Vladimir Putin interviene in Siria contro l'Isis e Barack Obama potrebbe presto seguirlo

Creato il 18 settembre 2015 da Pfg1971

Qualche giorno fa, Vladimir Putin, il presidente russo, ha sostenuto che il suo paese ha iniziato a inviare armi e uomini per sostenere il governo siriano di Bashar Al Assad nella sua lotta contro lo stato islamico o Isis.

La dichiarazione di Mosca ha seguito di pochi giorni l’annuncio di alcuni media americani secondo cui, fonti di intelligence statunitense avevano già rilevato un intenso traffico militare dalla Russia verso la Siria.

L’interesse russo verso Damasco non è una novità.

Nel paese mediorientale Mosca dispone di una base navale presso Tartus, l’unico sbocco russo nel Mar Mediterraneo e i rapporti di alleanza tra i due governi sono di lunga data, risalgono infatti all’epoca dell’Urss e del predecessore di Bashar, il padre Afez Al Assad.

Tuttavia, la guerra civile siriana che dilania il paese dal 2011 e che piano piano si è trasformata in una campagna di conquista della Siria e del vicino Iraq da parte dei guerrieri del califfato islamico ha spinto Mosca a intensificare gli sforzi per permettere la sopravvivenza politica di Assad.

Non solo, Putin ha aggiunto che il sostegno del suo paese al governo di Damasco dovrebbe essere oggetto di una alleanza di vasto respiro delle nazioni occidentali contro l’Isis.

La posta in gioco è la lotta contro i guerriglieri neri per evitare ulteriori conquiste territoriali, ma vi è anche altro.

Nella intenzione russa, la guerra contro il califfato vorrebbe essere anche uno strumento per permettere a Mosca di tornare a giocare un ruolo da protagonista sullo scenario della politica internazionale.

Dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e gli scontri con l’Ucraina la Russia ha subito un completo isolamento da parte delle nazioni occidentali.

Gli Usa, seguiti dalle nazioni europee, hanno adottato una serie di sanzioni economiche molto dure, in ritorsione alla scelta di Mosca di annettersi la penisola già parte dell’Ucraina e la Russia è stata anche estromessa dal club degli otto grandi, il cd. G8, tornato ad essere G7.

La riduzione internazionale del prezzo del petrolio, unito alla durezza delle sanzioni hanno messo a dura prova l’economia russa e Putin ha deciso di giocare la carta siriana non solo per spezzare l’isolamento internazionale del suo paese, ma anche per allentare la morsa delle misure economiche occidentali contro le esportazioni russe.

La reazione americana alle parole dell’ex capo del Kgb non sono state univoche. Inizialmente le autorità militari e politiche statunitensi hanno condannato le mosse russe in Siria, poi però, ripensando al ruolo essenziale svolto da Mosca nel raggiungere il recente accordo sul nucleare iraniano, hanno cambiato atteggiamento.

Pur ribadendo che la lotta contro l’Isis avrebbe dovuto contemplare anche l’uscita di scena di Assad, hanno cominciato ad apprezzare l’ipotesi di una alleanza tattica con Mosca per contrastare il califfato.

Oggi, a Londra, il segretario di Stato John Kerry ha affermato che il suo paese è ormai pronto ad avviare colloqui con le autorità militari russe.

Non solo, il ministro della Difesa Ashton B. Carter ha avuto un lungo colloquio telefonico con il suo omologo russo.

Nei prossimi giorni si aprirà la sessione autunnale dell’Assemblea Generale dell’Onu ed è previsto che sia Barack Obama sia Vladimir Putin pronunceranno discorsi dal podio di New York.

Quale miglior occasione per un incontro al vertice tra i due presidenti?

In effetti, una lotta efficace contro l’Isis non può prescindere da una collaborazione diretta tra i due maggiori protagonisti dello scacchiere mediorientale, Washington e Mosca.

Una scelta realista, determinata dal perseguimento di un obiettivo superiore, e che potrebbe mettere da parte, almeno temporaneamente, la tentazione americana di isolare leader poco democratici come Putin o Assad.