Visti per voi (N° 6): GIANLUCA - La 25° Ora

Creato il 20 luglio 2013 da Giuseppe Armellini
Arriva finalmente la puntata di Visti per voi dedicata a Gianluca e a questo meraviglioso film.
Gianluca è un utente a cui tengo molto, inizialmente solo per la qualità dei suoi commenti, poi anche perchè, seppur in maniera frettolosa e virtuale, ho avuto il piacere di scambiare 2,3 messaggi un pò più "intimi" e profondi. E poi tutti e due quando vediamo il viso di Philip Seymour Hoffman un pò ci sciogliamo...
Ciao Gianluca, grazie per l'ottima proposta e scusami eventualmente per la pochezza della mia recensione. Aspetto quelle considerazioni sul film che mi dicevi, a presto.
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Chissà se Tim Burton aveva già fatto in tempo a vedere La 25° ora quando ha scritto i 10 minuti finali -per
inciso i 10 minuti più emozionanti che io abbia mai avuto modo di vedere al cinema- di quello che forse è il suo capolavoro, Big Fish. Quando quel figlio racconta al padre la sua 25° ora. quell'ora che non esiste, quel futuro che non sarà mai, solo per farlo star meglio e prepararlo invece non alla 25° ora ma alla prima del nuovo giorno, il primo giorno che sui padre non passerà su questo mondo. Non c'è la morte ad aspettare invece Monty ma "semplicemente" il carcere che poi, lo dice lui stesso. comunque morte potrebbe rappresentare, e non è il figlio che racconta al padre ma il padre che racconta al figlio.
Sarà assurdo questo accostamento ma ci ho pensato per tutti quei minuti.
Magnifico film, apparentemente semplice e classico ma in realtà assolutamente fuori da qualsiasi canone prestabilito.
Perchè è un film sull'attesa, e non soltanto sull'attesa di Monty di andare in carcere ma in un modo molto più ampio e specifico. L'unità di tempo, le 24 ore, quella notte che non finisce mai, quella sensazione passo passo di accompagnare anche noi Monty alla mattina, non è l'unica sensazione di attesa che proviamo. Perchè anche il film stesso è completamente fermo, sembra attendere lui stesso, fino alla parte finale praticamente non accade nulla, solo dialoghi e monologhi, monologhi e dialoghi, uno più bello dell'altro. Ed ecco che il bacio che Jacob dà alla sua giovane allieva, dopo un'ora e mezza di film, ecco che quel bacio, incredibilmente, è la prima vera e propria azione del film, la prima volta che la pellicola va in qualche modo "avanti" e gli accade qualcosa di importante al di fuori dalle scene di dialogo. Di lì in poi succederanno molte altre cose, lo stanzino dei russi (scena magnifica con quel Nikolay e il suo sguardo in su indimenticabile), la scazzottata con Frank (emotivamente forse picco massimo del film, con quella colonna sonora che se ne va e quell'urlo muto di Frank accompagnato ai rumori d'ambiente) e il finale, prima di lì invece tutto è completamente fermo.
Perchè prima di questa mezz'ora finale c'è un saggio di scrittura cinematografica nella parte dialogica, con quelle chiacchierate tra Jacob e Frank così poco cinematografiche (quando mai si è visto un film dove molto spesso si lascia perdere il protagonista per soffermarsi così tanto sui dialoghi dei non protagonisti?) ma così brillanti, drammatiche, incisive, divertenti e verosimili; c'è quel monologo di Monty che è già storia,un monologo che eticamente ci mette un pò a disagio perchè, sotto sotto, quasi tutti i noi in alcuni momenti pensiamo gran parte di quelle cose (molto bello il climax per cui dalle varie etnie poi Monty arriva anche a mandare in culo anche le persone a lui più care).
Senza dimenticare alcune magnifiche scene come quella costruita con un montaggio geniale del mancato bagno insieme a Naturelle, bagno che un giorno invece  fu, un giorno maledetto (quel "sono cazzi" è straordinario...). Ma basterebbe il prologo per capire la qualità del film, con la scena di quel cane, quel cane già, ci torneremo.
Ci sono anche scene mezze sbagliate, è vero, forse su tutte quella del loro primo incontro, rovinata da una colonna sonora veramente irritante. E ho trovato insopportabile la scelta di Spike Lee di far vedere, in montaggio velocissimo, uno stesso gesto più volte e da angolazioni diverse, sembra una tecnica da tesi di laurea di un giovane regista.
Ma sono inezie.
Inezie davanti a un film che parla in maniera così importante del senso di colpa, quello di un figlio che poteva aver tutto e si è completamente rovinato per avere sempre di più, quello di un padre che perso nell'alcool e trovatosi solo non è riuscito più a seguire ed aiutare quel figlio, quello di un amico che non è ha avuto le palle di fare niente per non far entrare Monty in alcuni giri. E sensi di colpa anche più contingenti come quello, sempre di Frank, per aver pestato a morte Monty o quello di Jacob (visibile tutto in quella splendida inquadratura in ralenti all'uscita del bagno) per aver dato quel bacio.
Il cast è straordinario, Norton è Norton, Pepper è la sorpresa perchè il suo personaggio quello più complesso e sfaccettato, P.S. Hoffman, vabbeh, io nemmeno lo commento più, qui spicca meno perchè il suo è un personaggio così a disagio, nascosto e "sottratto" che quasi prova, senza riuscirci però, a scomparire e Cox nella parte del padre (quel Cox che da poco ho visto da molto più giovane interpretare Hannibal in Manhunter) è straordinario nelle pochissime scene in cui compare.
Non sono un appassionato della Paquin nè a livello estetico nè recitativo, lo dico da adesso.
Questo è anche un film sulla sconfitta, sul fallimento e sulla necessità di espiare questa sconfitta, questo fallimento, tutti i propri errori, per aver possibilità di ripartire. In questo senso quel cane che Monty aveva salvato rappresenta una delle poche cose giuste che lo stesso ha fatto in vita, è come se fosse per lui la testimonianza vivente che non tutto nella vita è stato sbagliato, una sorta di salvagente psicologico.
Ma questo è anche un film che forse senza volerlo diventa una splendida pellicola generazionale, e lo fa con soli tre personaggi, questi ultratrentenni in cui c'è sempre quello intelligente ma che nella vita non riesce ad imporsi e sta in un angolino, quello magari meno dotato ma che ha avuto successo e quello sempre intelligentissimo ma che è finito in una spirale sbagliata. Ed è generazionale perchè racconta queste amicizie senza retorica e in un modo molto vero e verosimile, perchè anche nelle più grandi amicizie a volte si pensa peste e corna degli amici, anche nelle più grandi amicizie dovrebbe esserci il coraggio di dirsi tutto, anche nelle più grandi amicizie, forse, un cazzotto in faccia è il gesto più bello e vero, a volte l'unico, che ci sarebbe da fare.
( voto 8,5 )

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