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VITERBO. Vito Bongiorno espone "AureAttesa" con nuove sensibilità.

Creato il 02 marzo 2016 da Agipapress
VITERBO. Vito Bongiorno espone VITERBO. Una mostra dal titolo "AureAttesa" che raccoglie opere di Vito Bongiorno, si inaugura sabato 12 marzo alle ore 18 nel Palazzo Chigi a Viterbo, via Chigi, 15; la mostra resterà aperta tutti i giorni fino al 16 aprile con orari dalle 16 alle 19,30.
Tra le ceneri di una realtà (quella italiana) arsa dalle fiamme del decadimento, annerita dalla corruzione e dalla crisi di costumi e valori, si apre oggi lo spiraglio di un nuovo bagliore.
Vito Bongiorno (Alcamo, 1963), proseguendo il percorso iniziato da alcuni anni, segnato dalla presenza assoluta di un inquietante carbone, rivolge ora al mondo uno sguardo rinnovato e purificato, regalandoci la speranza di un’attesa. E’ l’attesa di altro, di un diverso che in quanto tale non può che essere un capovolgimento di ciò che è stato, ma che insieme lo ingloba senza escluderlo. Pertanto se finora l’unico sguardo possibile, l’unica realtà contemplabile è stata quella del nero come mancanza di tutti i colori che formano la luce, oggi quel nero si rinnova diventando esso stesso la combinazione di più colori e arricchendosi di un nuovo fulgore. In mezzo alle opere che simboleggiano la crisi di una speranza in nuce, che coinvolge indistintamente ragione (un cervello carbonizzato) e sentimento (un cuore incenerito) e che trae origine alle origini della vita (un utero combusto), si fanno spazio adesso quadri che attestano una probabile rinascita. Una rinascita che ha le sembianze di una precaria ‘aurea aetas’, non più archetipo di prosperità e positività, poiché inevitabilmente inquinata, ma portatrice essa stessa di un’ineluttabile e inscindibile dualità. VITERBO. Vito Bongiorno espone Ecco che allora la cupezza del carbone viene illuminata dai bagliori della foglia oro, che sottile ma preziosa s’inserisce nei quadri con il suo velo di regalità. Accanto a statue classiche carbonizzate, simbolo del degrado e dell’abbandono che permeano le vestigia del passato e il mondo dell’arte, un tuffatore di antica memoria si slancia verso un  mare dorato che promette futuri splendori. Ma non è tutto oro quello che luccica. Come ne ‘L’attesa’, potente allegoria di un desiderio di rinnovamento obnubilato dallo spettro del declino: qui su uno sfavillante vaso, simbolo della bellezza e dei fasti dell’antica Roma (e dell’Italia tutta), e oggi muto testimone, incombe fatalmente un lugubre corvo. Il personale memento mori dell’artista a chiarire la consapevole difficoltà della risalita.

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