- Anno: 2015
- Durata: 60'
- Genere: Documentario
- Nazionalita: Italia
- Regia: Ramchandra Pace
Con l’esperienza di alcuni cortometraggi alle spalle, Ramchandra Pace realizza il suo primo documentario, Samsara diary, affrontando l’ostica, verrebbe da dire ‘ingombrante’, figura del padre, Alessandro, uomo eclettico, non allineato, che, figlio degli anni cinquanta, e quindi dell’Italia super conformista dell’epoca, poco più che ventenne intraprese un cammino alternativo, che lo vide percorrere i sentieri della spiritualità orientale, animato dal desiderio di raggiungere una serenità interiore, fatalmente interdetta dalla civiltà dei consumi che, seppur con specifiche modalità, aveva, già allora, profondamente attecchito nel nostro paese. La cultura della rinuncia, e quindi della valorizzazione del minimo indispensabile necessario ad una pacificata esistenza, spinse Alessandro a compiere un primo rivelatore viaggio in India, alla scoperta di un mondo che, seppur ancora ignoto, covava già all’interno del suo animo, e ci vorranno ben quattro anni prima che faccia ritorno. Su un terreno del padre vicino Roma poté così dare inizio ad una nuova, entusiasmante esperienza, edificando una casupola in cui dare accoglienza a tutti coloro che provenivano da quelle sacche di controcultura che animavano il sottobosco di una Roma provinciale (ancora lo è) e bigotta. Dopo una breve storia con la donna che divenne la mamma di Ram e che, femminista dura e pura, decise di andarsene, lasciando al padre il compito di accudire il piccolo, Alessandro cominciò il suo complicato rapporto con il figlio, che educò all’insegna di valori inneggianti ad una libertà che non trovava corrispondenza alcuna con i consueti percorsi formativi sciorinati dalle società ‘disciplinari’ (e successivamente del ‘controllo’). Un’altra fuggente relazione, anch’essa terminata con l’abbandono della ragazza, spinse Alessandro a compiere un ulteriore viaggio, stavolta di una lunga durata (sette anni) in India. Nel frattempo Ram, che era tornato a vivere alcuni anni prima con la madre, si ritrovò a sedici anni completamente solo, e dovette far fronte a tutte le difficoltà che incontrava senza poter contare sull’ausilio di nessuno. Eppure in questo tempo maturò un sempre crescente interesse per la figura del padre, che successivamente, una volta in possesso del denaro necessario, andò a cercare in India, affrontando un viaggio di più di due mesi per trovarlo. Alla fine Alessandro venne espulso, in quanto clandestino, dal paese che l’aveva lungamente ospitato, e fece definitivo ritorno a Roma.
Ramchandra Pace, attraverso l’utilizzo di materiale d’archivio accumulato nel corso degli anni, compone un ricco mosaico, le cui tessere ci restituiscono frammenti importanti della sua storia e di quella del padre, accompagnandoci in un viaggio affascinante alla scoperta di una dimensione antropologica altra, inconsueta e imprevedibile. Lo spettatore partecipa vivamente alle vicende che scorrono sullo schermo, abbracciando le scelte dei protagonisti: da un lato non si possono non comprendere le esigenze del figlio che, in un serrato faccia a faccia, recrimina tutte le disattenzioni del padre, che, più che una figura genitoriale, aveva assunto il ruolo di una più neutra guida spirituale; dall’altra non si riescono a condannare le radicali decisioni di Alessandro, mosso dalla sacrosanta esigenza di smarcarsi da un destino irrimediabilmente all’insegna della più becera omologazione. Chi scrive, pur non conoscendo la spiritualità indiana, non può fare a meno di simpatizzare per uomo che ha tentato, riuscendoci, di attuare una più vivida, appassionata, ricca esistenza. E l’effetto, tra l’altro paradossale, è stato quello di produrre un radicato laicismo nel figlio, che, comunque, e non potrebbe essere altrimenti, ha mantenuto un’ampia apertura mentale rispetto al vario panorama di diversità che gli si è presentato nel corso della vita.
Samsara diary è un’opera fresca, piena di vita e anche di una certa quota di umorismo prodotta dallo stridore provocato dallo scontro tra l’originalità della vita di Alessandro e il ‘buon senso comune’ (divertentissimi, a tal proposito, i siparietti tra Alessandro e l’anziana madre). Consigliatissimo, dunque, per fare esperienza di un diverso modo, coraggioso, di approcciarsi all’esistenza. Alessandro non cessa di portare avanti il suo percorso spirituale, e, se dovesse capitarvi, potete sempre trovarlo lì, a Roma, a rendere lode al culto della dea Kalì.
Luca Biscontini