Virtuale e reale. La rete, la piazza e la notizia

Creato il 27 dicembre 2012 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Tutti voi avrete letto e sentito la notizia del parroco di Lerici che ha affisso sulla porta della sua chiesa un volantino nel quale si invitavano le donne a fare autocritica e a ripensare ai propri comportamenti “provocanti”, che potrebbero a volte spiegare, se non giustificare, le aggressioni violente di cui sono fatte oggetto.
Non entro qui nel merito della questione: per la mia visione del mondo, neppure vale la pena di rispondere a certe mostruosità, per quanto forse drammaticamente più radicate nel comune sentire di quanto l’intelligenza vorrebbe.
Mi interessa invece ripercorrere la genesi della notizia, con qualche puntualizzazione.
Ho detto che tutti voi avrete letto e sentito quel che ha fatto il parroco. Solo i più attenti avranno però notato che il testo riportato sul volantino non era una produzione intellettuale (diciamo così) del parroco, ma una parziale citazione di un commento pubblicato su un sito web. Questo sito, di cattolici ultraconservatori, non è un blog privato di qualche sconosciuto mattacchione: ha una sua struttura, è costantemente aggiornato, pubblica commenti, notizie, interviste, recensioni. Ha un buon numero di visitatori e una passabile quantità di “amici” su facebook. Sul sito, il commento che invitava le donne all’autocritica è stato pubblicato parecchi giorni fa (e al primo articolo ne sono seguiti altri, dello stesso tenore). L’esposizione in rete di questa orripilante opinione, però, non ha sollevato alcun clamore.
Perché la notizia diventasse di pubblico dominio è stato necessario, per prima cosa, che il parroco di Lerici riprendesse la tesi su un volantino ed esponesse il foglio sulla porta della chiesa. Utilizzando un antico strumento come il volantino, tanto in auge fra i gruppettari negli anni settanta, ma rifacendosi addirittura a una tradizione secolare che riporta alla mente il Lutero che affigge le 95 tesi sul portone della chiesa di Wittenberg (ed è con un certo gusto che uso questi termini di paragone, così lontani dal sentire del parroco in questione), il prete è riuscito a far conoscere questa opinione perlomeno ai suoi parrocchiani e compaesani. Solo attraverso l’affissione la tesi ha cominciato a far notizia, muovendo all’indignazione almeno la comunità locale.
Di fronte alla sollevazione di una parte (ahimé, una parte) della cittadinanza e ai provvedimenti del vescovo, la notizia è diventata materia ghiotta per i grandi media tradizionali, fino alla scala nazionale. È stata ripresa dai telegiornali e poi, finita la pausa natalizia, rilanciata e commentata su tutti i quotidiani.
Solo allora è diventata effettivamente di pubblico dominio.
Ancora una volta, mi si conferma l’idea che la rete, dando la parola a tutti, abbia illuso molti di parlare al mondo, mentre non parlano che a una comunità ristretta e autoreferenziale, magari numericamente ampia ma chiusa. L’orrida opinione sulle donne provocatrici l’avranno letta centinaia o migliaia di persone; ma, di sicuro, soltanto abituali frequentatori di un sito fortemente connotato, e perciò probabilmente in aprioristica sintonia con una tesi di questo tipo.
Niente di male. Si possono creare ambiti ristretti e identitari, di dimensioni neppure disprezzabili, nei quali far circolare le proprie idee (o le proprie produzioni, o le opinioni, o tutto quel che si vuole comunicare). L’importante è rendersi conto di quanto certe comunicazioni postate in rete, apparentemente a disposizione del mondo, siano destinate a restare patrimonio di pochi.
Per uscire dal virtuale circoscritto e trasferirsi nel mondo reale, una notizia o un’opinione hanno, ancora oggi, bisogno di essere portate in piazza. Dove ci sono gli altri.


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