L’affitto di una stanza in una casa che condivido con altre tre persone, tutti lavoratori, la pagan i miei genitori. E per il resto a loro non chiedo altri soldi, perché fanno già tanto. Vedere che ora neppure possano godersi quel poco di stipendio che gli avanza perché devono ancora provvedere alla loro figlia ventottenne mi fa molta rabbia. E poi ci sono i miei trecento euro.
Cento vanno via automaticamente ogni mese, tra abbonamento ai mezzi, sigarette e altre spese fisse. Con altri cento faccio la spesa, e a volte, quando verso fine mese non ho più nulla in dispensa e devo saltare la cena, vado a letto ancor più arrabbiata per lo stomaco vuoto e per essere costretta a vivere così. Gli ultimi cento euro me le tengo per i fine settimana, quando le mie amiche mi chiamano per uscire ed io invento scuse per rifiutare gli inviti a cenare fuori e centellino le adesioni ai dopocena, nei quali ordino di solito una coca, la cosa meno cara che ci sia sul menù, sperando che i miei compagni di serata non se ne accorgano. Provo addirittura a mettere qualche euro da parte, per le emergenze, anche se l’emergenza è tutti i giorni. Eppure, se mi vedeste camminare per la strada, nessuno sospetterebbe minimamente della mia situazione. Anzi… Bei vestiti, tutti comprati più di due anni fa, quando ancora avevo uno stipendio, passo sicuro e testa alta, di chi sa di valere, anche se non gli é riconosciuto.
E al mattino quando vado a lavorare in tailleur (obbligatori nel ruolo che occupo) i senzatetto si avvicinano per chiedermi qualche spiccio ed io mi sento insieme arrabbiata, triste e imbarazzata. Arrabbiata perché sembra che io sia senza cuore piena di soldi ed invece a volte ho davvero solo due euro nel portafoglio. Triste perché nel mondo in cui vivo io, a differenza di loro, nonostante non abbia soldi, non devo darlo a vedere, o meglio, devo comunque truccarmi, vestirmi, farmi i capelli. Imbarazzata perché nonostante tutto io ho più di loro e non mi basta, non può bastarmi.
Il tutto mentre la generazione precedente alla mia si ingozza. In moltissimi casi non ha nemmeno la metà della mia preparazione e delle mie competenze eppure si lamenta perché non ha soldi, ma ha la casa di proprietà, auto e moto in garage, vacanze in località balneari e uno stipendio ogni mese garantito a vita (dicasi di contratto a tempo indeterminato, in Italia).
E poi mi guardano, si rivolgono a me ed hanno il coraggio di dirmi: beata te che sei giovane ed hai ancora tutta la vita davanti. Questa giovane, vorrei risponder loro, ha quasi trent’anni, età in cui sua madre aveva già due figlie adolescenti. Questa giovane non ha neppure la possibilità di affittare un buco di monolocale, e non solo perché non ha uno stipendio, ma perché per affittare un appartamento è necessario un contratto a tempo indeterminato. Questa giovane è pronta a fare una famiglia ed è consapevole che per mettere al mondo un figlio non le restano che pochi anni, ma purtroppo quel desiderio le sembra lontano anni luce, se non riesce neppure a valere per se stessa. Questa giovane non tollera di venire additata come la causa dei suoi mali, perché non vuole andare a raccogliere i pomodori o lavare i piatti nei ristoranti, quando la società in cui vive le ha venduto l’illusione di una vita migliore per quelli che studiavano, rimangiandosela poi in modo vergognoso e scaricando persino la colpa su chi, a questa illusione, ci ha creduto. Questa giovane si indigna, quando nemmeno troppo velatamente viene inserita nella categoria dei “bamboccioni”, senza che nessuno si sia preso il disturbo di scoprire che nell’arco della sua vita ha cambiato 18 appartamenti, vissuto in 7 città differenti, condiviso casa con qualcosa come 35 coinquilini. E la cosa più importante di tutte è che questa giovane rappresenta migliaia di giovani come lei, preparati, svegli, intelligenti, con potenzialità e idee e voglia di fare, ma che lentamente si stanno spegnendo in una società che non li rappresenta minimamente, non dà loro alcuna opportunità, e quando gliela dà, si preoccupa subito di precisare che “oggi lo stipendio è obsoleto, passato in secondo piano, non si lavora più per quello ma per prestigio e crescita personale”.
Ma allora, ditemi voi, cara generazione precedente, che legge sui giornali che i giovani sono in crisi, ma poi di nascosto pensa che è colpa loro, ditemi voi se questa è vita, privandoti di tutto il superfluo perché non puoi permettertelo. Ditemi voi signori, che speranza ha un giovane oggi se ogni ideologia è fallita ed il dio denaro, in adorazione al quale ci hanno cresciuti, ci ha abbandonato. Ditemelo voi signori, perché io mi sforzo ogni giorno di trovare una risposta, ed ogni giorno vivo l’ennesima, bruciante sconfitta
Fonte: Controlacrisi.org