La settimana della moda di
Torino è stata intensa e fitta di appuntamenti. A differenza delle fashion week
nelle grandi capitali però, non si corre da una sfilata all’altra ma bisogna
dividersi tra conferenze, incontri, laboratori.
“Voce del Verbo Moda”, organizzata dal Circolo dei Lettori, è stata una
bella occasione per discutere, parlare e riflettere sulla moda attraverso una
serie di incontri con stilisti e addetti ai lavori. Il programma fittissimo
(forse pure troppo) e i vari eventi collaterali ci hanno impedito di
partecipare a tutti gli incontri che avremmo voluto, ci limitiamo dunque a una
breve carrellata su quello che ci è parso più interessante.
Day 1
“Incontro d’inaugurazione” sul
rapporto tra moda e cinema con Carla Fendi, la maggiore delle cinque
sorelle, e Quirino Conti, costumista e
filosofo della moda. Abbiamo scoperto come una semplice pelliccia possa
cambiare l’idea collettiva di lusso e come in molti casi sia il costumista, più
che il regista, a costruire il carattere dei
personaggi proprio attraverso gli abiti.
Day 2
Appuntamento alla Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo per incontrare Alessandra Facchinetti. Siamo rimaste
favorevolmente colpite dalla semplicità del direttore creativo di Tod’s, che ci
ha raccontato come l’ispirazione per le sue collezioni arrivi spesso da piccoli dettagli della vita
quotidiana: un libro, una frase, un dettaglio catturato per strad, vengono
diligentemente annotati su un blocco che verrà poi a creare il mood board della
sfilata. In occasione dell’ultima sfilata Tod’s il blocco “segreto” di
Alessandra è diventato il press kit, finalmente un comunicato stampa utile e
interessante!
Day 3
La nuova stella della moda,
Stella Jean, è per metà caraibica e per metà torinese (anche se lei si sente
romana); un mix di culture diverse su cui ha costruito il proprio originalissimo
brand: tagli sartoriali iper classici abbinati a coloratissime stoffe africane
per portare allegria nello stile bon ton.
Di Ennio Capasa, direttore
creativo di Costume National, si sa già tutto. Noi abbiamo scoperto che sin da
bambino era ossessionato dai capi su misura, tanto da farsi confezionare un
soprabito di castoro, che a diciotto anni se l’è svignata all’estero per
evitare il servizio militare (e gli è andata bene, visto che è finito a lavorare
da Yoji Yamamoto), che le ballerine hanno un’estetica che lo disturba (come non
essere d’accordo?) e che il colore é
come un dolce: una fetta è prelibata, uno intero ti nausea.
Day 4
Storia dell’abbigliamento
invisibile (leggi underwear) con Chiara Squarcina direttrice di Palazzo
Moncenigo – Museo della moda e del costume a Venezia (se non l’avete già visto,
mettetelo della to do list per la prossima volta in laguna) che ha spiegato
come la biancheria sia sempre stata legata alle vicende sociali del tempo. Ci
ha raccontato che sin dall’epoca romana l’intimo è nato per valorizzare il
corpo più che per coprirlo, che nel ‘700 anche gli uomini facevano follie per
un paio di calze, che il busto ha rovinato la salute di generazioni di donne e
che la liberazione dal corsetto non è nata da
una conquista ma dalla necessità di forza lavoro.
E per concludere, due
sociologhe della moda ci hanno fatto riflettere sul concetto di bellezza – sia
del corpo che degli abiti - lasciandoci un interrogativo: la vera bellezza è
omologazione o differenza? Un dibattito su cui si potrebbe discutere per ore.
Voi che ne pensate?