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Vivere di Akira Kurosawa in dvd in versione restaurata

Creato il 02 marzo 2016 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
Vivereplay video
  • Anno: 1952
  • Durata: 143'
  • Distribuzione: CG Entertainment
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Giappone
  • Regia: Akira Kurosawa

Dopo aver realizzato un adattamento cinematografico de L’idiota di Dostoevskij, Kurosawa nel 1952 continua l’analisi morale e psicologica dell’essere umano, girando uno dei suoi film più significativi con uno degli attori più presenti nelle sue pellicole, Takashi Shimura. Con Vivere il regista giapponese cattura l’evanescenza del senso della vita, attraverso il racconto della vita di un uomo misero, un burocrate dell’amministrazione pubblica giapponese, che durante trent’anni di carriera non ha fatto altro che difendere la propria, mediocre posizione, insabbiando sotto una coltre di scartoffie, su cui si limita a porre sempre lo stesso timbro, qualsiasi richiesta di intervento da parte della popolazione, che viene depistata e inviata di ufficio in ufficio, con l’intento di fiaccarne il desiderio di ricevere assistenza. Kanji Watanabe, soprannominato ‘la mummia’ da una giovane dipendente del comune, ha perso la moglie quando il figlio era ancora piccolo e per amore di quest’ultimo ha rinunciato a rifarsi una vita con un’altra donna. Almeno questa è la ragione ufficiale che dovrebbe giustificare un’esistenza insulsa, arida, priva di qualsiasi slancio emotivo. In realtà l’anziano signore ha preferito arroccarsi su una posizione difensiva quanto sterile.

Kurosawa apre il film arrivando subito al punto: una lastra ci mostra lo stomaco del protagonista su cui si è formato un cancro che lo condanna a una sicura morte. Sebbene il medico menta al paziente, dicendogli che ha solo un’ulcera, Watanabe capisce che gli rimangono pochi mesi di vita e la prima reazione è un totale sconforto che non sa come gestire. Il figlio, ormai adulto e sposato, si è allontanato emotivamente dal padre, nonostante vivano nella stessa casa. A tal proposito Kurosawa realizza degli splendidi flashback che si giustappongono ai primi piani dondolanti del volto di Watanabe che pronuncia, malinconico, il nome del figlio, Mitsuo. Poi, assistiamo alla discesa agli inferi, quando il vecchio uomo, accompagnato da un giovane Mefistofele, un angelo ubriaco, cerca di allontanare lo spettro della morte concedendosi una serata mondana fatta di alcool, musica, frastuono, prostitute. Commovente la sequenza in cui Watanabe canticchia una canzone in cui si invitano i giovani a godere della vita perché il tramonto arriva in un batter d’occhio; canzone che tornerà anche verso la fine del film quando il protagonista si dondola su un’altalena sotto una neve incessante.

Dopo la serata etilica e dopo aver frequentato per qualche tempo la giovane impiegata del comune che l’aveva irrispettosamente rinominato, Watanabe ha un’illuminazione, capisce che l’unico modo per dare senso a una vita che volge inesorabilmente alla fine è realizzare quell’opera pubblica di risanamento di un’area acquitrinosa che era stata accesamente richiesta da un manipolo di donne all’inizio del film. Mette tutta la propria volontà al servizio di questo progetto, scontrandosi con tutte le inefficienze e l’apatia della pubblica amministrazione, ma alle fine riesce a far costruire il parco giochi per bambini.

E qui Kurosawa ha un colpo di genio, perché invece che seguire cronologicamente l’azione, attraverso un flashforward ci catapulta dopo l’avvenuta morte del protagonista, proprio nella sala in cui si celebra la memoria del defunto e a cui partecipano il viscido vicesindaco e tutti i colleghi di Watanabe. Il regista giapponese è abilissimo nel restituire l’ipocrisia e la mediocrità di un’umanità costretta, per una volta, a confrontarsi con la grandezza di un uomo che si è consumato per una giusta causa. Complici i fumi dell’alcol, ciascuno, comprendendo, dopo una fitta discussione, l’enorme valore del collega scomparso, afferma di voler cambiare e sacrificarsi per il bene comune: una dichiarazione d’intenti che sembrerebbe donare un filo di speranza a uno scenario mortifero e desolante. Ma la sequenza finale ribalta questo esito, e i buoni propositi rovinano impietosamente di fronte a un’inerzia che, ancora una volta, ha la meglio.

Kurosawa racconta, dunque, l’uomo, i suoi vizi, la mediocrità, la viltà, e, contemporaneamente, riesce a immaginare la possibilità di uno slancio che faccia emergere ciò che di meglio è contenuto in noi. Vivere è un film che ha una struttura complessa, la narrazione è articolata su diversi piani temporali e diverse sono le prospettive attraverso cui si dipana la messa in scena. Takashi Shimura giganteggia, i suoi primi piani con gli occhi sgranati e la faccia appesa tengono in ostaggio lo spettatore che non può distogliere lo sguardo; la sua voce sommessa, che a malapena si percepisce, angoscia; è come se quasi non riuscisse a parlare tanta è la stanchezza a quel punto del suo cammino. Forse, la recitazione è in alcuni tratti leggermente ridondante, ma alcune sequenze sono di una potenza emotiva che disarmano e mettono impietosamente di fronte a delle responsabilità che il più delle volte evitiamo di assumerci. Un film da rivedere, soprattutto nell’ultima versione restaurata da master HD, che ne restituisce tutto lo splendore.

Pubblicato da Sinister Video e pubblicato da CG Entertainment Vivere è disponibile in dvd, con audio originale (con sottotitoli) e in italiano, corredato da una bella intervista di quaranta minuti a Kurosawa che racconta il suo film. Da non perdere.

Luca Biscontini

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