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VISIONI SPARSE: To the Wonder, Ci vediamo domani, Questi sono i 40

Creato il 25 agosto 2013 da Ussy77 @xunpugnodifilm

 

 25/08/2013 DI 

 

to the wonder
To the Wonder **1/2

Malick prova a colmarci di meraviglia, ma non ci riesce fino in fondo. Questa è l’impressione che rimane di una pellicola che disegna tramonti bellissimi e una vicenda nella quale è l’amore il vero motore di due esistenze (e mezza) travagliate. Una linearità narrativa di fondo (nella quale si nasconde la nascita di un amore e il conflitto fra uomo e donna, tra madre e figlia e fra uomo e Dio) paga dazio a una costante ricerca della ripresa ardita, della pennellata a effetto, della destabilizzazione visiva. To the Wonder (2013) si compone di istantanee oblique, di una colonna sonora sussurrata e di flussi di coscienza dei protagonisti. E Malick, non farcendo la pellicola di battute ma di voci fuori campo, probabilmente indispone, muovendo fluentemente la macchina da presa, guardando una volta il cielo e una volta la terra. Tuttavia la pellicola vive di un eccessivo manierismo: un complesso esercizio di stile e di autocompiacimento, che fatica ad arrivare al cuore e a farsi realmente comprensibile. Difatti, anche se la storia tra Neil e Marina (travagliata e gonfia di incomprensioni, ma l’amore si compone anche di questo) risulta centrale, forse il ruolo più significativo spetta al prete (Javier Bardem), che si interroga su fede e verità, su esistenza e difficoltà. Malick, dopo aver snocciolato le radici della vita declinandole familiarmente, in To the Wonder allarga il campo d’indagine e si rivela un regista che bada più all’estetica, che ai contenuti. Un’impressione che rimane a fine visione; tutto ciò (forse) è spiegabile con la scelta del regista statunitense di tornare dietro la macchina da presa dopo solo un anno dal suo precedente lavoro. Una corsa che ne ha limitato la poetica, il tocco e la capacità di emozionare. Difatti pur non cercando di dare risposte a domande millenarie, Malick rende il tutto confusionario e privo di significato. Malick ricerca la meraviglia del gesto e della natura e, benché trovi nella Kurylenko una brillante interprete (con il regista che ne “conta” le espressioni), finisce per evidenziare un lavoro fine a se stesso. To the Wonder è un quadro, ma privo di mordente. Uscita al cinema: 4 luglio 2013

 

Ci vediamo domani ***

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Pellicola agrodolce che non ti aspetti, Ci vediamo domani (2013) mette in mostra, in modo velatamente ironico, crisi e debiti del quarantenne Enrico Brignano, in questa pellicola nell’insolito ruolo non dell’istrionico “romanaccio”, ma del drammatico divorziato  con problemi esistenziali. Zaccariello (il regista) costruisce una buona pellicola, che mette in luce una problematica contemporanea: la differenza socioeconomica tra i quarantenni massacrati da preoccupazioni e incertezze e gli anziani (con nulla da perdere), che, acciacchi permettendo, vivono alla leggera senza preoccupazioni eccessive sul “domani”. Il regista esaspera questa situazione mettendo in scena un paesino nel quale non muore nessuno e nel quale Marcello cerca la sua chance di riconquistarsi la vita, aprendo un negozio di pompe funebri. Gli arzilli vecchietti gli permettono di capire qualcosa in più della sua vita e la comicità di Brignano fa il resto. Difatti il personaggio di Marcello calza a pennello sull’attore, che ha conquistato il pubblico televisivo grazie alla sua verve condita da uno strazio esistenzialista. E la porta al cinema senza scivolare nella macchietta esile e sterile, anzi riesce a rappresentare un personaggio credibile e immerso nel panorama italiano contemporaneo, accerchiato dai “furbetti del quartierino” e da chance mancate. Pur non possedendo un ritmo narrativo incredibile, Ci vediamo domani restituisce una realtà non stucchevole, anzi “sporca” e malinconica. Un interessante prodotto agrodolce, che convince e fa riflettere. Uscita al cinema: 11 aprile 2013

 

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Questi sono i 40 ***

Apatow torna dietro la macchina da presa e propone uno spin-off di Molto incinta (Knocked up, 2007). Difatti i protagonisti di Questi sono i 40 (This is 40, 2012) sono la sorella di Alison (Debbie) e suo marito (Pete) in piena crisi esistenziale (non matrimoniale, qui si parla di coppie consolidate), che coincide con l’arrivo dei quarant’anni. Con il piglio di scuola Apatow, la pellicola mette in evidenza volgarità e stilemi da commedia, nelle quali scontri familiari (moglie-marito e figli-padri) sono all’ordine del giorno e nelle quali la coralità recitativa è fondamentale. In Questi sono i 40 la sceneggiatura si concentra quasi esclusivamente sui due personaggi principali, ma i continui dialoghi che caratterizzano la pellicola (la sceneggiatura è davvero ben scritta) esibiscono numerosi sottotesti, mai realmente affrontati seriamente, anzi sempre in modo umoristico. Il confronto tra generazioni, i problemi con la tecnologia, con la dieta e con il corpo sono gli elementi che permettono a Questi sono i 40 di essere un convincente manifesto delle coppie quarantenni, spaventate dal futuro e prive della possibilità di guardarsi indietro. Apatow, pur peccando a causa della lunghezza eccessiva (135 minuti per una commedia sono eccessivi), non sbaglia e si conferma il produttore-regista più prolifico degli ultimi anni, mentre gli altri (Farrelly su tutti) si perdono per strada deviando sul demenziale puro. Uscita al cinema: 4 luglio 2013

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