Vizio di forma

Creato il 16 marzo 2015 da Jeanjacques

Recentemente ho fatto mente locale ed ho scoperto che ho un rapporto particolare coi registi che fanno Anderson di cognome. Wes Anderson (Moonrise Kingdom, Grand Budapest Hotel) lo adoro, mentre Paul W.S. Anderson (i vari Resident Evil) lo trovo persino peggio di Bay. Poi c'è anche Paul Thomas Anderson, un regista di culto in grado di regalarci almeno due capolavori (Magnolia e Il petroliere) ma che, purtroppo, non mi è mai entrato nel cuore. Con questo ovviamente non voglio dire che tutti coloro che lo idolatrano sono dei deficienti e io l'unico sveglio che ha capito che non si deve sopravvalutarlo, semplicemente, per quanto lo segua e stimi il suo lavoro, è un regista che non mi è mai entrato nel cuore. Se esce un suo film sicuramente faccio di tutto per non perdermelo, ma non è che durante l'anno vado a informarmi su cosa stia facendo questo simpaticone. Un simpaticone che a solo quarantaquattro anni è entrato nel gotha delle leggendo hollywoodiane, uno dei cosiddetti maestri moderni che, cosa più unica che rara, è riuscito ad accaparrarsi i diritti del libro Inherent vice (Vizio intrinseco, a dispetto dell'ennesimo titolo italiano nonsense) dello scrittore Thomas Pynchon, uno dei più grandi scrittori americani del nostro secolo e del quale, tanto per cambiare, non ho mai letto nulla - anzi, prima che uscisse questo film ammetto che lo conoscevo solo per una sua comparsata nei Simpson. Il film già dal trailer dimostrava di essere particolarissimo e, di conseguenza, non potevo lasciarmelo scappare. Invece la recensione compare più tardiva che mai perché, come al solito, dalle mie parti non sembrano interessati manco per il cacchio a proiettarlo.

Larry "Doc" Sportello è un Hippie, investigatore priva a tempo perso e abituale consumatore di sostanze stupefacenti. Un giorno Shasta, la sua storica ex ragazza, lo contatta per offrirgli un lavoro: ormai è la concubina di Mickey Wolfmann, potente proprietario immobiliare, e vuole che Larry indaghi affinché riesca a impedire che la di lui moglie riesca a interdirlo e a rinchiuderlo in un manicomio. Doc quindi inizia le indagini, che fin da subito si dimostreranno di essere il nascondiglio di un qualcosa di molto più grosso e imprevedibile...

Il precedente film di Paul Thomas Anderson, The master, mi aveva lasciato molto confuso. Il che non vuol dire che sia un brutto film e la cosa ci fa aprire un discorso molto ampio sulla bellezza. La bellezza credo non sia mai assente quando un'opera ti fa provare qualcosa, anche l'orrore. Il bello dell'arte è che riesca a farti suscitare un'emozione, qualunque essa sia. Un'opera smette di essere arte quando non ti lascia nulla. Nel caso del film citato poco fa, si entrava nella confusione, che credo sia una sensazione anche migliore, perché ti porta a un livello superiore: il dubbio. C'è sempre il dubbio che forse sia il film a non voler dire nulla o, ancora peggio, che tu non abbia capito nulla. E spesso la verità sta nella seconda ipotesi. Ma il bello sta proprio nel farsi tutte quelle domande per arrivare a una risoluzione finale, delle domande che in una via più 'normale' non mi sarei mai fatto e che qui di mi aiutano a spingere la mia mente su nuovi lidi. Ecco, questa magnifica cosa, questa dose di dubbio che in certi punti è strettamente necessaria per farti sentire vivo nel senso più ampio del termine, questo Vizio di forma la dà già dai primi quindici minuti. Cosa vuole raccontare questo film, alla fine? Un'indagine? Una storia d'amore? Un'America sempre più persa? Forse vuole raccontare tutte queste cose oppure il suo vero tema è così grande da essere ancora più difficile da individuare, perché fa un'ombra così grande da oscurare tutto. La storia è davvero molto contorta, ci sono un sacco di passaggi, flashback e rimandi che in più di un momento ti fanno perdere il filo, quindi lo spettatore più disattento si troverà spaesato fin dall'inizio. E' un film che richiede molto impegno ma anche molta fiducia, perché non sarà mai chiaro dove voglia portare veramente. L'unica certezza è che ci offre una regia sobria ma comunque importante e delle prove attoriali eccelse da parte di tutti gli interpreti coinvolti, nessuno escluso - nemmeno dalla Alyson di Pretty Little Liars, robe che quando l'ho vista ho compreso che quelle quattro stronze mi perseguitano ovunque. D'altronde, sono gli anni Sessanta, ci sono le droghe, Nixon è al potere e la guerra del Vietnam impazza. Eppure queste ultime due sembrano toccare solo in minima parte i protagonisti, mentre la società sembra sempre più spaventata dalla Manson family e dalle sette in generale, mentre i potenti gozzovigliano in tutte le maniere e sono coinvolti in traffici assurdi e risoluzioni ambigue. Il vizio intrinseco, ovvero il processo che porta gli oggetti e deteriorarsi a causa dell'instabilità fondamentale dei loro componenti in contrapposizione all'azione fatta da forze esterne, forse è il riassunto completo di tutto questo enorme procedimento, a metà strada fra Il grande Lebowski e un romanzo di Raymond Chandler. Un'epoca, quella dei favolosi anni Sessanta, coi la sua musica, gli hippie e l'amore libero, sta finendo, si deteriora e, di conseguenza, i suoi personaggi sono destinati a vagare in un mondo nuovo. Travisando un'altra legge fisica, nulla c'è e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Non c'è una vera e propria sicurezza, nulla rimane mai la stessa cosa e la vita, per quanto possa cambiare, alla fine finisce sempre per divenire qualcosa di totalmente diverso, sia perché il mondo ci costringe o perché ci costringiamo noi stessi a farlo - esemplare il personaggio di Josh Brolin, a tal proposito. Forse la confusione la proviamo tutti, o forse si è confusi perché, a conti fatti, non c'è proprio nulla da capire. Al mondo esistono migliaia di via, risposti, soluzioni e quesiti, ma noi alla fine dobbiamo sceglierne solo uno, quello che per noi è meglio. Quindi Doc, fregatene di tutto. La situazione è risolta e tu puoi tornartene a casa con la tua bella. Forse quella è la ricompensa migliore di tutte, a differenza di quello che magari ti servirebbe sul serio e ciò che lei intende sul serio. Ma se riesce a farti vedere la luce anche fra la nebbia, sia essa quella delle droghe o quella che c'è sulle strade, allora vuol dire qualcosa. Fregatene della storia che passa e pensa alla tua.

Sicuramente non lo avrò capito e sarò andato fuori strada. ma rimane un film che è riuscito a trasmettermi qualcosa,dopo quella confusione. E di sicuro ha una storia che, nonostante richieda molto impegno, riesce a soddisfare.Voto: ★ ½


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