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Volevo fare la cantante, invece faccio la blogger

Creato il 23 maggio 2014 da Alessandrapepe @AlessandraPepe

Ultimamente, complice il fatto che sto pubblicizzando parecchio sui Social un concerto che terrò con il mio gruppo il prossimo 30 maggio (-8 giorni, pochissimi!), mi sono sentita porre una domanda: perché non hai mai unito la tua vita da blogger a quella di “cantante”? In effetti sono tanti quelli che mi leggono tutti i giorni e mi conoscono come scribacchina del web e non sanno che da ben prima di diventare un fulmine con tastiera del pc, imparavo a tenere un microfono in mano. Parliamoci chiaro, non ho mai approfondito in questo spazio l’argomento canto perché non volevo essere ridondante, non mi andava di condividere video di esibizioni passate e presenti e dare l’impressione di menarmela o, peggio ancora, di usare un blog come questo, di medio/buono successo, come tentativo di uscire dall’anonimato e farmi notare per qualcosa di diverso dalla passione per la scrittura che rimane comunque alla base della nascita e della crescita di MOMA.

Però, così, ripensandoci, sono giunta alla conclusione che questo spazio, così come il longevo blog avuto prima di questo, l’ho creato principalmente per raccontare delle storie, che riguardino un abito, un film, un progetto di design o un viaggio, e dunque non c’è nulla di male se di storia provo a raccontare anche la mia.
Difficile dire chi sono: se lo chiedete a chi non mi conosce bene o ha deciso di fermarsi alla prima apparenza vi risponderà che ho l’aria da stronza, di una che se la tira da matti. Se lo chiedete a chi mi conosce bene verranno fuori una sequela di complimenti dettati più che altro dall’affetto nei miei confronti. Se lo chiedete a me posso rispondervi che ad oggi, 28 anni suonati, inizio a capirci qualcosa di quello che sono. Sono un gran groviglio di casini che cammina e si fa strada nella vita, ho una personalità complessa, sono pignola, rompiballe, permalosa un tanto al chilo (e di chili ne ho pure un po’ in eccesso), ho il brutto vizio di essere un avvocato delle cause perse, sono tendenzialmente caparbia, molto caparbia. Significa che potete cercare di stendermi anche con i mezzi più biechi, ma alla fine mi rialzo sempre, in un modo o nell’altro, e mi rimetto in sesto, cerco di capire dove ho sbagliato, in casi estremi la faccio anche pagare, a suon di ironia però, vendicativa sì, ma a modo mio.

Di contro sono una di quelle che starebbe ad ascoltare le persone per ore, a chiacchierare anche con un muro pur di conoscerne la storia e magari dare un consiglio. Sono quella che si commuove davanti ad un cartone animato, davanti all’ennesima resurrezione di Taylor in Beautiful, davanti ad una puntata di Abito da sposa cercasi. Sono una che ama, e ama forte, e che per amore ha lottato fino a far capitolare l’uomo della sua vita e metterci su casa insieme, una casa fatta di tanti cuori, qualche litigata sporadica, tante risate e dolcezza. Sono quella che, nonostante tutto, crede che la vita sia un boomerang e se oggi tu mi fai del bene, domani ti tornerà indietro, e viceversa. Sono quella, credo, che ha scoperto fin da piccola l’importanza di dire grazie per le possibilità che ha avuto, anche quando si è trovata immersa in un mare di sofferenza.
Perché vi sto raccontando tutto questo? Penserete che non c’entri nulla con il titolo del post, e invece c’entra, eccome. Perché tutto quello che sono, che gli altri pensano che io sia e anche quello che vorrei essere lo esprimo solo in due modi: scrivendo e cantando.

Spesso mi sento dire con tono perplesso: “fai troppe cose, ah ma canti anche?” Come se il fatto di avere un lavoro creativo sul web mi impedisse di essere creativa o dotata anche su altri fronti, quello musicale ad esempio.
Risale a meno di un mese fa il mio nuovo tatuaggio sul braccio destro: ho scelto la frase “You can make anything by writing” e ci credo davvero, quasi come se l’avessi formulato io questo pensiero. E volendo a quel “writing” potrei sostituire “singing”. Ognuno nella vita ha uno spazio di libertà che serve per sentirsi vivo, parte di qualcosa, serve per entrare in contatto con le emozioni, soprattutto quelle più difficili da esprimere con gesti e parole. La musica è la dimensione in cui vivo per cercare di essere il più autentica possibile. Immagino la mia vita come un musical infinito, trovo colonne sonore anche per gli attimi più stupidi. La musica mi batte nella testa e talvolta è un po’ come essere Ally Mc Beel in preda ad una delle sue allucinazioni.
Madre natura mi ha dotata di una bella voce, l’ho ereditata dalla mia mamma, che purtroppo però non mi ha mai sentita andare oltre I will always love you cantata ancora con voce angelica, non mi ha mai sentita perdermi in un blues un po’ cazzuto e questo si aggiunge a tanti altri dispiaceri, tante puntate che lei ha dovuto perdersi della mia vita. Ho studiato tanti anni con un maestro speciale, uno che la musica ce l’ha nel sangue, che mi ha messo sulla giusta strada non solo tecnica, ma anche emotiva per affrontare cose che fanno sempre paura: il palco, l’idea di poter sbagliare, il giudizio delle persone, il rapporto con altri cantanti e con i musicisti. Ho studiato anche recitazione per un paio di anni, per abbattere del tutto la timidezza e imparare a dialogare con il pubblico, perché un concerto, che sia San Siro o la Sagra della Porchetta, è un dialogo non un monologo.
Ho fatto provini, non tantissimi ma un bel po’ li ho fatti, ho pensato come molti che i talent potessero essere una via per sfondare, invece sono tendenzialmente una fregatura, o meglio utili se hai già alle spalle un minimo di struttura organizzativa come personaggio, e magari anche una casa discografica che ci sta facendo un pensierino e ha solo bisogno che la tua faccia giri prima di far uscire un cd con in copertina un emerito sconosciuto. Funziona così, nel mercato discografico non rischia più nessuno.

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Poi ho smesso. Non perché sia rimasta delusa, anzi. Ricorderò sempre con estremo piacere il viaggio a Roma per i provini di Amici e le giornate milanesi interminabili per quelli di X-Factor, ho smesso perché ho trovato nella sala prove e nei musicisti che ancora adesso compongono il mio gruppo un po’ di pace. Un po’ di ritorno a quell’espressione originaria di emozioni che la musica deve portarmi. Più sto male, più sono stressata, più sono incazzata, più sono innamorata, più sono dispiaciuta, insomma quando c’è un più davanti ad un mio stato d’animo, so che canterò al mio massimo. Bene o male non sta a me dirlo, ma lo farò al mio massimo. Così come ci ho messo dentro tutte le emozioni possibili nel buttare giù queste due righe di pixel. Alla fine forse la cantante e la blogger non sono due mestieri così incompatibili.

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