Il musicista si trova coinvolto in un crescendo di situazioni logoranti originate, indirettamente, dalla forza irresistibile di un cristianesimo che nell’additare agli uomini l’orizzonte ultraterreno non rinuncia a ispirare in loro l’anelito a lottare per la giustizia in questo mondo, un cristianesimo che si alimenta di un presunto vangelo apocrifo passato attraverso i secoli per le mani dei più insigni riformatori religiosi e sociali.
Di tale rivoluzionario documento, che sembra preludere ai grandi progetti socialisti otto-novecenteschi, sono depositari nel 1700 i gesuiti delle “reductiones”, che ad esso attingono per alimentare la loro opera di emancipazione dei guaranì dalle terribili condizioni di sfruttamento imposte dagli encomenderos, i latifondisti spagnoli.
Nello scontro fra i gesuiti (astuti e intriganti, ma anche disinteressati e pronti al sacrificio di sé) e gli spietati latifondisti, Vivaldi è costretto a destreggiarsi per sfuggire a una serie di contingenze e lo fa rivestendo un ruolo che gli viene attribuito suo malgrado, addirittura contro la sua stessa volontà. Il musicista, nel tentativo di sottrarsi a un sempre più pericoloso gioco delle parti, non ha altra risorsa che il suo genio di compositore e ad esso sarà costretto a ricorrere per sfuggire a quella che, nella sua semplice e pragmatica visione della vita, gli appare come una gigantesca macchinazione contro di lui.
Dario Piccotti e Alvaro Torchio