Il fil rouge della raccolta, difatti, è la fine di un amore tormentato: l'intensità del sentimento ch'è stato e non è più emerge violentemente da ogni parola, la stessa che [...] domani certo non tornerà uguale / non con la stessa intensità, sarà vecchia / e densa e ponderata ogni sua sillaba / non avrà più poteri per spalancarci mondi / in cui noi saremmo stati eterni, come chiarisce la lirica incipitaria.
Ai versi Lillo si aggrappa ostinatamente per lasciare traccia del suo dolore d'amante ferito, conscio tuttavia della loro inafferrabilità; alle parole è affidata la memoria del tormento, e per la loro stessa natura di testimoni della delusione stridono con il contesto lirico cui sono chiamate a dar vita. Sono proprio loro a evocare la figura della compagna fedifraga che tanta pena causa al poeta: ogni verso è un colpo di scalpello; l'enorme statua fredda, marmorea, immobile di lei - padrona della storia - fa ombra sulle liriche, aleggia come un fantasma anche lì dove sembrerebbe assente.
Il poeta, tuttavia, sa che potrebbe soccombere al tormento e solo in ultimo reagisce: per non morire deve dare la morte, rispondendo a una sorta di mors tua vita mea. È per questo che nell'ultima poesia "uccide" metaforicamente la musa, con l'intenzione di non dedicarle neppure un altro verso; e lo fa con una frase perentoria: Musa, sei morta. Qui lo dichiaro pubblicamente, verso seguito da un modernissimo Restiamo comunque amici. Segue, difatti, una breve parte in prosa che racconta gli stratagemmi di una vita che avanza a fatica, avendo cura di nascondere attentamente le sue cicatrici.
Antonio Lillo ha il coraggio del poeta, si mette a nudo e racconta la sua sensibilità attraverso la crudeltà dell'altra. Non teme di esporre in fiera la propria intimità e scoperchia così i vasi delle emozioni più profonde, riflettendo su ciò che più lo attrae e lo annienta: l'amore e la parola, come in Fine d'un amore / difficile, di parole dette d'amore / e d'amicizia. A volte ripenso, per ore / al loro significato, al loro potere traditore. / Ma non trovo soluzione alle parole / (sono così mie) né all'amicizia, né all'amore. Non c'è spazio per l'artificio nei suoi versi, perché tutto ciò che nasce dalla sua penna è autentico e vissuto per davvero.
Ed è questa la poesia che ci piace.
Antonio Lillo, Viva Catullo, Favia, 2011
*Il primo lavoro poetico s'intitola L'innocenza del male, Lietocolle, 2009.