Vizio di forma
Creato il 11 aprile 2015 da Kelvin
(Inherent vice)
di Paul Thomas Anderson (Usa, 2014)
con Joaquin Phoenix, Josh Brolin, Owen Wilson, Reese Whiterspoon, Benicio Del Toro, Katherine Waterston, Jena Malone, Martin Short, Johanna Newsom
durata: 147 minuti
★★★☆☆
Che Paul Thomas Anderson adorasse gli anni '70 lo avevamo capito fin dai tempi di Boogie Nights: i Seventies sono l'epoca perfetta per sfoggiare con leggerezza e sincera nostalgia uno stile visionario, malinconico, pieno di atmosfere e suggestioni come quello del regista californiano, abilissimo nel costruire personaggi 'figli' di quel tempo e nel mescolare intrigo, pathos e ironia in giuste dosi. Logico quindi che Anderson sia rimasto affascinato da Vizio di forma, romanzo-cult di uno scrittore già stra-cult di suo, ovvero quel Thomas Pynchon che è una specie di Terrence Malick della letteratura: autore poco prolifico (nove libri in settant'anni di vita), praticamente inavvicinabile, che non si mostra in pubblico da decenni e di cui le ultime foto risalgono al periodo del militare, ma anche talento letterario puro capace di stregarti con le sue pagine che descrivono mirabilmente una stagione per certi versi irripetibile...
Così, dalla carta stampata al cinema il passo è breve. Protagonista di Vizio di forma è Larry "Doc" Sportello (uno strepitoso Joaquin Phoenix, assurdamente bravo), di professione debosciato-hippie, detective privato per passatempo, coinvolto da una sua splendida ex-fiamma in un'intricata indagine che lo porterà a pestare i piedi alla malavita losangelina, con le conseguenze che potete ben immaginare...
Il film, come il romanzo da cui è tratto (e a cui è molto fedele, ed è un merito) ha una trama complicatissima e serrata, sempre in bilico tra noir e trip psichedelico, che mescola azione e ritmo ai fumi di alcool e spinelli presenti in quantità industriali: dalla miriade di personaggi e situazioni grottesche che si accavallano una dopo l'altra si capisce subito che ad Anderson (e a Pynchon) non interessa molto la trama quanto invece descrivere un passato che i due, regista e scrittore, evidentemente adorano. Vizio di forma è un enorme gioco di scatole cinesi dove l'intreccio e la tensione tipiche dei thriller 'alla Raymond Chandler' (a cui è stato, da alcuni, incautamente avvicinato) si disperdono subito in mille rivoli per lasciare posto alla nostalgia di un'epoca perduta e affettuosamente rimpianta.
Tuttavia, pur apprezzando la splendida atmosfera 'classica' e la gran cura della confezione, nonchè il sincero divertimento e coinvolgimento del regista nel girare un film come questo, assolutamente personalissimo e sentito, non riesco a togliermi dalla testa l'impressione di una pellicola molto manieristica ed eccessivamente caricaturale, parecchio compiaciuta (pur in buonafede) e ben lontana dall'essere un vero affresco storico-culturale dell'epoca come invece lo era Boogie Nights: certamente la materia è affascinante, ma qui si ha la sensazione che Anderson cada un po' troppo spesso nella trappola dell'esercizio di stile, dello sfoggio sterile di una pacchianeria e di un tripudio di umori e sensazioni che però, al termine di 147 lunghi minuti, non facciano 'viaggiare' lo spettatore come un tiro di Lsd, ma al contrario lo appesantiscano molto nella testa, quasi a rischio di emicrania...
Vizio di forma è un film che, a differenza per esempio di Magnolia (il titolo a cui, stilisticamente, assomiglia di più), non è affatto sorretto da una sceneggiatura solida, che costituisce sempre un valido aiuto per chi guarda: è piuttosto un sovraeccitato accumularsi di personaggi e situazioni, tracce e sottotracce, dove inevitabilmente si rimane estasiati da un mondo lisergico e affascinante, ma anche frustrati per non essere stati in grado di tenere per mano uno script che, furbescamente, ti fa adorare uno per uno tutti i protagonisti della storia ma ti fa perdere di vista lo sguardo d'insieme, senza capirci più nulla. Questo, intendiamoci, non significa che sia un film sbagliato: ci sono scene e battute assolutamente magnifiche, da vedere e rivedere. Ma l'impressione finale, personalissima, è che ci siano tanti ottimi ingredienti non bene amalgamati tra loro, ed è un po' troppo semplicistico dire che è fatto volutamente così, a simboleggiare l'equivalente di un trip allucinogeno: perchè, come già detto, l'acido ti fa librare leggero in volo, mentre qui i titoli di coda appaiono come una dolce liberazione...
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