11 luglio 2012 Lascia un commento
La musica cambia e non come modo di dire laddove il dolce Mozart lascia spazio agli dèi wagneriani perche’ per la guerra serve essere piu’ forti degli uomini, piu’ coraggiosi degli uomini e il tedesco val meglio dell’austriaco quando si tratta di esaltare le virtu’ della forza e del coraggio.
Sokurov s’intende che resti nel campo base ma i proiettili fischiano e le bombe riempiono di fumo e terra il cielo.
Le voci sono convulse ma non c’e’ paura perche’ laddove si vince o si perde in quella che e’ una guerra senza prigionieri, preoccuparsi serve a poco nell’inevitabile fine del conflitto.
"Non c’e’ estetica" si lamenta il regista e forse e’ davvero colpa di Wagner se l’idea di combattimento mal si sposa alla terra arida del Tajikistan ma il suo e’ un vezzo dovuto quando in gioco c’e’ la propria vita.
Torna comunque la tranquillita’, qualcuno non c’e’ piu’ ma i giorni avanzano, un nuovo anno e’ alle porte e s’inizia a parlare di ritorni. I soldati riacquista umanita’ e in quanto uomini sanno piangere, come uomini sanno anche festeggiare tra pietre e polvere e alla fine dormire, tornare a dormire con quei monti, quella notte che tutti attende, cielo che in fondo e’ lui a battezzare cosa e’ vita e cosa non lo e’.
Non e’ solo cronaca, non e’ soltanto un diario, questo e’ lo spirito dell’uomo, questo e’ Sokurov.