Poche volte un libro mi ha fatto cambiare idea così spesso. Basandomi su tutto il rumore fatto attorno a questo romanzo, appena ho iniziato a leggerlo, mi sono detta: ma stanno scherzando? Bell’incipit certo, ma il resto una barba mortale.
Lo stile sembrava troppo affettato, poco moderno, la tipica pesantezza di alcuni classici privati, però, della poesia e delle splendide metafore visive che caratterizzano, appunto, i romanzi d’epoca.
Non mi sono però fermata alla prima impressione e sono andata avanti (anche perché si tratta di un vero e proprio mattone), e ho iniziato a cambiare idea. E poi di nuovo… E poi ancora.
Due stelle… Ma no, tre stelle e mezzo, no, decisamente due stelle e mezzo, mmm… quattro stelle, assolutamente una!
Insomma, per farla breve, sono stata combattuta. Poi ho capito. Il romanzo è un capolavoro.
Senza troppe pretese liriche, certo, ma ricco di contenuti storici, religiosi, filosofici e psicologici degni di nota.
L’autrice dimostra di aver studiato e lavorato sodo per tirar fuori tutta questa trama, e più si prosegue nella lettura, più ci si rende conto che nulla è lasciato al caso.
La struttura narrativa non è lineare. Il lettore assiste a svariate scene, a spezzoni di vita, anzi di vite, che si susseguono senza un apparente senso logico. In particolare, alcune scene si rivelano nella loro totalità solo dopo centinaia di pagine.
Ma proseguiamo per gradi. Iniziamo ad analizzare il lato storico del romanzo.
Una cosa che ho trovato davvero fastidiosa sono state le continue parole o frasi in tedesco inserite nel testo. Se non conosci la lingua, purtroppo quei momenti spezzano la linearità e fluidità della lettura. A parte questo, però, ancora una volta si ha la dimostrazione della cultura e dell’ingegno dell’autrice. Dopotutto, una delle tematiche fondamentali del romanzo è la seconda guerra mondiale.
Ho apprezzato tanto l’escamotage che ha usato per descriverla, sia da parte dei tedeschi che da parte degli inglesi.
Apprezzabile anche la sua presa di posizione molto cauta e obiettiva in merito alla politica dell’epoca. La sua antipatia e il suo odio nei confronti di Hitler è palese, certo, ma solo un malato mentale apprezzerebbe un siffatto mostro; comunque, lei mantiene sempre quella freddezza storica nei confronti di uno schieramento piuttosto che un altro.
La sua descrizione della guerra è vivida, realistica, niente fronzoli. In alcuni momenti il romanzo mi ha davvero toccato lo stomaco e il cuore (cosa che solo Conrad era riuscito a fare in questo modo).
L’intero romanzo abbraccia una fascia temporale che va dal 1910 fino agli anni sessanta, passando attraverso le due guerre e facendone una crono-storia accurata da ogni fronte.
La cultura dell’autrice si dimostra, inoltre, nelle molte citazioni presenti all’interno delle pagine, usando spesso frasi di grandi scrittori e compositori, per completare o arricchire i pensieri dei protagonisti.
Ho apprezzato il suo stile. Molto cronistico. I personaggi sono semplicemente Sylvie, Hugh, Ursula, Pamela, Teddy, Izzie ecc. non sono mamma, papà, sorella, io…
Ciò che intendo dire è che la sua scrittura è totalmente impersonale. Se anche la protagonista della storia è Ursula, gli altri personaggi continuano ad essere dei character a sé stanti. Se si parla della madre di Ursula, si parla di Sylvie. Non si parla di “sua madre”.
La costruzione dei personaggi è notevole. Degna di lode. Persone reali, complete, dotate di difetti e pregi, di emozioni, di pensieri, di sogni, paure. Anche i personaggi più marginali risultano essere accurati.
Ciò che però ha reso questo libro, ai miei occhi, un capolavoro, è stata la nuova visione della reincarnazione. Un’interpretazione innovativa (anche se non originale), una versa perla letterario filosofica.
Come si evince dall’incipit, Ursula nasce e rinasce svariate volte all’interno della stessa vita. A un certo punto Sylvie decide di portarla da uno psichiatra: “la bambina sembra disturbata, ha continui deja-vù”, dirà la donna al medico.
Qui Ursula, per la prima volta, sentirà parlare di reincarnazione. Ma non comprenderà subito, non nella prima vita.
Generalmente quando si parla di reincarnazione si pensa ad un ciclo di vite che si susseguono nel tempo. Dagli albori della civiltà sino ai giorni nostri. Lo scopo è quello di migliorarsi “vita dopo vita”, riparando agli errori che si sono commessi, evolvendo il proprio spirito, l’anima e anche la vita materiale. Questo potrebbe essere un riassunto semplicistico, per dare un’idea di questa dottrina.
Ebbene, ciò che l’autrice fa è prendere questo concetto ed applicarlo, però, sempre e solo alla stessa vita.
