Viva l’Indiana!

Creato il 20 aprile 2015 da Ilbocconianoliberale @ilbocclib

È sorprendente come un qualsiasi fatto di cronaca possa portare a rimettere in discussione le proprie idee sulla libertà: è quanto successo al sottoscritto una volta avuta notizia di una legge appena approvata dallo Stato dell’Indiana, attenendosi alla quale un wedding planner potrebbe rifiutarsi di servire una coppia omosessuale chiamando in causa le proprie convinzioni religiose.

Ebbene, dopo incessanti riflessioni circa le possibili derive discriminatorie della norma, che mi portavano ad un severo giudizio di condanna, sono giunto a tutt’altra conclusione: credo che la legge in questione rappresenti un grande passo in avanti verso l’affermazione del principio di libera scelta.

Ma procediamo con ordine. Cosa viene previsto esattamente? La legge SB 101, nota come Indiana Religious Freedom Restoration Act, dichiara che lo Stato non può restringere l’esercizio della libertà religiosa da parte dei singoli cittadini, delle istituzioni religiose, delle associazioni e delle attività commerciali. In realtà non si tratta di un’innovazione normativa introdotta dall’Indiana, ma è semplicemente l’applicazione a livello statale del Religious Freedom Restoration Act, una legge federale approvata nel 1993, il cui fine era tracciare delle linee guida per i singoli Stati. La polemica nasce dal fatto che in Indiana non vi sono norme contro la discriminazione in base all’orientamento sessuale. Se a ciò si aggiunge che la SB 101 include le attività commerciali tra le persone giuridiche, apriti cielo. La conclusione è presto che tracciata: appellandosi alle convinzioni religiose, ogni ristoratore può legittimamente cacciare gli omosessuali dal proprio locale.

La reazione immediata è quella di condanna. Ognuno ha pari dignità ed è libero di manifestare le proprie inclinazioni e convinzioni senza dover temere ritorsioni di qualsiasi genere. Ma il punto è proprio questo: libero da chi? Libero dallo Stato e da chiunque possa esercitare un potere coercitivo per orientare la volontà altrui. Tuttavia qui siamo difronte a privati cittadini. Nell’esercizio delle proprie funzioni, lo Stato è vincolato al principio di imparzialità, garantendo uguali diritti a tutti i cittadini senza distinzione di sesso, razza, religione, orientamento politico, sessuale, e così via. Invece sul privato non può gravare tale obbligo e, proprio perchè è un libero cittadino, le sue convinzioni politiche e religiose devono essere rispettate, senza che gli vengano imposti oneri contrari all’insieme dei suoi valori. Nei sistemi di libero mercato, ogni scambio è il risultato di un volontario accordo tra due parti contraenti; di conseguenza, l’acquirente decide liberamente se comprare o meno il bene e da chi acquistarlo, così come la parte offerente può stabilire spontaneamente se vendere il bene, a chi cederlo e a quale prezzo. Nessuna delle due parti può essere obbligata a concludere l’ accordo con la controparte a meno che non si preferisca, a quel punto, sacrificare i principi della libertà contrattuale e di mercato.

Certo, sarebbe facile paragonare il regime dell’apartheid e quello nazista all’ordinamento giuridico dell’Indiana, che di fatto legittima la discriminazione nell’esercizio delle attività commerciali. Niente di più sbagliato. I primi due impongono di discriminare, l’altro consente la libertà di scelta. In virtù di questa differenza, anche se ci dovessero essere 10, 100, 1000 esercenti omofobi che rifiutano di servire una coppia omosessuale, ci sarà comunque qualcun altro pronto a offrirle il medesimo servizio. Laddove continuerà a essere presente una domanda libera di manifestarsi, ci sarà sempre l’offerta per il bene o servizio richiesto (ormai dovremmo sapere che è la domanda a determinare l’offerta e non viceversa).

Ecco perchè una legge che apparentemente sembra ledere i diritti individuali, rappresenta invece un enorme progresso della libertà individuale. E allora, viva l’Indiana, Stato liberale.

Francesco Billari