"Volevo essere un grande chef" di Loredana Limone

Creato il 24 marzo 2011 da Sulromanzo

Tra tutte, prediligo la donna che disdegna le diete e sa raccontare.

Non esiste compagnia più piacevole, una seduzione alla gioia e alla vita cui non riesco, e neppure desidero, sottrarmi.

A volte l’incontro si concretizza con un'amica in una caffetteria del centro a bere una cioccolata calda a volte, invece, con la lettura di un libro. Ed è questo il caso.

Volevo essere un grande chef, edito da Cult, è una raccolta di brevi racconti scritti magnificamente da Loredana Limone dove cibo e parole duettano, flirtano, stuzzicano, solleticando e inebriando anima e sensi.

Diciannove racconti a contorno di altrettante ricette, partendo dall’aperitivo e via via sino al dolce, passando, solo per citarne alcune, dalla lasagna napoletana alla bouillabaisse e poi al pesce spada alla griglia, in un alternarsi di storie e ingredienti con cui nutrirsi ed emozionarsi senza mai perdere di vista la giusta leggerezza.

La scrittrice ci offre così un menu particolareggiato e accattivante, intrigante e delicato, a volte un po’ speziato e con una vena di malinconia.

Come nel racconto Mai più ragnatele, la cui protagonista, Luigia, donna non più giovanissima e con la purezza salva da ogni tentazione e pericolo, conosce, infine, i piaceri dell’amore carnale in un incontro fuggente e clandestino che le stravolgerà la vita e che le farà dire a gran voce e con entusiasmo: “Vergine? Bioccoli di polvere, ragnatele, terriccio, eccetera? Vade retro!”. Anche se poi, quell’incontro, sembra destinato ad essere il primo ma anche l’ultimo.

Altre volte, invece, è l’ironia a insinuarsi nella storia. In Mangiare con gli occhi, il racconto che apre la raccolta, troviamo una moglie alle prese con la propria gelosia. Attraverso i suoi occhi, noi vediamo il compagno, bello come può esserlo solo un attore di Hollywood, farsi letteralmente divorare da una procace bionda alla Marylin Monroe che, procedendo nella lettura, si trasformerà addirittura in un pauroso mostro famelico. Soltanto alla fine del racconto, scopriamo essere tutto un brutto scherzo della mente della donna. Carinissimo il commento del marito, che come sempre i mariti, inconsapevole di tutto il trambusto presente nel cuore della moglie, le dirà, una volta che questa si riprende dallo svenimento: “…ti ho detto mille volte di lasciar perdere quelle assurde diete. Vedi poi cosa ti succede a non mangiare!”. Mi pare di sentirlo e mi sfugge un sorriso.

Infine, bellissimo e struggente il racconto dedicato ai cenci, il mio preferito. “In un cestino dei rifiuti restano gli avanzi dei loro cenci, i fiorentini li chiamano così, ma sono chiacchiere - chiacchiere di una sorte di amore aggiungo io - Ad indurire, ad ammuffire… per questo canto una canzone triste, triste, triste, triste, triste, triste, triste come me e non c’è più nessuno…”.

Potrei continuare ancora così, parlando dei restanti sedici racconti ma preferisco non farlo, preferisco lasciare a voi la sorpresa e il piacere di leggerli, per intero, adottando le pause e i tempi che più riconoscete vostri.

Aggiungo soltanto che tutti quanti sono racconti deliziosi, estremamente deliziosi che scorrono veloci e briosi uno dopo l’altro, racconti dove sapori, odori, ricordi, sensazioni incantevoli sono legate ad attimi unici e fuggenti proprio come quando si mangia per gustare ed apprezzare, in un solo morso, tutto il bello dell’esistenza. Perché ciò che attrae più di tutto di questa raccolta, e che avvince, e trascina senza sosta nella lettura sino all’ultima pagina, è proprio la vita, con tutte le sue sfaccettature, che scorre esuberante al suo interno.


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