Non è una scrittrice che mi entusiasma e non mi ha veramente coinvolto nemmeno con quello che è reputato il suo capolavoro - Lo scialle - però è bello quello che dice Cinthia Ozick nell'intervista pubblicata ieri su Repubblica - a firma Susanna Nirenstein - a proposito del rapporto dello scrittore e della scrittura con le parole (in realtà parla di molte altre cose, però è questo che mi ha colpito di più).
Per dire, vi si trovano ragionamenti come questo:
Ogni anno escono migliaia di romanzi senza qualità, un tanto al metro, puoi prendere e tagliare dove e quando vuoi. Ma la letteratura è fatta di parole "scelte": scelte con l'orecchio, la lingua, il respiro, per amore della cadenza, il tono, la risonanza. Ed è anche fatta di spazi vuoti, silenzi da vagliare quanto i vocaboli. E di virgole, punti, punti e virgole... che sono la musica delle frasi. E di lunghezze e brevità delle proposizioni che cambiano, oscillano, saltano, rallentano. Se non hai tutto questo sulla punta delle dita non sei uno scrittore
Già, cos'è uno scrittore, nel suo rapporto con le parole?