Tra le ceneri di una realtà (quella italiana) arsa dalle fiamme del decadimento, annerita dalla corruzione e dalla crisi di costumi e valori, si apre oggi lo spiraglio di un nuovo bagliore.
Vito Bongiorno (Alcamo, 1963), proseguendo il percorso iniziato da alcuni anni, segnato dalla presenza assoluta di un inquietante carbone, rivolge ora al mondo uno sguardo rinnovato e purificato, regalandoci la speranza di un’attesa. E’ l’attesa di altro, di un diverso che in quanto tale non può che essere un capovolgimento di ciò che è stato, ma che insieme lo ingloba senza escluderlo. Pertanto se finora l’unico sguardo possibile, l’unica realtà contemplabile è stata quella del nero come mancanza di tutti i colori che formano la luce, oggi quel nero si rinnova diventando esso stesso la combinazione di più colori e arricchendosi di un nuovo fulgore. In mezzo alle opere che simboleggiano la crisi di una speranza in nuce, che coinvolge indistintamente ragione (un cervello carbonizzato) e sentimento (un cuore incenerito) e che trae origine alle origini della vita (un utero combusto), si fanno spazio adesso quadri che attestano una probabile rinascita. Una rinascita che ha le sembianze di una precaria ‘aurea aetas’, non più archetipo di prosperità e positività, poiché inevitabilmente inquinata, ma portatrice essa stessa di un’ineluttabile e inscindibile dualità.