Da Lisbona ho portato a casa diverse cose. Tanti dubbi, la voglia di tornarci per togliere quell'amaro che mi ha lasciato in bocca, i colori degli azulejos, ma soprattutto i suoni. Perché in questa città ce ne sono tanti, così tanti che non ricordo un momento di vero silenzio.
Con suoni intendo musica, non solo i rumori che ogni città ha: clacson, passi frenetici, voci. A Lisbona non si può camminare senza avere una piccola colonna sonora che ci accompagna, a volte più flebile e discreta, a volte più invadente.
A volte arriva dai locali, dai negozi, dalle case. Altre volte direttamente dalla strada, figlia del sogno di qualcuno che ha raggiunto la città con chi sa quale desiderio e poi si è ritrovato seduto sui gradini di un monumento a suonare uno strumento. Oppure ha scelto di sedersi lì, chi lo sa.
A Lisbona puoi vedere strane accoppiate, come quell'uomo con il suo cagnolino al Parque das Nações, ma anche tante persone che sembrano, e probabilmente sono, incredibilmente sole e che apparentemente usano proprio la musica per non sentirsi così.
A Lisbona gli artisti di strada non sono solo mimi e statue viventi, ma sono sopratutto persone che stuzzicano le corde di una chitarra, che chiudono i fori di un flauto o che picchiano le dita su un tamburello. Tanti suoni diversi, eppure così simili per quello che trasmettono.
Poi c'è lui, il Fado, il vero re composto di note della città. Una musica popolare portoghese anima le vie del quartiere dell'Alfama, ma non solo, non appena il sole se ne va. Il suo nome deriva dalla parola destino, il suo suono invece si ispira alla saudade, una malinconia che nessuno sa spiegare.
Questi i volti e i suoni che ho chiuso in valigia e portato a casa con me. Questo il lato di Lisbona che non dimenticherò, perché alla fine è impossibile dimenticare ciò che dona un'anima ad una città.
Ho già parlato un po' di Lisbona, puoi vedere tutti i post nella sezione dedicata di questo blog. Per vedere altre foto di Lisbona, dai un'occhiata al mio album su Flickr.