Sono giorni davvero tristi, questi.
È difficile spiegare il sentimento che ha legato Pino Daniele ai napoletani, e le manifestazioni di affetto nei confronti dell’artista napoletano sono la prova della grandezza di un popolo che spesso e volentieri viene dipinto con accezioni negative proprie della stampa, che più che descrivere la realtà, si basa sul senso comune, quello che noi, napoletani, conosciamo benissimo.
È inutile ogni volta ritradurre una contraddizione che spesso in sociologia veniva espressa nella condizione dei Neri americani, oppure dei colonizzati in terra d’Africa.
Una condizione che ancor oggi ci fa sentire stranieri in terra nostra, soprattutto perchè all’Unità d’Italia nel lontano, lontanissimo 1861, siamo stati difatti colonizzati in modo violento.
Rimarcare ogni volta quei pezzi misteriosi della storia del nostro paese, rischia continuamente di attivare processi di stigmatizzazione che portano semplicemente chi li attua ad essere considerato un eversivo, additandogli una presunta simpatia monarchica, senza comprendere che si può essere semplicemente desiderosi di verità senza essere monarchici.
Io non voglio, in nessun modo, perdere altro tempo a spiegare cosa è stata per il popolo del Sud, non solo napoletano, l’Unità d’Italia, nella sua espressione pragmatica e non ideologica, perchè si parla spesso del “si è fatta l’Italia” ma si maschera volontariamente il “come si è fatta l’Italia”. Quindi passiamoci sopra.
Non voglio invece passare sopra al continuo spreco di parole virtuali e parole “alluccate” che diventano prerogativa di una masnada di penne al saldo sabaudo, cercando ogni volta di rinvangare vecchie basi pregiudiziali verso il popolo a cui mi sento di appartenere, ed a cui apparteneva sicuramente Pino, non il Pino nazionale, ma proprio il Pino napoletano, partenopeo, che ancor prima di diventare fenomeno “nazionale” lo stesso faceva paura alla stuola di nordici, preoccupati dal loro continuo, ed ancora attuale, pericolo di “integrazione” mista al pericolo di “corruzione” etnica, che oggi, fortunatamente per noi a quanto pare, si è spostata sui poveri cristi che fuggono dalle guerre.
Sì perchè oggi l’Invasione, la paura di quell’Invasione ha loro come protagonisti. Prima eravamo noi i protagonisti di quelle frasi pittoresche ora son loro, domani torneremo di nuovo noi, state tranquilli.
Ed allora ogni volta ci tocca leggere, anche in occasione di un evento davvero infausto per noi napoletani, di essere troppo teatrali nella richiesta di un funerale sul nostro territorio, sulla richiesta di riportare tra noi quello che consideravamo il re di Napoli, il nuovo re, che aveva lasciato anzitempo il suo trono.
In genere, io che scrivo, cerco sempre di collegare alle mie conoscenze un minimo di analisi dei fatti senza farmi allettare dall’idea di inserire stereotipi e pregiudizi che avrebbero sicuramente da un lato il potere di trarre a me più consenso esterno ma dall’altro lato potrebbero inficiare sul nucleo delle mie considerazioni facendo rendere ciò che scrivo fortemente criticabile perchè poco “reale” e “scientifico”.
Così non accade per questi autori che oggi e pure domani, cercando la solita popolarità in relazione ad un evento “storico”, perchè Pino è la storia della musica italiana, non mancano di gettare fango su un’intera città collegata irriducibilmente ad un intero popolo.
Ora siamo nella patria della teatralità e non v’è alcun dubbio ma cosa c’entra l’affetto di un popolo ,che vuole tributare l’ultimo saluto ad un personaggio che è stato molto di più che un semplice artista, con la solita tiritera che si tende a spettacolarizzare il tutto nella nostra città?
E poi perchè corroborare ogni volta questa tesi col voler ostentare l’immagine di un Pino Daniele che viveva lontano da Napoli perchè “allontanatosi volontariamente dalla retorica della napoletanità“(cit.), oppure un Pino Daniele che avrebbe sicuramente preferito una cerimonia meno chiassosa(cit.)(evidentemente riescono a parlare anche con l’aldilà, n.d.a.), arrogandosi il potere della conoscenza di un Autore che era un mondo a sè stante ma indissolubilmente connesso alla realtà napoletana, e non come loro vogliono far credere , con quella che a noi Napoletani sembra sempre più una costrizione mediatica.
Allora a tante domande spesso noi napoletani non troviamo proprio risposte, noi che ci domandiamo perchè anche quando ostentiamo così tanto amore verso colui che consideriamo nostro figlio, nostro fratello, nostro padre, uno di famiglia, dobbiamo subire sempre un processo che affonda più che su reali nostre mancanze, che sono al pari di altri popoli, su componenti pregiudiziali di cui non si riesce proprio a fare a meno in questo maledetto paese. Un paese che non perde mai occasione di dimostrarsi sempre ostico nei confronti dell’aggregazione popolare, nei confronti di un popolo che non è in pace nemmeno quando, con amore, si riunisce tra le strade del proprio paese aggrappandosi alle tradizioni di un’identità che non verrà mai scalfita, proprio mai questo è sicuro, perchè sa che le uniche armi per difendersi dai pregiudizi di chi non ti conosce sono l’identità e l’unione.
Ti cercherò nelle giornate di sole, ti cercherò quando piove e quando schizzichea, ti cercherò accanto ai porti, davanti ad una tazza di caffè, quando guarderò il mare e sentirò il vento…sei e sarai sempre Vita.