Il presunto assassino di bambini ebrei e di militari Mohamed Merah non aveva ancora finito di dire ai poliziotti che lo assediano nella sua casa “mi sono formato sul Corano, ho voluto vendicare i morti palestinesi, quelli dell'Afghanistan e protestare contro la legge che proibisce il velo integrale” che il rettore della moschea di Parigi Dalil Bubakeur ha messo la gente in guardia contro “ogni amalgama fra l’islam e l’assassino di Toulouse.”
Certo, l’islam non c’entra per niente. Non c‘entra il fatto che il Corano contenga precetti come “sgozza gli infedeli ovunque si trovino”, “gli ebrei sono scimmie”, “uccidi gli ebrei e i cristiani se non si convertono all’islam”, “mutila e crocifiggi gli infedeli se criticano l’islam” e cosi’ via. Non c’entra il fatto che sia considerato la parola di Dio e che vada preso alla lettera, senza interpretazioni. Non c’entra il fatto che sia diffuso presso un miliardo e mezzo di fedeli. Non c’entra il fatto che ogni tanto almeno 1 fedele su 100.000 potrebbe essere tentato di seguire questi precetti per guadagnarsi il paradiso invece di fare come la maggioranza, che dimostra di avere più buon senso del suo Dio e ignora gran parte della propria religione al solo scopo di vivere in pace. Non c’entra il fatto che, se il Corano ostentasse la croce uncinata invece della mezzaluna, non resterebbe in circolazione nemmeno un’ora prima di essere ritirato in ogni paese civile come testo che incita all’odio, al razzismo e alla violenza. Non c’entra il fatto che, se tutto il miliardo e mezzo di islamici decidesse un giorno di seguire fedelmente il Corano, il mondo diventerebbe inabitabile. Non c’entra il fatto che la nostra vita è fondata su una scommessa: che gli islamici non obbediscano ai precetti del libro che hanno in tasca. No, l’islam è una religione (e incidentalmente anche un sistema di governo che condanna tutte le forme di governo non islamiche e si ritiene in diritto d’imporsi con la forza) e la religione non si tocca. Come ogni tabù, richiede le sue vittime.
Dragor