“Viva la libertà”, triste metafora della realtà

Creato il 02 maggio 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Il bel film di Roberto Andò, tratto dal suo romanzo Il trono vuoto, recentemente passato nelle sale, provava a leggere la condizione di una sinistra italiana malata di politicismi e oppressa da un presunto senso di realismo che ‘in realtà la pone fuori dalla realtà’. Il film parla di un grande partito di sinistra, come potrebbe essere il PD, un po’ più spostato a sinistra, come potrebbe essere il PS francese (lo si intuisce da alcuni manifesti esplicitamente di sinistra che il PD non ha). Un partito in grado di aspirare al governo del paese e che, alla vigilia delle elezioni, deve decidere se allearsi con il centro moderato oppure no. A capo di questo partito vi è un leader (Enrico Ernani, interpretato dal solito strepitoso Servillo), triste, solitario, privo di sentimenti che lo possano guidare nelle sue scelte. Intorno a lui una coorte di dirigenti spenti, incapaci di comprendere il paese reale. E come non pensare alla Finocchiaro che, dopo aver intrigato nel Palazzo con l’impresentabile Berlusconi, alla vista di una folla che protestava e la contestava, sbottava con un eloquente “Cosa vogliono questi signori?”. Una frase degna di Maria Antonietta che prima di perdere la testa beffeggiava il popolo affamato, proponendogli brioches al posto del pane. Tra le altre figure che circondano il segretario Ernani spunta anche un riconoscibilissimo “D’Alema” che volge ogni strategia politica in beceri tatticismi. Esattamente come quelli che hanno impedito al suo antico rivale Prodi di salire al Quirinale.

Il regista individua nell’escamotage del doppio la chiave per proporre una via di uscita a questa asfittica sinistra. Infatti si dà il caso che il segretario abbia un gemello (che, chiamandosi Giovanni, ricostruisce nominalmente il dittico Enrico-Giovanni, dei fratelli Berlinguer), studioso di filosofia e affetto da qualche piccolo disturbo mentale, che ne rappresenta una versione speculare e rovesciata. Questo fratello “matto”, dopo la fuga di Enrico, prende il suo posto e non si cura affatto di aridi equilibrismi, ma punta tutto sulla costruzione di una connessione sentimentale e politica con la gente, che ricostruisca la base ideale su cui e per cui valga la pena di continuare a fare politica. E lo fa con coraggio e determinazione, riprendendo le parole di Brecht della poesia “A chi esita”, che sembrano attagliarsi perfettamente alla crisi in cui versa la sinistra:

E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
un’apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può negarlo.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d’ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha stravolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.

La realtà odierna si è presa la briga di confermare alcune intuizioni di questo film, dimostrandoci come un partito costruito con alchimie degne di stregoni della politica (ovviamente si parla del PD) sia solo un contenitore vuoto, incapace di rappresentare alcuna politica, neppure moderatamente riformista e laica (come, invece, le sinistre europee). Per la cronaca riferiamo che nel finale del film il partito di Enrico Ernani vincerà le elezioni senza alleanze e compromessi con il centro moderato ed Enrico tornerà, ma avrà fatto sua la lezione del fratello Giovanni, sino a renderlo indistinguibile da lui. Invece, in quell’off-screen chiamato realtà, ci sorbiremo una patetica e mostruosa alleanza tra la destra più eversiva e corrotta e un partito democratico che da questo esito sembra attratto piuttosto che costretto, e che si è dimostrato atterrito dalla possibilità di un vero e profondo cambiamento di questo paese. Allora chiudiamo ancora con le parole di Brecht, nella consapevolezza che non c’è più alcun Enrico da contaminare con la folle saggezza di Giovanni.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto?
Su chi contiamo ancora?
Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi.

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta oltre la tua.”

Pasquale D’Aiello

P.S.: dopo aver scritto questo pezzo apprendo che un uomo che si definisce esasperato dalla perdita del lavoro e che avrebbe voluto uccidere qualche politico ha sparato a due carabinieri. E a questo punto se si volesse parlare di tale episodio attraverso il cinema occorrerebbe pensare ad altri film, molto diversi da questo. Forse si dovrebbe pensare a Rosetta dei Dardenne, ma chissà perché mi vengono alla mente solo le immagini di Segreti di stato di Benvenuti, ma deve essere un mio riflesso condizionato da cui è difficile liberarsi…


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