E questo nuovo Quattro etti d’amore, grazie è stato per me l’occasione di leggerla per la prima volta. Ho trovato uno stile asciutto, estremamente incalzante, che riesce a far scorrere rapida come l’acqua una storia intimista, due storie per la verità, con uno stratagemma narrativo arguto e sperimentale. Un romanzo ricco, scandito da una struttura di forte dialogo che non ha paura di confrontarsi con il vasto mondo della comunicazione, mischiando liste della spesa, opere teatrali, soap opera e chat su Facebook, in un “pastiche” espressivo che ci racconta un’umanità tesa nel giudizio aprioristico delle vite altrui e confusa in un’inestricabile dialettica tra scelta e destino.
RECENSIONE
Tea ed Erica sono le protagoniste di un colloquio perpetuo, silente, che passa unicamente attraverso i carrelli della spesa sbirciati al supermercato, e si nutre principalmente di fantasia. Erica è una madre di famiglia, che vive per la felicità che riesce a fornire a marito e figli, e sogna un’indipendenza di spirito e azioni, un’adolescenza eterna tra viaggi e jet set, guardando le birre e le pizze surgelate che ogni giorno Tea trascina nel carrello.Di riflesso Tea, attrice di soap opera nevrotica e infelice, divisa tra un marito intellettualoide invidioso e un improbabile amante italoamericano, sogna la vita stabile, di certezze concrete, che crede di vedere nel carrello colmo di ammorbidenti e fettine di manzo di Erica, da lei soprannominata Signora Cunningham, come la madre perfetta di Happy Days; paradossale e straniante che l’ideale di Tea (personaggio televisivo) sia a sua volta cristallizzato in un ideale televisivo. Il libro è così strutturato: all’inizio di ogni capitolo è riportata la spesa di Erica, cui segue la narrazione dal punto di vista di Tea, e viceversa, a capitoli alterni, per tutta la durata del romanzo; una struttura ambiziosa e sperimentale che tiene perfettamente fino a fine libro, senza mancare di sovrapposizioni inattese e una fondamentale coerenza di fondo.
Un romanzo potente, ricco di riflessioni, pervaso da un dialogo continuo tra i mezzi, i modi, i contenuti e la natura della comunicazione: la soap di cui è protagonista Tea, Testa o Cuore, entra ed esce dalla vita dei personaggi (Erica ne è grande fan), che sembrano anche loro un po’ protagonisti di una soap.
Così come la storia di Peter Pan, che esemplifica la relazione tormentata tra Tea e Riccardo (proprio durante la messa in scena di uno spettacolo su Peter Pan si sono conosciuti), entra ed esce dal confronto con le loro decisioni, sempre in bilico sul filo sottile di chi ha scelto di non crescere, di non scegliere, di lasciarsi vivere, in attesa di scoprire se sarà Wendy a tradire Peter o viceversa; o entrambe le cose.
Una storia di personaggi vibranti, perfettamente dipinti, anche i secondari: lo spassoso e surreale Anthony, che mischia inglese e napoletano e ricorda a tratti l’imitazione fatta da Crozza di Joe Bastianich di Master Chef (cito: “Io ti amo vero, Tea. Il mio sogno è io, è te, una station wagon, due piccirilli e un cagno!”), l’attore Fabiano, ex libertino e incarnazione stessa della pazienza, il triste Davide, che vive con un grosso gatto e inganna la solitudine cercando di conquistare l’amata di gioventù su Facebook, i teneri Gu e Viola, i bimbi di Erica. Ho solo qualche perplessità sul finale, più sui contenuti che sul modo; il modo è perfetto, geniale, con il punto di vista che si sposta nuovamente (non vi dico dove), ma il messaggio di fondo, per quanto ambiguo, è risultato ai miei occhi fin troppo consolatorio. Congettura personale assolutamente fine a se stessa, di puro gossip da supermercato (giusto per restare in tema!) e di valore letterario pari a zero: ho la vaga sensazione che alcuni aspetti del personaggio di Tea siano fortemente autobiografici; come lei, Chiara Gamberale è figlia di un imprenditore, è laureata al DAMS, ha avuto problemi psicologici (è stata anoressica) ed è sposata con un uomo molto più grande di lei che di professione fa il critico letterario (è Emanuele Trevi, autore di Qualcosa di scritto) e come accade a Riccardo alla fine del romanzo, ha esteso la propria notorietà l’anno scorso, quando il suo libro è stato candidato allo Strega.La stupenda copertina, poetica e terribile insieme, evoca lo stato d'animo spesso descritto da Erica, che spesso si sente "sottovuoto", sospesa tra la vita che si è scelta e quella che le è capitata. In definitiva è un romanzo stratificato, fruibile come un best seller al femminile, come riflessione intimista sulla verità distorta che si insinua negli occhi di chi guarda, ma anche come dialogo tra realtà effettiva e realtà rappresentata dai media, siano essi il teatro, la televisione o i social network. Da leggere, sicuramente. E quanto a me, recupererò anche i suoi libri precedenti.