Detenzione amministrativa. Ovvero arresto senza accuse formali, misura prevista dal diritto internazionale, ma limitata a circostanze eccezionali, come strumento ultimo di tutela della pubblica sicurezza. Non in Israele, dove il ricorso a questa pratica è ormai prassi comune, un uso giustificato in quanto mezzo di prevenzione necessario nei confronti degli individui coinvolti – o presunti tali – in atti che pongono in serio pericolo la sicurezza dello Stato e la vita dei civili, un abuso perché in realtà divenuto strumento per punire chi è “colpevole” di resistere al regime imposto da Israele. La cosa drammatica è che gli ordini amministrativi possono avere una validità massima di sei mesi, ma sono rinnovabili a tempo indeterminato e così i palestinesi in detenzione amministrativa possono trascorrere mesi o anni della propria vita nelle carceri israeliane senza alcuna accusa formale, che viene secretata.
Anche la vicenda di Mahmoud Sarsak segue questo triste iter. Condotto in una prigione del Negev, l’area desertica nel sud di Israele, la sua detenzione amministrativa è rinnovata per tre anni, mentre le autorità continuano a negare al suo legale una motivazione per l’arresto: “pericolo per la sicurezza”, tanto basti. Mahmoud inizia uno sciopero della fame insieme a tanti altri detenuti palestinesi il 19 marzo 2012, uno sciopero che dura novantadue giorni. Sino al 18 giugno quando il suo legale raggiunge un accordo con le autorità israeliane per tirarlo fuori dal carcere. Ma per Mahmoud non c’è più possibilità di raggiungere i suoi compagni di nazionale. Ora è a casa sua, a Rafah, e divide la sua vita tra la tutela dei diritti dei prigionieri palestinesi e due calci al pallone sui campetti e sulla spiaggia di Gaza.
inviatoci da simone
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[1] Sarsak ha giocato a 17 anni la Norway Cup con la nazionale giovanile ed è stato convocato dalla stessa nazionale giovanile per una partita amichevole contro l’Iraq (fonte Wikipedia)