non era solo il grido della vanità ferita; era una protesta contro qualche infrazione della sua capacità di credere in se stesso. Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell’uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali. Senza quel potere la terra forse sarebbe ancora tutta giungla e paludi. Le glorie di tutte le nostre guerre sarebbero sconosciute. Staremmo ancora a graffiare la sagoma di un cervo sui resti di ossa di montone e a barattare selci con pelli di pecora o con qualsiasi semplice ornamento attraesse il nostro gusto non sofisticato. Non sarebbero mai esistiti Superuomini né Figli del Destino. Lo Zar o il Kaiser non avrebbero mai portato corone sul capo né le avrebbero perdute. Quale che sia l’uso che se ne fa nelle società civili, gli specchi sono indispensabili a ogni azione violenta ed eroica. È questa la ragione per la quale sia Napoleone che Mussolini insistono con tanta enfasi sulla inferiorità delle donne, perché se queste non fossero inferiori, verrebbe meno la loro capacità di ingrandire. Ciò serve anche a spiegare perché gli uomini diventano così inquieti quando vengono criticati da una donna; e come sia impossibile per una donna dire loro questo libro è brutto, questo dipinto è debole, o qualunque altra cosa, senza procurargli molto più dolore e suscitare molta più rabbia di quanto non ne susciterebbe un uomo che facesse la stessa critica. Perché se lei comincia a dire la verità, la figura nello specchio si rimpicciolisce; la capacità maschile di adattarsi alla vita viene sminuita. Come farebbe lui a continuare ad esprimere giudizi, a civilizzare indigeni, a promulgare discorsi nei banchetti, se non fosse più in grado di vedere se stesso, a colazione e a cena, ingrandito almeno due volte la sua stessa taglia? Vedersi allo specchio ha una importanza suprema perché carica la loro vitalità; stimola il loro sistema nervoso. Toglietegliela e l’uomo potrà morirne, come un drogato privo della cocaina."
Sulle donne che devono tenere nascoste le proprie aspirazioni:
"[...] il pensiero di quell'unico talento, che era la morte nascondere - piccolo, ma caro a chi lo possiede - il quale languiva, e con esso la mia persona, la mia anima; tutto questo diventava come una ruggine, una peste che divorava il boccio di primavera, che distruggeva il cuore della pianta."
Sull'indipendenza economica:
"Pertanto non cessano lo sforzo e la fatica, ma anche l'odio e l'amarezza. Non ho bisogno di odiare nessun uomo: non può ferirmi. Non ho bisogno di lusingare nessun uomo: non ha nulla da darmi.
Così impercettibilmente mi sono trovata ad adottare un nuovo atteggiamento vero l'altra metà della razza umana."
Sulla donna nell'arte:
"L'indifferenza del mondo tanto dura da sopportare per Keats e Flaubert e altri uomini di ingegno, nel caso della donna non era indifferenza ma ostilità [...]"


 "Da tutto ciò emerge un essere molto strano e composito. Immaginativamente, la sua importanza è estrema: praticamente, la sua insignificanza è totale. Ella pervade la poesia, da una copertina all'altra; invece dalla storia è quasi assente. Ella domina la vita dei re e dei conquistatori nella letteratura d'immaginazione; nella realtà era la schiava di qualunque ragazzo i cui genitori le avessero messo per forza un anello al dito. Dalle sue labbra escono alcune tra le più ispirate parole, alcuni dei più profondi pensieri della letteratura: nella vita reale non sapeva quasi leggere, scriveva molto faticosamente, e si annoverava fra i beni materiali del marito.
Certo è uno strano mostro quello che scopriamo, leggendo prima gli storici e poi i poeti: un verme con le ali di un'aquila; lo spirito della vita e della bellezza, rinchiuso in cucina a tagliare il lardo."


Ragazze LEGGETELO!

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