Domenica di ballottaggi caratterizzata dal olito silenzio mattutino dei giorni da consultazioni elettorali.
La tranquilla atmosfera che precede i verdetti definitivi, che scateneranno la felicità di alcuni e la disperazione di altri e che fa passare in secondo piano tutto il resto: ma le cose accadono ugualmene, anche se non ci si presta attenzione.
Accadono le manifestazioni degli "indignados" spagnoli, per esempio,che da giorni manifestano contro le politiche del governo, incapace di arginare la crisi economica.
I media ci spiegano poco di questo movimento, limitandosi a parlare di "giovani" che protestano, senza indagare ulteriormente sulla genesi del movimento e dei suoi obiettivi. Non ci dicono quanto in realtà il movimento sia esteso e se i giovani in piazza non siano che la punta dell'iceberg di una protesta più diffusa e radicata nella società spagnola, delusa dai risultati ottenuti dal governo guidato da Jose Luis Zapatero, al potere ormai da sette anni e che pare in procinto di perdere le elezioni amministrative (anche in Spagna sono in corso le elezioni amministrative).
Una stella che si è spenta presto, quella di Zapatero. Arrivato al potere nel 2004 si era rapidamente guadagnato il ruolo di divo della Politica, dell'uomo che aveva risollevato la Spagna dall'arretratezza economica e sociale e l'aveva proposta come modello di sviluppo al resto del mondo.
Un miracolo che è durato poco, perché al di là delle riforme di facciata, quelle che riguardano temi cari solo alle minoranze chiassose, come il matrimonio per gli omosessuali o l'uso della marjuana per scopi terapeutici, il "desarollo" economico spagnolo ha mostrato tutti i suoi limiti in pochissimo tempo.
Già è finito il tempo di gridare "Viva Zapatero" e il film, uscito nel 2005, di Sabina Guzzanti è oggi comico per davvero, ma di quella comicità involontaria che gli autori avrebbero volentieri evitato.
Tacciono anche gli economisti che citavano le politiche economiche del governo spagnolo come esempio da seguire, come del resto quelle dell'Irlanda, altro paese sull'orlo della bancarotta.
Appare ora in tutta la sua solare evidenza che quelle politiche avevano il fiato corto e che posti davanti ad un'ipotesi di sviluppo (tipica esercitazione universitaria quella di far ipotizzare agli studenti un piano di sviluppo per un paese del terzo mondo, facendoli scontrare con la inevitabile scelta tra una rapida crescita della ricchezza e del tenore di vita a scapito delle generazioni future o un progresso lento ma sicuro).
Zapatero ha già deciso di non ricandidarsi alle prossime elezioni politiche spagnole, dandosi da solo il voto sul suo operato, decisione che dovrebbero prendere in molti in tutta Europa, visto il declino ormai ultradecennale del continente, che come ho scritto altre volte non sta vivendo una semplice crisi economica ma una fase di vera e propria decadenza.
Che di decadenza si tratta lo dice chiaramente il neo ministro delle finanze inglese, che non si nasconde dietro fumose argomentazioni e non esita a descrivere un paese impoverito da decenni di politiche sbagliate e le politiche di austerità che occorrono per risanarne l'economia.
Una politica di austerità e di tagli alla spesa pubblica improduttiva con la quale dovranno fare i conti tutti i prossimi governi europei, compreso quello italiano, alle prese com'è con una economia che ristagna da anni e gravato da un debito pubblico enorme.
Non si può pensare di aumentare la pressione fiscale, già elevatissima, e quella del risparmio sulle spese improduttive per poi usare in fondi per investimenti espansivi è l'unica soluzione possibile, eppure non mancano i pertinaci sostenitori delle vecchie politiche assistenzialiste che il disastro lo hanno provocato e il peggio è che non faticano neppure a trovare sostenitori.
La soluzione forse sarebbe quella di "indignarsi" tutti, ma le piazze italiane sono già fin troppo piene di ogni sorta di indignati che magari è meglio non confondersi con la folla.