MELANCHOLIA – 2011, 136’. Regia di Lars von Trier.
Come nel precedente Antichrist, il furbetto Lars ( d’ora in poi FL ) ripropone immagini straordinarie e modo di narrare meno all'altezza, discontinuo, che però risolve in maniera notevole. Si comincia con un prologo giocato con sequenze al rallentatore più la musica di Wagner ( al cinema mi ero buttato su Mahler ). È una sorta di concentrato del film che verrà. È una formula che evidentemente piace molto al regista ed è apprezzabile, ma rimane un’idea lasciata lì a stupire la platea, per la bellezza basterebbe anche da sola, ma a questo punto potrebbe svilupparla e rendere l’intero film in questo modo. La storia si divide in due parti, incentrate su due sorelle, una, fresca sposa e l’altra, la maggiore, che le organizza il matrimonio e la cura, che la sostiene. Va detto che all’inizio la protagonista, la giovane sposa, appare come un’annoiata di tutto ciò che le accade, matrimonio compreso, snervante come un po’ il film. Poi in realtà si capisce che sta proprio male, che è depressa, e in questo FL ha visto giusto nel rappresentare il disagio, intendo rispetto ad Antichrist. Una persona depressa può essere davvero snervante per i suoi cari, è un malato che si abbandona senza che apparentemente abbia nulla che non vada, e non si alza dal letto o non mangia, e non capisci perché non prova a guarire, come se non volesse guarire. C’è una innegabile forza espressiva, anche quando spinge al massimo sul piano estetico nel proporre una serie di quadri d’esposizione; e il tono elegiaco, cupo, fa da contrappunto, per una storia fatta di personaggi fragili e distanti gli uni dagli altri, quasi degli intrusi, quasi insignificanti. Visto in un cinema che ha pensato bene di rendere l’esperienza più vivida attraverso un freddo nordico, dove poi è stato girato il film, circostanza che ha reso epica la visione ( io poi ho voluto trattenermi dal fare pipì fino quasi all’ultimo ). Non lo so neanche se mi è piaciuto. Curiosità: ad un certo punto una delle due sorelle fa una ricerca su internet per capire la situazione ( a proposito, non ho detto che il filo conduttore è un pianeta, Melancholia appunto, che potrebbe scontrarsi con la Terra. Càpita anche ai migliori di scordarsi le cose ), e fra i risultati appare il link alla scheda di Lav Diaz, regista filippino di un altro Melancholia, lunghissimo ed estenuante, già recensito su questi schermi. Tanto per dire.
Comunque, per giustificare il mio dubbio circa il mio stesso gradimento della pellicola postillo una storiella ( pescata da quella meraviglia dell'ingegno umano che è Godel,Escher,Bach di Hofstadter ):
Lo studente Doko andò da un maestro Zen e disse: "Sto cercando la verità. In quale stato mentale debbo esercitarmi per trovarla?".
Disse il maestro: "Non esiste la mente, per cui non puoi metterla in alcuno stato. Non esiste la verità, per cui non puoi esercitarti per essa".
"Se non c'è mente da esercitare, né verità da trovare, perché questi monaci si riuniscono ogni giorno davanti a te per studiare lo Zen ed esercitarsi per questo studio?".
"Ma io qui non ho un palmo di spazio," disse il maestro "come possono i monaci riunirsi? Io non ho lingua; come posso chiamarli a raccolta e insegnar loro?".
"Oh, come puoi mentire così" chiese Doko.
"Ma se non ho lingua per parlare ad altri, come posso mentire a te?" chiese il maestro.
Doko disse allora tristemente: "Non riesco a seguirti. Non riesco a capirti".
"Io non riesco a capire me stesso" disse il maestro.