V.S.Gaudio, Introduzione a Ignazio Apolloni, Niusia, 2^ edizione, Palermo 2012: pag. 7 Niusia, l’oggetto a che ci sogna, è una macchina del mullar come Lucia Castagna? D’altra parte, Niusia, nell’oggetto a del poeta che le scrive nel terzo millennio, entra perché esorcizza il proprio sguardo e il proprio giudizio, gode in definitiva della propria assenza: tra il socievole e la cortesia, il progresso graduale di Niusia si sviluppa per un’avventura che non è per niente favolosa, un po’ come sarà per la Lucia Castagna, che verrà dopo, del Piero Chiara de I Promessi Sposi[i], che è “in un reale in cui i rapporti di classe sono al tempo stesso brutali e indiretti, secondo l’opposizione radicale fra sfruttatori e sfruttati passano nel romanzo come se incrociassero il passo con Balzac”[ii]: il supplemento, che avrebbe potuto essere una sorta di fuori-senso di crudezza ed è invece un supplemento di dissolutezza, che così come avviene in Sade fa da operatore di linguaggio. Il supplemento è quella parte del linguaggio che riversa sull’enunciato ed è l’Altro, con questa crudezza ambigua che svela la sessualità, che, vai a verificare, è sempre nel bioritmo sanguigno della protagonista, sia questa Lucia o Niusia, senza che accada nulla nell’ordine dell’impossibile o della sfrenatezza o dell’inverosimiglianza. In effetti, cosa trasgredisce Niusia, il diritto coniugale no, la promessa nemmeno, e quindi come avrebbe potuto fondarsi come oggetto a nell’omonimia del sibaritismo? L’atto contro-natura, nella narrativa classica, si esaurisce in una parola contro-linguaggio, come dice Barthes:”trasgredire è nominare fuori della divisione del lessico(fondamento della società, allo stesso titolo della divisione delle classi)”[iii]. Niusia che contenuto avrebbe? Non ha un legame affettivo, sociale, non è nella riconoscenza, nel rispetto; ci fosse stato, come in effetti pare che ci sia, il libertino, che è sempre il narratore in qualunque forma, cosa avrebbe dovuto ignorare, quale rete dei legami nominativi e combinatori, per farsene un baffo, anzi per riconoscerla per meglio eseguire la sua operazione sintattica? Voglio che capiate questo: la Lucia di Piero Chiara è fatta per farsi “macchina del mullar”e quindi per essere tale ha sempre un fantasma di linguaggio, che è il colpo deflagratorio dell’iscrizione, la dissolutezza, il suo linguaggio è battuto, l’orgasmo termina la storia e lo sviluppo dal graduale al verbale del suo piacere: ha una frase da coniare per il paradigma della giovane che viene data in sposa, e difatti “Lucia Castaña se acuña”; è così si può rinvenire la pratica erotica che si incunea tra discorso e corpo, in maniera che operata questa spaccatura la scrittura sia il coño tra Logos ed Eros, e sia possibile incastrarsi, pertanto, nell’erotica con il punzone del grammatico e nel linguaggio con il “cugno” del pornografo. Allo stesso modo, Chiara entra nel racconto dei promessi sposi di Manzoni: lo scambio, tra linguaggio e lussuria, o tra corpo e lingua?, non ha contratto alla base, o almeno sembra che non attenga alla storia da cui si sviluppa, viene effettuato con i fantasmi di linguaggio spagnolo: è tutta qui la transitività asimmetrico-simmetrica, alternata, di entre, sostituisce, disfa l’alternanza spazio-temporale del tramanzoniano[iv].Niusia è una “macchina del mullar”[v] e ha anch’essa un fantasma di linguaggio, che è nel nome con cui si fa oggetto radicale ; l ’eccesso che c’è nel nome proprio [e può essere stato il caso che ha randomizzato l’oggetto arendendolo così irredento, tale, avrebbe detto Barthes] è questa ottusa “turbolenza” così dissipativa e densa, che è tra il silenzio e l’immobilità con cui paradossalmente rivela la non-oggettività del mondo, quel qualcosa che non sarà risolto dall’analisi né dalla somiglianza, Niusia in quanto specchio crescente dell’illusione e delle forme è come se fosse il non-luogo, l’eterotopia, forse, di un doppio gioco, ecco perché , come il mondo in se stesso, non somiglia a niente e in quanto oggetto puro non è identificabile: è tornata, passa al mio meridiano, perché lei è l’oggetto a che ci vede, l’oggetto a che ci sogna, è il mondo che ci riflette, è il mondo che ci pensa. I romanzieri normali non l’ammetterebbero mai, perché sono come i fotografi quando sostengono che “tutta l’originalità risiede nella loro ispirazione, nella loro interpretazione fotografica del mondo. Il fatto è che fanno delle brutte e troppo belle foto, confondendo la loro visione soggettiva col miracolo riflesso dell’atto fotografico”[vi]: la magia di Niusia risiede nel fatto che è lei, in quanto oggetto a, a fare tutto il lavoro. Per questo, non le si può coniare un “pornogramma”, che, d’accordo con Barthes, “non è solo la traccia scritta di una pratica erotica e neppure il prodotto di un ritaglio di questa pratica, trattata come una grammatica di luoghi e di operazioni”[vii]; è irriducibile, sì, ma in quanto oggetto a di che cosa è il resto e in che rapporto di opposizione sarebbe con il fantasma che i vari attanti(chi sono?)avrebbero dovuto creare? [i] Piero Chiara, I Promessi Sposi, Mondadori, Milano 1998. |
[Dalla Introduzione ,di V.S.Gaudio, alla 2^ edizione- a 36 anni dalla prima-di Ignazio Apolloni, Niusia, edizioni Arianna Palermo 2012, che potete leggere integralmente in “Rivista di Studi Italiani”, anno XXX, n.1, Toronto giugno 2012]
Ignazio Apolloni,Niusia,
Edizioni Arianna Palermo 2012