Lei rivive sempre la solita vita, ma attenzione, non la vive sempre uguale, ma la migliora di volta in volta, divenendo una persona sempre migliore.
Vediamo così un’Ursula ingenua e ignorante che man mano che muore e rinasce diventa sempre più emancipata, curiosa, decisa, tenace, acculturata.
Il suo carattere da ragazza remissiva si evolve in quello di donna dalle mille risorse e indipendente. Da donna indipendente che si accontenta della sua quotidianità, diventa una “solista” della sua vita, con sogni, obiettivi e pretese.
Ursula cresce, vista dopo vita, ci fa assistere al passaggio generazionale, epocale, sociale e interiore di una donna che è tante donne. Attraverso la sua voce e quella delle persone che le ruotano intorno, l’autrice ci fa vivere la guerra e il contesto socio-politico che va dal 1910 sino agli anni 60.
Troviamo anche qui un ottimo escamotage. Attraverso la stessa protagonista ci racconta tante vite, aprendo un ventaglio di possibili scenari che si vivevano in quegli anni.
La prima Ursula era una persona a mio avviso pessima, priva di sogni e personalità, lasciava che il mondo le scivolasse addosso. Lei nella sua vita non contava molto. L’ultima Ursula, però, è diventata una donna di carisma, in grado di scegliere la propria vita, di determinare le proprie azioni, con la pretesa, addirittura, di cambiare la storia.
Ed ecco che troviamo ancora il suo psichiatra, che le dice di essere un’anima antica, pur ignorando il tipo di reincarnazione di cui Ursula è “vittima”.
Proprio come nella reincarnazione “tradizionale”, Ursula inizia a ricordare le sue precedenti esperienze, e ciò che dapprima considerava semplici deja-vù, adesso inizia a catalogarli come “ricordi” di un futuro passato o di un passato futuro. Ursula ha raggiunto quello stato di consapevolezza che si richiede all’essere umano, secondo alcune dottrine orientali, che vedono proprio nella reincarnazione il mezzo principale.
Per citare Sylvie, “di necessità virtù” e questa è una frase che si troverà spesso durante il romanzo, una frase che verrà applicata a situazioni dolorose, fastidiose, tediose.
E non nego che questa si è aggiunta a quei modi di dire che uso durante le mie giornate per motivarmi. Cosa che fa anche Ursula.
Ci sono situazioni nella vita dinnanzi alle quali non possiamo fare altro che affrontarle. Per quanto possano essere dolorose, pesanti, tediose. In quelle situazioni della necessità se ne fa una virtù.
Volendo fare una analisi dettagliata del testo, ci sarebbe ancora materiale necessario per scrivere un breve saggio.
Dopotutto, però, io sto scrivendo solo una recensione.
Dunque mi fermo qui, facendo solo delle ultime riflessioni che vedono un confronto tra l’editoria straniera e quella italiana.
In Italia questo romanzo sarebbe stato rifiutato dalla maggior parte delle major. Forse sarebbe stato cestinato da ogni casa editrice. Nel nostro ridente paese la gente, il lettore medio, vuole il paranormal romance, l’adult young, quelle storie di sesso accennato, di ormoni impazziti, di ragazzini belli e maledetti, di stronzi e stronze patentate, di vampiri e mostriciattoli vari. Le case editrici propongono sempre questi pallosissimi romanzi d’amore, con protagonisti quasi sempre minorenni. Storie di vita normale, banale, priva di emozioni vere. Romanzi dallo spessore morale inesistente.
La cultura per l’editoria italiana è un optional. I messaggi sociali, ancor meno.
Quando mi sono trovata a fare questi discorsi con grandi editori mi è stato risposto: ma tu devi accontentare il mercato, soddisfare la richiesta.
Io invece rispondo: la richiesta sei tu a crearla. Il lettore va educato! Se nelle scuole si accontentassero le richieste degli studenti, allora ci sarebbero orge e festini ogni giorno (e forse è proprio così che sta andando a finire).
Ma non mi arrendo.
L’Italia, la patria di Dante, Petrarca e Boccaccio, il paese che possiede da solo il 60% delle opere d’arti presenti al mondo (WoW, significa un’opera d’arte ogni 10 metri all’incirca!), la nazione della poesia, della letteratura, della pittura, culla del rinascimento… Insomma perché siamo caduti così in basso?
Io incito tutti quegli autori “colti” a continuare a scrivere, di imporre sul mercato le proprie opere e il proprio stile. Auto-pubblichiamo se necessario.
Ma vi prego, non lasciate cadere nel dimenticatoio opere grandiose, magari dello stesso spessore di Vita dopo Vita.
Il mio non è disprezzo nei confronti del mio paese, anzi, è proprio l’amore che provo per la mia patria che mi spinge a fare queste considerazioni.
Scrittori con la S maiuscola: SCRIVETE.
Editori: SVEGLIATEVI.
PS. Sicuramente non un libro per tutti. Ma per lettori attenti, in grado di cogliere le delicate note culturali, i messaggi etico-morali e le raffinatezze storiche.